DIO PATRIA FAMIGLIA E (tanto)PROFITTO

L’offensiva culturale che legittima la politica di guerra della borghesia monopolista e del Vaticano contro il popolo

di Erman Dovis, Giuseppe Tiberio, Varlin II, PCI Federazione prov.le Teramo e Comitato Regionale Abruzzo

 

Appena all’indomani della fine dell’Urss e dei partiti comunisti europei, mentre l’imperialismo aggredisce l’Iraq per scaricare sui popoli il peso della  crisi strutturale del capitalismo,  il Presidente Cossiga sale a Porzus per rendere omaggio ai “partigiani” della Osoppo giustiziati dai garibaldini nel febbraio 1945. Dall’unione della Brigata Osoppo coi repubblichini della X Mas si darà vita nell’immediato dopoguerra all’Organizzazione “Gladio”.1

Pochi mesi dopo, nel settembre del 1992, il nuovo Presidente della Repubblica Oscar L. Scalfaro dichiarò la Foiba di Basovizza Monumento Nazionale rimuovendo le responsabilità storiche del fascismo ed iniziando un’opera di riabilitazione del Ventennio a scapito dell’antifascismo. Nel 1996, due anni dopo il ritorno fisico dei mussoliniani al governo, il Presidente della Camera Luciano Violante in un celebre discorso alla Camera “riconosce” le ragioni storiche dei fascisti. Nel 2000 l’allora Presidente Carlo Azeglio Ciampi decise di ripristinare la Parata militare del 2 giugno, caratterizzando in chiave sempre più nazionalista la Festa della Repubblica. Lo stesso Ciampi intraprese successivamente una sottile, costante ma decisa campagna nazionalista inserendola nel contesto più favorevole e popolare, quello del calcio. Il Presidente invitò i calciatori della Nazionale italiana a cantare l’inno nazionale, catapultando su milioni di persone il messaggio patriottardo attraverso il gioco del calcio che si sa, insieme al ciclismo è un fenomeno di massa prima ancora che uno sport.

Nel 2014, in occasione del Centenario della Prima Guerra mondiale, uno sbalorditivo e increscioso accordo tra il Ministero della Difesa e quello dell’Istruzione, in collaborazione con la Fondazione Benetton, ha previsto tra le altre cose l’arrivo in pompa magna dei reparti militari d’assalto nelle scuole per inculcare ai giovani studenti la necessità di sacrificarsi per la patria e per gli interessi “nazionali” dei capitani d’industria che, si sa, soffrono la crisi ed hanno bisogno di ingozzarsi grazie a guerre e missioni militari.2

Un paese che per varie ragioni storiche e sociali era sempre stato alieno da ogni retorica nazionalista, perfino in epoca fascista, viene investito in pieno da un fiume di propaganda nazional-razzista, che ha facile presa dopo anni di desertificazione delle coscienze, dopo anni in cui sono state demolite le culture fondanti la Costituzione italiana, dopo anni in cui la lettura di classe degli avvenimenti viene abilmente negata.

A ciò si aggiunga la nefasta e secolare influenza del papato e del Vaticano che, ben radicata specialmente nella storia italiana, sedimenta nelle masse un messaggio culturale basato sulla rassegnazione e sulla sottomissione. Un’influenza che torna a riaffacciarsi in maniera molto aperta, smaccata.

Infatti pochi mesi fa, Patron Squinzi, alla testa di un esercito di 7000 imprenditori, è sceso a Roma per far benedire le sue truppe dal papa e, dopo la consacrazione vaticana, ha affidato all’organo ufficiale della Confindustria la diffusione del nuovo verbo che la borghesia pretende di affermare nella coscienza dei lavoratori: “Fede e impresa centrali in una società incerta3”.

Pochi giorni fa infine, il Governo, in cambio dell’appoggio vaticano alle sue controriforme costituzionali, ha lanciato una squallida ed oltraggiosa  campagna di stampo confessionale per favorire l’incremento delle nascite, rimandandoci tristemente alla propaganda del Ventennio: Dio Patria Famiglia.

Chiaramente si tratta di un’offensiva culturale  che deve imporre alle masse popolari una falsa coscienza revisionista e nuovi riferimenti per poter scaricare tranquillamente su di essi il peso della crisi capitalistica causato dalle classi possidenti; viene ad esempio confezionato ad hoc un nuovo sistema di valori impostato sul mito della nazione e della chiesa, che serve innanzitutto a legittimare le politiche di guerra che rimpinguano le tasche padronali, per far accettare alle masse il presunto primato dell’impresa e del profitto, imponendo loro ogni sacrificio ma dando ai lavoratori l’illusione di avere un peso nelle scelte, regalando al papato il monopolio di una nuova cultura reazionaria e confessionale, funzionale alla restaurazione capitalistica in atto. Il tutto mentre si  teorizza la fine della contrapposizione tra destra e sinistra in favore dello scontro di civiltà o tra onesti/disonesti, si  rende inappellabile l’espulsione in massa di forza-lavoro e si legittima una politica che tende a permettere al massimo la  formazione e la concentrazione di monopoli. Il popolo è sospinto verso nuove aggressioni coloniali, clamorosamente sponsorizzate dal servilismo dei Media nazionali, che cercano di spostare sempre più a destra il pensiero generale, principalmente quello delle masse popolari. Ne è un perfetto esempio l’editoriale razzista e neocolonialista sui fatti di Colonia, apparso mesi fa su La Stampa a firma del suo direttore Maurizio Molinari, molto ben redarguito da un contro-articolo del Collettivo Wu Ming.4

Tutto questo armamentario messo in campo dalle classi possidenti risponde ad un significato molto chiaro che emerge dall’analisi del processo storico e dalle crisi cicliche dell’economia capitalista.

Ogni nuovo ordinamento politico economico che si costituisce si dota di regolamenti che lo rispecchiano, che lo contraddistinguono: è stato così con la Rivoluzione francese, che abbattendo il potere aristocratico assolutista e clericale, si caratterizzò attraverso ad esempio la  Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, la nuova Costituzione del 1791, l’abolizione del feudalesimo, la nazionalizzazione dei beni della Chiesa fino all’abolizione della monarchia ed alla proclamazione della Repubblica. Anche la Rivoluzione russa, con la presa del potere della classe operaia, si plasma attraverso i suoi regolamenti. Il potere politico ed elettivo risiede nei rivoluzionari Consigli di Fabbrica (Soviet) fino al Soviet Supremo. Il nuovo Governo popolare ripudia immediatamente la guerra, distribuisce la terra ai contadini e nazionalizza le attività delle classi borghesi.  Nel 1918 è redatta la nuova Costituzione, che si consolida con una nuova stesura nel 1936. Sono abolite tutte le cariche ed i privilegi dell’ordinamento borghese.

In senso opposto, il fascismo in Europa si connota con un nuovo ordinamento che rispecchia la violenza del potere autoritario della grande borghesia monopolistica: accordo politico-economico col papato, persecuzione e abolizione di sindacati e organizzazioni operaie, abolizione di diritti sociali e tutele democratiche, politiche economiche liberiste di assoluto favore verso agrari e industriali e protezionismo per salvaguardare i loro profitti, nuovi codici penali e giuridici, tendenza all’aggressione ed alla guerra imperialista per conto del capitale alla ricerca del massimo profitto.

La Repubblica nata dalla Resistenza al fascismo trova legittimazione dalla sua Costituzione, che da un lato è frutto dell’unione delle culture politiche e delle organizzazioni che hanno affrontato e sconfitto il Ventennio (comunisti, socialisti, liberali, democratici cristiani) e quindi da un punto di vista di classe un compromesso; dall’altro, proprio la Costituzione, frutto del vasto movimento organizzato dei lavoratori in alleanza con altre forze democratiche, ha impedito il compiersi  del progetto originario che il Comando angloamericano ed il Vaticano assegnavano all’Italia in un’ottica di totale restaurazione; un ritorno ad una situazione politico economica  di inizio secolo, come del resto era stato da poco fatto contro il popolo in Grecia dagli inglesi.

Oggi, investiti da una crisi economica strutturale scatenata dall’accumulazione capitalistica, sconfitte le democrazie popolari socialiste e le organizzazioni politiche comuniste e progressiste, la classe operaia ed i lavoratori assistono ad un assalto oligarchico su vari fronti: lavoro sanità democrazia e pace, confluenti nell’attacco definitivo alla Costituzione.

E’ un attacco voluto dalla borghesia monopolista con le sue sovrastrutture (Bce, Nato tra quelle immediate), perseguito con metodo dai suoi lacchè politici che testimonia, in senso restauratore, un nuovo passaggio storico da una società all’altra, che si sta dotando un nuovo ordinamento.

Dal punto di vista dei contrasti tra le classi, alcuni sintomi esteriori sono immediatamente riconoscibili: tutto l’apparato della borghesia va in frantumi, decomponendosi giorno dopo giorno: il Parlamento, le Province, le Istituzioni, tutta l’organizzazione dello Stato borghese va in cancrena compresi i suoi sostegni come la magistratura, la polizia, i carabinieri, l’esercito.

La continua concentrazione di ricchezza in poche mani, le costanti ingerenze vaticane (vedasi come il papa abbia svolto un ruolo fondamentale nella caduta di Marino da sindaco di Roma), l’efferatezza sempre maggiore di crimini  e terrorismo, la decadenza morale, il denaro ad ogni costo, la tendenza allo stato di guerra sono segnali inequivocabili.

Con il referendum di Ottobre (Novembre? Dicembre?) Renzi si appresta a conclamare il definitivo passaggio storico da una post-democrazia parlamentare ad un presidenzialismo plebiscitario autoritario e medievale in cui lo Stato è definitivamente sussunto all’impresa monopolistica.

La vicenda dei Marò costituisce un ulteriore segno di quanto detto.

Al di là delle inutili argomentazioni di tutta la stampa borghese di destra (erano acque internazionali) e di sinistra (non erano acque internazionali) e al netto della cronaca che interessa la magistratura, ai lavoratori non deve sfuggire la più importante, che infatti il potere borghese si è ben guardato anche solo di lasciar intuire: dei militari di un reparto delle Forze Armate di uno Stato sovrano erano a guardia di un’imbarcazione privata di chissà quale oligarca.

Cioè in definitiva oggi lo Stato si fa mercenario per conto dell’Impresa.

E non potrebbe essere altrimenti, la storia ce lo insegna. Ogni apparato statale non è un’entità astratta, incolore e imparziale, che sta al di sopra della parti, ma è l’espressione di quelle classi sociali che, in un dato momento storico, sono dominanti. Se la portata rivoluzionaria della teoria marxista dello Stato, oggi più che mai, potrebbe illuminarci sul reale significato della corruzione, del clientelismo sfrenato e dell’indebitamento degli Stati ad opera di creditori privati, l’obiettivo dichiarato delle classi dominanti è quello di imporre alle masse una visione idealistica dello Stato come se fosse un ente morale: per le classi dominanti è conveniente che si urli contro i corrotti, mentre i corruttori se ne stanno in spiaggia nei loro paradisi fiscali.

Non solo, ma tutto avviene in base ad un accordo col Vaticano e presuppone  una completa Restaurazione, un ritorno dallo Stato laico frutto di lotte sociali ad uno Stato confessionale, retrogrado, cristiano in Europa e islamico in Medio Oriente. L’aggressione imperialista al Medio Oriente avviene infatti in un contesto che vede i circoli monopolistici ed il loro complesso militare promuovere e controllare la formazione di emirati e formazioni combattenti wahhabite che hanno una duplice funzione: da un lato spacchettano il Medio Oriente, contrastando il panarabismo e il nazionalismo arabo unitario e progressista,  dall’altro fungono da specchietto per le allodole, per giustificare uno scontro di civiltà di stampo religioso; additare l’Islam come minaccia rafforzando in tal senso il controllo vaticano sui popoli europei (e sull’Italia in particolare), innalzando come barriera protettiva il mito delle “radici cristiane” , barriera contro la quale affossare la laicità dello Stato con i suoi diritti, sociali e civili.

Il medesimo intento restauratore è contenuto nella parole che Winston Churchill, applaudito in coro da Truman, dalla City e da Wall Street, pronunciò alla Conferenza di Fulton nel 1946, quando si appellò alla difesa dell’Occidente cristiano per limitare le spinte rivoluzionarie dei popoli europei e americani e per isolare l’Unione Sovietica, fondata sul potere dei Soviet degli operai e dei contadini, al di là della Cortina di ferro.

Tale offensiva, dunque, non può essere una vicenda tipicamente italiana. Da quando la JP Morgan, pubblicamente e senza nemmeno preoccuparsi di nascondere la propria posizione di classe, ha individuato nelle Costituzioni antifasciste un limite e addirittura un fattore di crisi, niente è rimasto uguale5. In Italia, in Francia e in Belgio, come voci di un unico coro, i governi hanno sferrato un violentissimo attacco ai lavoratori, ai loro diritti e alle loro condizioni, mettendo in discussione tutte le grandi conquiste delle lotte rivendicative e dell’affermazione dei principi costituzionali. Tutto ciò, ancora una volta, dimostra come ogni Stato non sia altro che l’espressione di determinati interessi di classe e che non ci sarà pace per le masse popolari fino a quando la borghesia monopolista non verrà ridimensionata e sconfitta. La questione centrale, sul triplice piano nazionale, continentale e internazionale, è sempre la stessa: la lotta di classe. La borghesia monopolista è come una peste nera che, per rafforzare il suo potere distruttivo, ha bisogno di espandersi, di penetrare nelle coscienze delle grandi masse, instillando in esse i suoi controvalori. Così molti si convincono del fatto che la ristrutturazione del Senato o la riduzione del rapporto tra lavoratore e padrone ad un rapporto quasi personale, svincolato da ogni contrattazione collettiva, siano misure dettate dal buon senso, dalla necessità di risparmiare o piuttosto da un auspicabile rinnovamento. Figure losche come Briatore, tanto per citarne uno, diventano modelli da seguire e personaggi da invidiare. Nel frattempo, i lavoratori vengono privati della loro cultura e della loro storia, frammentati e divisi spiritualmente e materialmente.

Ed intanto non ci si rende conto che il disegno reazionario raccolto da Renzi, come abbiamo già detto e qui ribadiamo, ha  trovato l’approvazione e la promozione del Fondo Monetario Internazionale, degli ambienti finanziari statunitensi, della Confindustria locale e soprattutto del Vaticano6, che lo usa come merce di scambio per tornare a guidare culturalmente la società.

Come possono i lavoratori fermare questi disegni? Richiudendosi nei gretti ambiti nazionali, peraltro tanto sponsorizzati dall’estrema destra? Oppure avanzando la prospettiva di uno scontro tra nazioni imperialiste e nazioni “antimperialiste”? O attraverso campagne demagogiche che hanno per obbiettivo le sovrastrutture?

Lo sviluppo e il rafforzamento costante delle compagnie multinazionali supera definitivamente lo Stato nazione. Il punto per un comunista non è farsi artefice di uno sviluppo regressivo, lisciando il pelo alla destra, ma andare verso la direzione imboccata dalla storia e cioè verso lo Stato continente, lottando per il potere politico ed economico. Alla base non può che esservi un programma antimonopolista, senza accanimenti gregari, contro il potere delle multinazionali che determinano i loro organismi intergovernativi, lottando per strapparle ai monopolisti.

Inoltre, quale differenza intercorre tra i lavoratori europei, schiacciati dalle controriforme del mondo del lavoro, i lavoratori del Donbass, oppressi dalla canea nazifascista, i lavoratori del Medio Oriente, morti e schiavizzati a migliaia nei cantieri in Qatar? L’appartenenza nazionale si rivela un’etichetta che rischia di confondere le idee. Quello che resta al di sotto di essa è l’appartenenza di classe, una medesima contraddizione con i padroni che poi, in fin dei conti, sono sempre gli stessi. Perché la borghesia monopolista non conosce confini, agisce in un’ottica “mondiale” e ama la nazione soltanto quando deve dividere e indebolire le classi ad essa avverse. Noi dobbiamo fare lo stesso e attraverso la nostra arma prima e insostituibile: il partito politico. Se la lotta è una lotta per il potere politico, non si può fare a meno del partito. I partiti devono essere sempre meno nazionali e dotarsi di una struttura che sia organizzata su tre piani complementari: internazionale, continentale e nazionale. Il Vaticano, forse il più organizzato Stato imperialista, segue un’organizzazione di questo tipo che, da secoli e soprattutto oggi, in tempo di “crisi”, ha messo quotidianamente in pratica. Attraverso molteplici organizzazioni, attive su piani differenti (culturale, sportivo, economico, ecc.) e dialetticamente legate al potere centrale, i lunghi tentacoli del potere vaticano si snodano sul piano territoriale, provinciale, regionale, nazionale, continentale e internazionale. Questo tipo di organizzazione permette al Vaticano di essere in ogni dove, di ramificarsi e di estendere solidamente il suo potere culturale e politico. La nostra storia, in ultima analisi, ci insegna la validità di una prospettiva sovranazionale. Basti pensare che l’Unione Sovietica, così come la Jugoslavia, non erano realtà nazionali, ma un’unione di paesi differenti, per storia e tradizione; e fu proprio con la deliberata istigazione dei vecchi nazionalismi che entrambe vennero indebolite e smantellate.

In definitiva, gravi pericoli incombono sui lavoratori e sui popoli, in un contesto in cui le decisioni vengono prese nei comodi uffici delle multinazionali e nei salotti dei magnati, in cui alle masse viene propinata ogni genere di favola al fine di esaltare il mito della nazione per meglio derubarli e favorire il ritorno della guida religiosa sulla società; in cui il potere dominante strumentalizza  anche il terremoto inoculando nella società elementi di sciacallaggio puro, come la contrapposizione sfollati-migranti, tende-alberghi;  ebbene in mezzo a questa sottocultura che pretendono di farci ingoiare,  la classe operaia i lavoratori ed il popolo si ricordino di una grande verità: le nazioni sono solo connotazioni che le classi si danno. Conseguentemente solo la classe operaia, forte del suo Partito, con una prospettiva continentale ed insieme ai suoi alleati democratici, può liberare l’umanità intera portando a fondo la lotta contro il neo-fascismo, contro la società che ne è matrice e contro l’imperialismo che lo sostiene, con la profonda aspirazione a creare una nuova società senza sfruttati e sfruttatori.

NOTE:

  1. Sui fatti di Porzus si consiglia il libro di Alessandra Kersevan “Porzus, dialoghi sopra un processo da rifare”, edizioni Kappa Vu, 1995. Sempre sui legami neri tra Brigata Osoppo, fascisti e servizi angloamericani contro i partigiani garibaldini: https://casarrubea.wordpress.com/2010/05/14/accordo-decima-masosoppo/ . Sulle ineffabili imprese di Cossiga vedasi anche “Cossiga presenta disegno di legge per riconoscimento di Gladio” http://www.archivio900.it/it/articoli/art.aspx?r=relauto&id=6561
  2. Accordo Miur –Difesa: i Militari spiegheranno la Grande Guerra agli studenti: http://www.scuola24.ilsole24ore.com/art/scuola/2014-09-11/accordo-miur-difesa-militari-spiegheranno-grande-guerra-studenti-185128.php?uuid=ABqjbpsB
  3. Patron Squinzi porta le sue truppe alla benedizione papale: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-02-27/oggi-7mila-imprenditori-papa-guidati-squinzi-102222.shtml?uuid=ACQ8APdC
  4. L’articolo dei Wu Ming in risposta all’editoriale neocolonialista di Molinari: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=23250#more-23250
  5. JP Morgan: “Sbarazzatevi delle Costituzioni europee” http://www.ilsudest.it/legalita/8078-jp-morgan-alleurozona-sbarazzatevi-delle-costituzioni-antifasciste.html. Di seguito il documento integrale: https://culturaliberta.files.wordpress.com/2013/06/jpm-the-euro-area-adjustment-about-halfway-there.pdf
  6. 6. Confindustria si schiera per il si: http://it.blastingnews.com/economia/2016/07/boccia-confindustria-ha-deciso-all-unanimita-di-votare-si-al-referendum-costituzionale-001024941.html  Il Vaticano orientato al SI: http://www.huffingtonpost.it/2016/05/15/referendum-vaticano-per-il-si_n_9981012.html Vedasi inoltre  anche l’importante presa di posizione per il SI da parte del potente Ordine dei Gesuiti, i ”custodi della fede”: http://formiche.net/2016/05/12/gesuiti-di-civilta-cattolica-tifano-per-il-si-al-referendum-sulla-costituzione/

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