GLI 007 AMERICANI SMENTISCONO IL PRESIDENTE. Le agenzie per la sicurezza ed ex agenti: colpito un deposito chimico dei ribelli

di Ufficio Stampa

Pubblichiamo un importante articolo comparso lo scorso 14 aprile sul Fatto Quotidiano, in cui si dà conto delle ormai numerose dichiarazioni, provenienti dagli stessi ambienti statunitensi preposti alla sicurezza nazionale, che smentiscono la versione di Donald Trump sul cosiddetto “bombardamento con armi chimiche” operato in Siria dall’aviazione di Assad. Si ribadisce così quanto in molti – e noi tra questi – avevano denunciato: che il gas sarin era già a terra, accumulato dai cosiddetti “ribelli” nel deposito bombardato. L’ inusuale coro di auto-smentite conferma la divaricazione interna all’establishment Usa ma, soprattutto, il fatto che le azioni promosse dall’attuale presidente (il quale – ricordiamolo – non ha escluso l’uso dell’armamento atomico) sono ritenute non solo fuori controllo, ma anche ormai dichiaratamente a rischio per il mondo in generale.

 

 GLI 007 AMERICANI SMENTISCONO IL PRESIDENTE

Le agenzie per la sicurezza ed ex agenti: colpito un deposito chimico dei ribelli

di Enrico Piovesana

L’aviazione di Assad non ha bombardato Khan Sheikhoun con armi chimiche: ha colpito un deposito di armi dei ribelli che conteneva agenti chimici. Se a dirlo sono i russi si può anche dubitare, ma le cose cambiano se a dare a Trump del bugiardo sono l’ex capo degli ispettori Onu sulle armi di distruzioni di massa, Scott Ritter, l’ex capo di gabinetto del segretario di Stato Colin Powell, Lawrence Wilkerson, decine di ex agenti della Cia, della Nsa e dell’intelligence militare e perfino l’ex ambasciatore britannico in Siria, Peter Ford.

L’ex capo degli ispettori dell’Onu sull ‘Huffington Post sostiene la versione della dispersione di gas da un deposito di Al Nusra, accusando Trump, i suoi consiglieri e i media americani di aver “sposato la versione fornita dagli affiliati siriani di al Qaeda, la cui esperienza nell’uso di armi chimiche in Siria è ben documentata, così come quella di distorcere ‘prove’ per promuovere le politiche anti-Assad dell’Occidente”.

Le fonti di Ritter sono probabilmente le stesse dell’ex braccio destro di Colin Powell, che a Real News dichiara: “le mie fonti , che lavorano nel monitoraggio delle armi chimiche in Siria e nell’intelligence Usa, mi riferiscono che l’aviazione siriana ha colpito un deposito dei ribelli dopo che l’azione era stata comunicata dai russi anche ai comandi americani”.

L’ex ufficiale militare e analista della Cia, Philip Giraldi, dice in un’intervista radio: “Personale militare e dell’intelligence di mia conoscenza, operante nell’area e molto addentro ai fatti, hanno la certezza che l’aviazione siriana ha colpito un magazzino dei ribelli dov’erano nascosti agenti chimici”.

Altrettanto sostiene il colonnello Patrick Lang, ex Berretto Verde e ufficiale dell’intelligence militare dell’Esercito americano, aggiungendo che gli agenti chimici immagazzinati nel deposito dei ribelli erano “fostati organici e cloro”.

Molti altri agenti dei servizi segreti civili e militari americani, riuniti nell’associazione Veteran Intelligence Professionals for Sanity, in un appello al presidente Trump scrivono: “Nostri contatti dell’Esercito americano nell’area riferiscono che non c’è stato nessun attacco chimico dell’aviazione siriana, bensì il bombardamento di un arsenale da cui si è levata una nube tossica che ha investito la zona”.

Anche Peter Ford, ambasciatore britannico a Damasco fino al 2006, contesta la versione ufficiale ai microfoni di Bbc Radio: “Non c’è alcuna prova che sia stato un attacco chimico governativo e Assad non è così pazzo da compiere un’azione così autolesionista”.

Come non lo era nel 2013, quando gli venne attribuita la responsabilità per la strage chimica di Ghuta, poi risultata opera dei ribelli di Al Nusra.

Allora i dubbi emersi fin da subito sulle responsabilità del regime indussero Obama a fermare i piani di attacco. Stavolta le cose sono andate diversamente.

14 aprile 2017

 

 

 

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