La ‘buona’ scuola e i topi che votano per i gatti..

di Cosimo Cerardi, PCI Dipartimento Scuola, Università, Ricerca

Il  governo precedente a quello attuale, si è reso responsabile  di un vero e  proprio disastro culturale  per  il nostro paese (il governo Gentiloni  continua coerentemente la  linea del suo predecessore) , infatti,“ la buona scuola”,  sta  dando il colpo finale  all’impianto  della scuola italiana. E’ noto  quanto Renzi si prodigasse a dimostrare  la validità  della sua proposta, intere trasmissioni televisive  non facevano altro  che parlare  della bontà della iniziativa   scolastica in corso. In queste televisive comunicazioni il capo del governo armato  di gessetti e lavagna  sempre abile  a “bucare il  video” e a cavalcare  il consenso, ma  ciò nonostante, alla luce di quanto è successo dopo  dobbiamo rilevare  i danni nuovamente scaricati sulla scuola pubblica italiana, danni  che sono stati aggiunti a quelli che sono stati  ereditati dal recente passato. Il leader del PD, il “grande rottamatore”  sbandierava  una “ mitica “  crescita, una crescita, che  al dire di costui,  grazie  alla sua riforma scolastica ,”la buona scuola”  doveva far diventare l’Italia una “potenza  culturale” , infatti, l’ex presidente  del consiglio aggiungeva  che  per  contrastare  il dramma della disoccupazione  giovanile  si prevedeva   che  per  tutti gli ordini della scuola si doveva praticare  un monte orario significativo  di alternanza scuola-lavoro. Qualche giorno dopo all’approvazione dell’articolo 9 inerente al relativo disegno di legge che  attribuisce a dirigenti scolastici il potere  di scegliere gli insegnanti più “adeguati”  alla realizzazione degli obiettivi indicati nel “piano dell’offerta formativa”  degli istituti;  il quotidiano “ Repubblica” (19/05/2015) riportava  il commento denso  di plauso della  Ministra Giannini che più o meno così recitava:” Sbagliato protestare, l’autonomia è di sinistra, vogliamo una scuola autonoma, responsabile e valutabile”. Sono, questi,  i principi della “sinistra italiana progressista  e  illuminata” che già aveva indicato Luigi Berlinguer”. Ma,  a questo punto, alcune amare riflessioni  sono d’obbligo, riflessioni che risultano difficilmente  condensabili  in poche parole, il cui succo però  è il seguente,  la proposta renzista, a proposito della “buona scuola”, si configura come un disastro antropologico di cui, allo stato attuale delle cose, non sia ha  ancora un’ adeguata consapevolezza. E subito dopo la domanda, come si può dire che la sinistra ( Renzi – PD)  sia una proposta “ illuminata” e che l’ alternanza  scuola lavoro risulta l’ antidoto alla disoccupazione dilagante ? Affermazioni del genere appaiono immediatamente come manifeste  sciocchezze soprattutto  perché dette da personaggi che hanno in mano la capacità di decidere in nome della  collettività. Alle  affermazioni  della ministra della pubblica istruzione Giannini  a proposito  del “progresso  illuminato”  presente nella attuale iniziativa  governativa sulla  scuola pubblica  rimanda ai” lumi della ragione”, quindi a quella fase  della storia  in cui si diete  corso a quella transizione , ormai esaurita, evidenziato  dalla nascita della società borghese, società  che significava  emancipazione  dai vincoli  e tradizioni oppressive, determinate dal conservatorismo  delle aristocrazie  e dal  ruolo reazionario della Chiesa, in nome di un’idea  liberatoria(l’illuminismo) di humanitas, di socialità e di progresso. La società pre Rivoluzione Francese  era racchiusa  nella cifra  egemonicamente conservatrice della religione  e della  Chiesa, la religione  “in-formava” l’intera società, i costumi, la morale, la tradizione e così via , in questo la lotta  dell’illuminismo, il grande filosofo tedesco  Emanuel  Kant, infatti, rivendicava  il diritto della ragione  all’autonomia, cioè a non essere  condizionati dai poteri esterni, l’” avvalersi  dell’intelletto” significava e significa una ragione non asservita ad interessi o a comandi di un potere   esterno  di qualsiasi natura. Kant, difatti, avrebbe portato ad esempio di “ minorità intellettuale” i così sbandierati “principi progressisti-illuministi” della cosiddetta “sinistra” pidina. L’”autonomia  della scuola”  correttamente intesa,  può essere   un fattore  di progresso  di promozione  culturale, quindi , l’autonomia scolastica non subordinata a logiche politiche economiche estranee alla dimensione culturale nel senso proprio del termine, diversamente l’”autonomia scolastica”  così sostanziata dall’attuale” presunta sinistra “(Pds, Ds, Pd), a partire  in special modo dalla Legge  Bassanini del 1997  e poi con la riforma  di Luigi Berlinguer, tale “autonomia”, si è  connotata   del suo opposto, è diventata la negazione  dell’autonomia culturale  delle scuole, in quanto corroborata da asservimento  alle esigenze della sfera produttiva, completamente succube  alla logica del mercato. Del sopracitato “ intelletto” di kantiana memoria , o ciò che rimane  di esso, a questo punto, è “manipolato” sia dai cosiddetti  riformatori  di  “ sinistra”  e di destra  allo scopo  di subordinare l’istituzione scuola  e quindi la formazione dei giovani alle istanze del potere esterno , potere  che non ha nemmeno l’autorità  del “volto  di  Dio”, di quel Dio combattuto dall’ Illuminismo, ma  di una “terrestre divinità” ben più prosaica “ anonima” ma  che riconosce di  tutte le attività umane  solo  quelle riconducibili a  vendere e al consumare, al Mercato. Tale modo  di intendere l’autonomia scolastica nella  versione aziendalistica sta il nodo dell’ultimo passaggio renziano  a proposito della  cosiddetta “ buona scuola”. Aziendalizzazione  come meccanismo necessario  per rispondere  alla più feroce   esigenza  data  dal mercato globale e dalle regole neoliberiste  che  lo determinano. In questo contesto  non vi deve più essere alcuna  differenza tra i governi  di destra o  di sinistra,  vi è infatti la riduzione  di ogni attività umana  a sinonimo di attività aziendale operante in un quadro  di  competitività globale,il fine  è quello dato dal comando del  capitale per cui  diventa legittimo parlare  di innovazione solo se  si propongono“ riforme”  volte a dare  soprattutto profitto. La potenza  culturale “buona scuola” svela il suo arcano, è  il mercato, un mercato che chiede alle  aziende  lavoratori adattabili, ridotti ad individualità  sparse, frantumate, senza  alcuna  consapevolezza delle  loro condizioni  di classe, e soprattutto individui –monadi – senza alcun diritto di cui avvalersi nei  confronti del potere  di comando che l’azienda flessibile è in grado  di sviluppare.  La “buona scuola” come terreno  di cultura di una visione  del mondo dove gli studenti  devono  essere preparati ad  assumere  l’idea  che  il  loro destino dipenderà  dalla assunzione di “abilità” atte a  forgiare l’individuo competitivo  e  adattabile e soprattutto più debole (in linea con la debolezza  del capitalismo italiano), altro  che “Illuminismo”! Siamo alla presenza  di una  palese riduzione degli anni , del tempo da trascorrere a scuola, da dedicare allo studio  di   Dante, Petrarca  e Machiavelli, per forgiare il” giovane imprenditore  di se stesso”  di berlingueriana  memoria ; l’approdo,quindi,  all’Italia dichiarata  dall’ ex  governo Renzi, ” super potenza culturale”, ad un autonomia  scolastica  che è totalmente  altro rispetto a quanto in passato la sinistra, vera espressione  del movimento operaio, aveva   sostenuto  in tal senso. La “ buona scuola”, insomma, come portato, per dirla  ancora  con Kant, di una condizione di “minorità intellettuale”, ma venduta nel mercato  della comunicazione  come una straordinaria “ conquista progressiva”,  non della democrazia così  come recita la Carta  Costituzionale, ma della conquista – iniziata da trent’anni  fa –  senza precedenti  da parte del totalitarismo aziendalistico- finanziario dell’istruzione pubblica. Qualche anno fa un noto autore ,per parafrasarlo, sosteneva che  il capitale,  la parte più forte  della società, si era ripresa con gli interessi tutto ciò che  era stato  conquistato  in centocinquant’anni  di storia  del movimento dei lavoratori. La trasformazione  della cultura in chiave di un individualismo aggressivo e competitivo interiorizzata anche chi sta in basso, al punto da  creare una sorta  di complicità tra  “chi è oppresso e chi opprime”,  per assistere  all’inedito fenomeno  dei “topi che votano per i gatti”. Chi  ha in mano le leve  di comando ha deciso  di prendersi  tutto, anche la scuola. La scuola  come luogo  di formazione  culturale critica  non è più adeguata  alle esigenze dell’ Azienda cellula della produzione che ha il compito di sviluppare  i fini privati  della produzione capitalistica. Il giovane in sostanza  non deve  essere  un  cittadino consapevole del mondo in cui vive, ma deve  assume l’inganno crudele  dell’auto imprenditorialità, facendogli credere  che un addestramento mentale precoce agevolerà il suo inserimento nel mercato del  lavoro. In alcune scuole della Repubblica italiana, nata dalla Resistenza, lo spettacolo è degno del ventennio fascista con studenti rigorosamente in divisa e targhetta di riconoscimento  sul petto, giovani in divisa da rampanti  manager, sono la replica moderna  dei Balilla e degli  Avanguardisti: non più “Figli della Lupa”, ma “Figli  del Mercato”,   per una scuola  della disoccupazione  o della sottoccupazione,  unico dato inconfutabile che sottende   il “nuovo inizio”, se così si può dire, della“Buona  Scuola” renziana.

 

 

 

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