Italia, Francia e Gran Bretagna: tre blocchi storici differenti

di Nicola Paolino, PCI Salerno

 

Le elezioni amministrative in Italia e quelle per le elezioni dei Parlamenti in Francia e in Gran Bretagna, per quanto diverse e incomplete, indicano la sedimentazione, in transizione, di tre blocchi sociali a orientamento culturale e politico differente. Tali sedimentazioni sono attribuibili sia alla struttura economica e sociale, in parte differente, di ciascun Paese, sia per gli specifici sistemi elettorali, sia per i rispettivi programmi elettorali. Il contesto generale di queste elezioni è il caos globale, determinato dalle scelte del reazionario neoliberismo tuttora imperante. Soprattutto, per la drastica riduzione della democrazia rappresentativa dei Parlamenti e per la gigantesca massa finanziaria, completamente sganciata dalle economie reali che, a livello mondiale, assomma a oltre 700mila miliardi di dollari. Su un Pil mondiale che ruota intorno a soli 80mila miliardi; mentre nelle Borse dei cinque Continenti si gestisce una massa finanziaria oscillante intorno a 50mila miliardi di dollari. Alla base della crisi scoppiata negli USA, il 9 agosto 2007, c’è stata proprio questa scellerata finanza, fuori controllo. In un quadro in cui i debiti pubblici diventano sempre meno sostenibili, le povertà dei Paesi insostenibili e le ricchezze di pochi sono a dir poco impressionanti, oltre che intollerabili. L’instabilità è sempre più estesa. E il terrorismo copre questo stato di cose presente! Unico fatto positivo principale, almeno all’apparenza, è la diminuzione dell’aggressività della superpotenza unica a stelle e strisce, perché Trump è uscito fortemente ridimensionato dal G7 di Taormina e dai suoi guai giudiziari, e da quelli del genero.

1 – Le elezioni amministrative italiane. Tendenze.

Il primo turno per l’elezione dei sindaci in 1.021 Comuni, che interessano 9 milioni di aventi diritto al voto, al momento, ha messo in evidenza tre aspetti prevalenti. Primo: un ritorno al bipolarismo amministrativo e l’arresto della crescita del movimento 5Stelle; secondo: trattandosi solo di elezioni amministrative, parziali, è fuorviante parlare di ritorno politico al bipolarismo e terzo: per quanto riguarda l’arresto della crescita sui territori del movimento di Grillo e Casaleggio, l’aspetto principale riguarda l’assenza di una struttura politica e organizzativa sui territori e l’ostentato relativo isolamento. Il che sta a confermare che la presunta democrazia diretta della ditta Casaleggio sia una vera e propria favola, in cui credono sempre in meno! Nell’elezione dei sindaci di Roma e Torino, oltre alle relative indegne vicende locali, pesarono anche il grande eco mediatico nazionale e locale che si creò intorno a quelle due elezioni, erroneamente considerate banco di prova nella presunta centralità dello scontro tra Movimento 5stelle e Partito Democratico di Renzi, che in realtà ha favorito il compattamento del centro destra in queste elezioni. Oggettivamente, il voto di circa un quarto dell’elettorato italiano indica il perdurare di una forte tendenza all’ambiguità sociale del Blocco storico dominante che è, tuttavia, diviso nelle tre varianti principali: centriste e di destra, in quanto è a composizione interclassista a guida capitalistica. I Partiti dominanti sono divisi tra di loro e al loro interno, come lo sono i salariati, i pensionati e la stessa media e piccola borghesia. Invece, i salariati da numerosi decenni non hanno più una rappresentanza politica riconosciuta, degna di questo nome. Lo stesso aumento dell’astensione sta ad indicare la crescita della sfiducia nelle forze politiche principali per le loro pratiche neoliberiste che, nei fatti, lasciano regolare al mercato cosiddetto le relazioni tra le classi sociali, a tutto vantaggio di chi sfrutta il lavoro altrui o di chi vive di rendita. Il tutto in assenza di forze antagoniste e alternative, in grado di ingaggiare una vera lotta di classe e di massa adeguate alle contraddizioni reali e non a quelle immaginarie, viste con il binocolo, dell’aumento delle povertà e delle diseguaglianze. Nel suo insieme la questione Italia è ancora caratterizzata da un blocco storico a egemonia borghese non fortemente eterogenea. Comunque, il risultato del Pd sarebbe in decrescita, almeno considerando le liste con il proprio simbolo. I 5stelle perdono il 10%, salvo ultimi aggiustamenti. “Alle amministrative ogni città e ogni comune ha una storia a sé” spiega Risso, direttore scientifico di AWG, ma si possono comunque individuare delle tendenze comuni di partecipazione al voto. In questa tornata, infatti, a essere andata maggiormente a votare è stata la classe media e, in particolare, gli impiegati e i professionisti mentre il ceto basso e, in particolare, la classe operaia e i giovani si sono rivelati più freddi e distaccati. Tra i generi, invece, sono andati a votare più gli uomini che le donne”. Dopo i ballottaggi si avrà un quadro generale concreto.

2 – Le elezioni del Parlamento della Repubblica Francese: l’esito del primo turno.

I risultati del primo turno delle elezioni politiche in Francia si prestano a pochissime interpretazioni ambigue e strumentali. Lì, la fa da “padrone” un sistema elettorale di chiara matrice bonapartista, confezionato su misura dal generale De Gaulle. Al primo turno delle elezioni presidenziali, Macron ha ricevuto soltanto il 23% dei voti, mentre al ballottaggio è passato al 65% che, grazie a un marchingegno ben ideato, è eletto Presidente della Repubblica. Nel tempo, più di un partito francese aveva ipotizzato di abolire quel sistema elettorale che favorisce la scalata alla Presidenza con un numero risibile di voti e poi, successivamente, ottenere una rappresentanza estremamente sproporzionata della propria forza politica parlamentare reale. Lo stesso Mitterrand utilizzò, abilmente, quella legge capestro per eliminare gradualmente, senza colpo ferire, il Partito Comunista Francese. Invece, i partiti borghesi tedeschi misero fuorilegge il Partito Comunista Tedesco per via parlamentare. Il Presidente della Repubblica Francese, unico dominus politico, più che un vincitore capace, a cui quasi tutti si sono inchinati, sembra il vincitore di una lotteria truccata, su cui si è inventato “abilissimo” uomo politico che, in un anno, si è confezionato su misura un movimento politico che, solo dopo la sua resistibile ascesa alla Presidenza, ha costruito di sana pianta un proprio partito politico. Qui siamo oltre la moderna estremizzazione della personalizzazione della politica: siamo di fronte a una ripetizione del vero Bonaparte che, da semplice ufficiale, si mise in testa con le sue mani la corona di “Imperatore di tutti i francesi”. Il che non significa che Macron venga dal nulla ma che ha ben saputo orchestrare una tattica politica spregiudicata e sfruttare abilmente il sistema elettorale che, al ballottaggio, gli consentirà di ottenere anche una maggioranza assoluta nel nuovo Parlamento. Lo spregiudicato e suadente Macron, che pure è cresciuto all’ombra della grande Finanza francese, sa molto bene di non essere diventato il padrone dei Francesi e che, quando comincerà a muovere i primi passi verso l’attuazione del proprio programma elettorale, si scontrerà con la parte proletaria e popolare del larghissimo e perciò composito blocco storico che, “forzosamente”, lo ha eletto Presidente e gli ha regalato un’incredibile maggioranza parlamentare. Il che non significa una completa delega al vincitore ma che attualmente manca la forza organizzata dei salariati. Il blocco storico francese è il blocco più eterogeneo possibile e di conseguenza quello che si può sgretolare più facilmente. A patto che si capisca che l’”armatura flessibile” e le “case matte” del sistema capitalistico francese sono piuttosto resistenti. Tutte le componenti sociali di quel blocco che, solo labilmente, si sentono vincenti, sui propri interessi saranno molto più esigenti ma pronte a reagire, con risolutezza, a una sorte avversa. Solo allora i francesi riusciranno a misurare l’astuzia di Macron che, certamente, proverà a combinarla con la forza. Proprio come Niccolò Machiavelli insegnò al Mondo intero: il Principe di turno deve essere inflessibilmente capace di praticare “l’astuzia della volpe e la forza del leone”.  Dopo l’esito del ballottaggio, sarà estremamente utile completare una compiuta analisi del voto dei francesi, soprattutto del disastroso risultato del Partito Socialista. A quel punto, anche considerato l’esito del voto politico che c’è stato in Gran Bretagna, diventerà più chiara la necessità, non più rinviabile e irrinunciabile, di un bilancio su questa fase storica, ma anche retrospettiva e sul futuro delle classi sfruttate globali.

3 – Le elezioni in Gran Bretagna: la buona discontinuità Laburista.

Il risultato delle elezioni politiche in Gran Bretagna è in netta discontinuità politica e programmatica con il passato della sinistra inglese, europea e mondiale. Jeremy Corbyn, capo del Partito Laburista Britannico, con una tattica e una strategia politica e un programma riformatore, da candidato alla guida del Governo del suo Paese, è stato capace di recuperare uno svantaggio del 20%. Con una campagna elettorale anti neoliberista sobria e controcorrente è riuscito quasi ad afferrare la vittoria. Il successo del Partito Laburista, nella costruzione di un ampio blocco sociale, è basato su un programma che tiene rispettosamente conto dei bisogni e dei desideri di quei Popoli. Non è il frutto libresco partorito a tavolino, lontano dalla quotidianità popolare. Non è un libro dei sogni. Traduce in possibili azioni politiche gli impegni elettorali. L’attuale programma del Partito Laburista britannico, sostanzialmente, ricalca i vecchi programmi laburisti che mettevano al centro della loro attività politica una forte presenza dello Stato nella società e che, sia pure gradualmente, prevedevano la trasformazione in senso socialista della società capitalista. L’attuale linea del Partito è in netta discontinuità con la sedicente terza via di Blair che, in buona sostanza, aveva fatto propria la linea neoliberista della Thatcher e sposato la strada del capitalismo imperialista aggressivo e guerrafondaio, come dimostra l’invasione allo Stato Sovrano dell’Iraq che, nei fatti, iniziò la III Guerra Mondiale, iniziata insieme a Bush e rilanciata da Trump. Jeremy Corbyn, in campagna elettorale, si è rifiutato di dire che premerebbe il pulsante di un attacco nucleare. Già si sapeva che era un pacifista conseguente e amante della Pace fra i Popoli. E non è tutto! Il programma del Partito Laburista Britannico, sia per convinzione culturale e sia politica, è di natura coraggiosamente anti neoliberista. In sostanza, è controcorrente e non sarebbe stato attuabile se la Gran Bretagna fosse rimasta nell’Unione Europea. Quindi, in questa fase, è doppiamente rivoluzionario sia per il contenuto altamente sociale che per l’ordinamento istituzionale. In campagna elettorale, il filologo statunitense Noam Chomsky ha detto che “Corbyn somiglia a Bernie Summers… che per un pelo non ha battuto la Clinton nelle primarie statunitensi”. Di nuovo, in Gran Bretagna si sono delineati due blocchi storici, nettamente alternativi, che potrebbero trasformarsi in antagonistici. Entrambi questi due “attempati socialisti” stanno facendo riscoprire una Sinistra/Sinistra, di stampo socialisteggiante, che fa riferimento agli oppressi e agli sfruttati di tutto il mondo. La nuova riflessione sarà generalizzata e senza chiusure, esclusioni o dogmi. Si potrebbe già ipotizzare una Nuova Associazione Internazionale delle lavoratrici e dei lavoratori, con differenti orientamenti, come fu la 1^, quella organizzata da Marx e da Engels! Chi potrebbe vietarlo?!

Salerno, lì 14 giugno 2017

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