Muri

di Manuela Palermi, Presidente Comitato Centrale PCI

La fine della guerra fredda era l’annuncio di un’epoca d’oro, senza conflitti. Era la “fine della storia”, l’avvento di un’era finalmente democratica, con valori liberali. Un muro cadeva celebrando la vittoria del capitalismo, perché quel muro simbolizzava tutti i mali del dopoguerra. Era la fine dell’isolamento imposto dal mondo comunista, era l’inizio della libertà.

Allora, nel 1989, quando cadde il Muro di Berlino, in giro per il mondo di muri ne esistevano già una decina. Oggi sono almeno settanta.

Tutti i muri del XXI secolo sono stati costruiti per rafforzare la sicurezza interna e tranquillizzare i cittadini. La sicurezza interna ha significato sempre una sola cosa: tenere fuori i migranti.

Quelli che alzano muri sono gli stessi che negli anni hanno provocato fame e guerre, che si sono appropriati della ricchezza di tanti popoli, che hanno addestrato, finanziato, utilizzato a proprio vantaggio il terrorismo. Hanno costretto milioni di uomini, di donne e di bambini a fuggire, ad abbandonare la propria casa, ad emigrare verso altri paesi. Intanto loro, in nome della sicurezza, alzavano muri.

Dicono che i migranti vogliono andare nei paesi ricchi. Non è vero, tante migrazioni sono dirette anche verso paesi poveri. E’ il caso di quelli che, provenienti dal Centro America e dai Caraibi, cercano di raggiungere il Messico. Provano tutte le strade possibili, via terra e via mare: di fronte a loro trovano un muro invalicabile di poliziotti, paramilitari, narcotrafficanti, esercito. E’ il caso del muro di sabbia fortificata lungo quasi tremila chilometri che va dal Marocco al Sahara Occidentale.

Nell’Unione Europea i muri sono sorti come funghi. C’è quello tra la Francia e l’Inghilterra, nel porto di Calais. Oppure quello costruito nel 2015 in Ungheria, lungo 175 chilometri, per tenere fuori chi fugge dalla Serbia e dalla Croazia. C’è quello costruito in Bulgaria, perché dalla Turchia viene il flusso di coloro che scappano dalla guerra in Siria. C’è quello tra Austria e Slovenia, quello tra Macedonia e Grecia…

Anche il Medio oriente ha il suo muro. L’ha costruito Israele nella frontiera con la Cisgiordania. E’ alto nove metri e, una volta finito, si estenderà per 712 chilometri. Israele non s’è risparmiato, quello non è il suo unico muro. Ne ha tirati su altri alle frontiere con la Giordania, la Siria, l’Egitto e, naturalmente, la Striscia di Gaza.

L’esempio israeliano è quello che meglio definisce la natura violenta e discriminatoria di chi costruisce muri: in nome della sicurezza di Israele, paese di sbandierati principi liberali e democratici, si nega al popolo della Palestina il diritto alla propria terra.

Quando Trump, appena eletto presidente degli Usa, dichiarò di voler costruire un muro lungo tremila chilometri alla frontiera con il Messico, si levò unanime l’indignazione del mondo. Si indignarono persino coloro che il muro se lo erano già costruito. Ne esiste uno che è in tutto e per tutto simile a quello che vuole Trump. Si estende per 2.700 chilometri nella frontiera tra India e Bangladesh. Anche le motivazione sono le stesse: bloccare la migrazione e il contrabbando.

Il Messico ha duramente protestato contro “quel razzista” di Trump. Ma nel frattempo tra Messico ed amministrazione Usa è in corso una trattativa per una strategia comune che impedisca ai migranti che vengono dal Centroamerica e dai Caraibi di raggiungere il nord attraverso il Messico.

E’ il liberismo globale che, forte della caduta del muro di Berlino, ha promesso un mondo libero, democratico, senza frontiere. Quel liberismo non si limita a provocare le condizioni che costringono a fuggire dalla propria terra. Usufruisce ampiamente della forza lavoro migrante, sfruttandola a basso costo. Il suo capolavoro sta nel rassicurare i cittadini attraverso la forza, simbolica e fisica, di un muro.

Per molto tempo la destra ha definito “populisti” i comunisti e i partiti di sinistra. Diceva che le loro politiche erano strumentali e opportuniste, che cercavano di conquistare le masse popolari con promesse impossibili da mantenere. La realtà ha dimostrato altro. Ha dimostrato che i veri populisti sono loro. Hanno promesso che con la globalizzazione liberista il mondo sarebbe divenuto libero, democratico, senza frontiere. Promesse non mantenute. Promesse, le loro sì, impossibili da mantenere.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *