Addio al compagno Sergio Manes, instancabile militante e organizzatore di cultura

di Alexander Höbel, Segreteria Nazionale PCI, responsabile Cultura

Il compagno Sergio Manes, fondatore e anima del Centro culturale e delle Edizioni La Città del Sole, ci ha lasciato poche ore fa, all’alba di questo 19 marzo grigio e triste. Sergio è stato un comunista fino alla fine: un comunista mai riconciliato col mondo ingiusto, grande e terribile; un comunista da tempo “senza partito”, critico sincero dei nostri limiti, delle nostre inadeguatezze. Le sue critiche però non erano quelle di un compagno che sta alla finestra o davanti a un computer, ma quelle di un militante costantemente impegnato, sul versante della battaglia culturale e della continua organizzazione di luoghi e momenti di aggregazione, mobilitazione, crescita politica.

Sergio Manes aveva iniziato la sua militanza nel 1960, e raccontava spesso del suo fermo nel corso delle manifestazioni antifasciste di quel luglio, che anche a Napoli segnarono la discesa in campo di una nuova generazione di antifascisti e di comunisti. Sergio aderì al Partito comunista italiano, da cui uscì pochi anni dopo, condividendo la critica che intanto andava emergendo alla strategia togliattiana e che si saldò presto con la contestazione della linea del partito sovietico operata sul piano internazionale dai comunisti cinesi. Entrò dunque a far parte del Pcd’I m-l, collaborando alla rivista “Nuova Cultura” e fondando assieme ad altri il quotidiano “Ottobre” (in entrambi i casi direttore responsabile era Mario Geymonat). Anche in quella esperienza Sergio portò la sua grande attenzione al versante culturale della lotta politica: una concezione che conservò anche quando si allontanò dalla militanza di partito.

Nel 1989-90, in opposizione frontale alla liquidazione del Pci promossa da Achille Occhetto e dal gruppo dirigente della Bolognina, il compagno Manes rientrò nel Partito comunista italiano per partecipare alla battaglia del “fronte del No”, anche lì dando vita a bollettini, giornali, pubblicazioni. È in quella fase che ebbi modo di conoscerlo. Aveva saputo che nella sezione “Che Guevara” del Pci, nello stesso quartiere di Napoli in cui abitava, c’era un gruppo di giovani decisi a impegnarsi per il No allo scioglimento, e fu lui dunque a contattarci, per chiedere, confrontarsi; ne venne fuori un’intervista per un foglio che, se ricordo bene, si chiamava “Rosso di Sera”.

Poi Sergio aderì, come molti di noi, a Rifondazione comunista. E si impegnò sia sul versante politico della dialettica interna, sia nel tentativo di avviare un’iniziativa culturale ed editoriale che fiancheggiasse l’attività del Partito: le “Edizioni di Rifondazione comunista” però non nacquero mai. L’unica pubblicazione fu quella parte dei Manoscritti economico-filosofici di Marx intitolata Proprietà privata e comunismo. Sergio diede vita allora alle edizioni Laboratorio politico, e con quel marchio avviò un’intensa attività editoriale.

Poco dopo diede vita all’Associazione comunista “L’Internazionale”, e le nostre strade si incrociarono di nuovo. Sergio coglieva l’esigenza di noi compagni più giovani di imparare, discutere, approfondire, impegnarci nella battaglia delle idee. E per alcuni anni quella associazione, nella sede magnifica di Palazzo Spinelli, fu un punto di rifermento per tanti giovani e per i comunisti napoletani in generale: quelli che continuavano a militare nel Prc, ma anche tutti gli altri. Non mancarono gli scontri, anche forti, l’Associazione entrò in crisi. Poco dopo il compagno Manes abbandonò anche il Prc, per dedicarsi completamente alla battaglia culturale: una battaglia, però, sempre finalizzata alla politica, ossia alla trasformazione del mondo.

E proprio il suo impegno costante su questo versante ci portò di nuovo a incontrarci. Sergio intanto aveva dato vita a una nuova casa editrice, La Città del Sole, collaborando tra l’altro strettamente con l’Istituto italiano per gli studi filosofici, e negli anni Duemila promosse altre interessanti esperienze, quella del Centro studi sui problemi della transizione al socialismo (notevole il convegno di Napoli del novembre 2003, dal quale venne fuori il libro Problemi della transizione al socialismo in URSS) e quella dell’Archivio storico del movimento operaio napoletano, mentre il Centro culturale La Città del Sole costituiva una Biblioteca di grande interesse. Nuove generazioni di militanti, che si avvicinavano alla politica, trovavano in quelle strutture possibilità di formazione, dibattito, crescita. Intanto Sergio trovava il tempo anche per tornare a riflettere sul ciclo di lotte degli anni Sessanta e Settanta, sintetizzando le sue valutazioni nel libro Senza testa. Limiti e insegnamenti delle lotte degli anni ’60 e ’70, uno dei pochissimi suoi titoli pubblicati dalla sua casa editrice, che intanto arricchiva il suo catalogo di autori e testi di rilievo non solo nazionale.

La Città del Sole si è impegnata anche nel proseguire la pubblicazione delle Opere complete di Marx ed Engels nella loro traduzione italiana (importante, tra le altre, l’uscita nel 2012 di una nuova edizione del I Libro del Capitale, a cura di Roberto Fineschi), ma ha dovuto affrontare problemi sempre maggiori, di tipo logistico ed economico, incontrando una scarsa capacità di ascolto e di valorizzazione, a Napoli e sul piano nazionale, fino allo scontro col Comune per la sede concessa al Centro culturale, che proprio nelle scorse settimane è parso finalmente avviarsi a una soluzione.

Mi rendo conto di aver parlato tanto dell’attività di Sergio, e poco di lui. Forse perché proprio nella sua instancabile attività e capacità d’iniziativa e di lavoro Sergio metteva tanta parte di sé e ha messo tanta parte della sua vita. Ma non voglio che questo impedisca di dire qualcosa su di lui come persona: della sua schietta umanità, della grande ironia, del suo spirito profondamente napoletano, dell’intelligenza vivacissima, del “brutto carattere” che era poi una intransigenza assoluta verso opportunismi e pressapochismi, del suo essere sempre proiettato verso il futuro. Anche in questi mesi, quando, pur sapendo del male grave che lo aveva colpito, non si è stancato di proporre, incalzare, stimolare, per il futuro del Centro culturale e della Casa editrice, e intanto per quanto occorreva mettere in campo per il Centenario della Rivoluzione d’Ottobre (e su questo terreno un importante percorso unitario, di cui si vedranno a breve i primi frutti, è stato avviato).

Fino alla fine Sergio ci ha spronato, proposto, consigliato, spinto ad andare avanti. E ancora avanti cercheremo di andare, coi nostri limiti, anche nel suo ricordo, cercando di fare la nostra parte perché il suo grande lavoro sia ulteriormente sviluppato.

Alla sua famiglia, a sua moglie Liliana, ai figli Emiliano e Giordano, va intanto il nostro abbraccio commosso.

 

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