Socialismo o Barbarie

di Dennis Vincent Klapwijk, Resp. Lavoro della FGCI
Si sa, se qualcuno ha letto più di un mio articolo, ho l’abitudine di utilizzare note parole d’ordine del movimento dei lavoratori anche come titoli dei pezzi. Questo perché non sono semplici “slogan pubblicitari”, anche se al giorno d’oggi la maggior parte della gente tende a volerle vedere così. Esse sono frasi semplici e chiare che racchiudono dei messaggi volti a “scoprire la realtà” presente, senza incomprensibili artifici ed arzigogoli retorici. Oggi la moda politica corrente include il “parlare senza risultare comprensibili” in modo da indurre l’ascoltatore a credere che il livello di preparazione del politico sia tale da renderlo incomprensibile nel suo parlare, per un qualsiasi comune mortale. In realtà il politico vero dovrebbe essere bravo nel contrario: farsi comprendere da tutti, con un lessico semplice e chiaro, non utilizzando mai termini di nicchia a meno che non sia rivolto ad una platea specifica con una determinata preparazione tecnica. Anche osservando le vecchie registrazioni di programmi come “Tribuna politica” e simili, si nota un diverso modo di parlare rispetto ai programmi di oggi.
Perché questa introduzione ? Per far comprendere al lettore come in realtà noi comunisti (il PCI e la FGCI in particolare) siamo bene presenti ed inseriti nell’analisi della realtà politica moderna, e che le nostre argomentazioni non sono “stupide” in quanto espresse in termini semplici, ma semmai più oneste. Forse proprio per questo paghiamo lo scotto dell’ostracizzazione mediatica e politica, che parrebbe ormai improntata ad oscurare quanto più possibile la presenza dei comunisti nel paese, in modo che le masse non possano venire a conoscenza del lavoro di un gruppo politico che opera con costanza e senza finanziamenti estranei al tesseramento e alle autotassazioni degli iscritti.
“Socialismo o Barbarie” è un vecchio motto che molti oggi deridono come se fosse uno slogan da curva da stadio senza senso l di fuori di un misero campanilismo politico. Ma analizziamo la realtà: su “La repubblica” e “Il Giornale” (quotidiani che ci vuol coraggio a definire di sinistra, follia a definire comunisti) sono apparsi di recente, nel mese di Dicembre, due articoli che sottolineavano come da un lato il governo stia tentando di scongiurare il referendum sul Jobs Act, dopo la mazzata inenarrabile del No alla riforma costituzionale, dall’altro la Cassazione abbia riscritto il diritto del lavoro tramite, cito direttamente,l’annullamento della “ decisione con cui il 29 maggio 2015 la Corte di Appello di Firenze aveva imposto a una società per azioni con sede a Roma di corrispondere un’indennità pari a 15 mensilità a un dipendente licenziato l’11 giugno 2013, ritenendo che non sussistesse un “giustificato motivo oggettivo” per la risoluzione del rapporto di lavoro. I Supremi Giudici hanno accolto le tesi dei legali dell’impresa, che hanno richiamato l’articolo 41 della Costituzione per sostenere che “l’imprenditore è libero, pur nel rispetto della legge, di assumere quelle decisioni atte a rendere più funzionale ed efficiente la propria azienda, senza che il giudice possa entrare nel merito della decisione”, e che, di conseguenza, sia “un limite gravemente vincolante” per l’autonomia dell’imprenditore quello di restringere la possibilità di “sopprimere una specifica funzione aziendale solo in caso di crisi economica finanziaria e di necessità di riduzione dei costi”. La Cassazione ha considerato fondate queste argomentazioni affermando che “il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, nel cui ambito rientra anche l’ipotesi di riassetto organizzativo per la più economica gestione dell’impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa”.

Questa è una conseguenza del Jobs Act, perché non ci vuole una laurea in legge per fare due più due e notare che mai prima d’oggi dei giudici abbiano dato così spudoratamente ragione ad un soggetto che dichiara abbastanza esplicitamente di voler fare il bello e cattivo tempo coi suoi dipendenti in nome del profitto. Quel Jobs Act che il governo attuale, semplice continuazione del governo Renzi, non ha alcuna intenzione di veder scomparire.
Un altro articolo, di Repubblica.Bologna, mostra invece come i lavoratori in sciopero a Modena al Brico di Villanova di Castenaso siano stati sostituiti con dipendenti pagati a voucher.
Ora ditemi, egregi lettori: questa non è barbarie ai vostri occhi ? Non è schiavitù ? La più bassa delle condizioni umane ?
E ditemi ancora: ai tempi del glorioso PCI di Togliatti, Longo e Berlinguer, non erano davvero più tutelati di oggi i lavoratori ? Ai tempi della CGIL che aveva ancora al suo interno un larga fascia di contrari alla concertazione ?
Socialismo o Barbarie.
E chi dice che questo è un concetto da esaltati, o è uno stupido o è uno che in questo sistema si trova bene. E dovremmo farci due domande sul perché si trovi bene dove vige l’ingiustizia sociale.
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