Il Partito Comunista Italiano in Vietnam – 2° giorno

Nota a cura dell’ufficio stampa del Dipartimento Esteri

 

Proseguono gli incontri del Partito Comunista Italiano con le realtà culturali, politico ed associative del Vietnam. Nella seconda giornata di lavori la delegazione italiana ha avuto modo di approfondire lo studio dell’economia di mercato ad impronta socialista del Vietnam con incontri ad alto livello presso l’Accademia nazionale di politica “Ho Chi Minh” e con il gruppo dirigente dell’Istituto di Filosofia dell’Accademia delle Scienze Sociali del Vietnam.

L’Accademia Ho Chi Minh è una scuola voluta dallo stesso Ho nel 1949 ma che fu realizzata nei primi anni ’60. Oggi ha come compito principale quello di formare i quadri di alto livello dello Stato e del Partito (vengono formati circa 30.000 quadri all’anno) ed è articolata in 20 istituti di ricerca ed insegnamenti. Qui la delegazione del PCI ha avuto modo di discutere con il Vice Presidente, Dr. Nguyen Viet Thao, assieme alla direttrice dell’Istituto sul Socialismo Scientifico, il vice direttore dell’Istituto per la Costruzione del Partito ed il vice capo dipartimento delle Relazioni Internazionali. Il tema centrale è stata l’analisi della politica di riforma del Vietnam e della natura del rinnovamento che è stato lanciato col Congresso del 1986. Se la costruzione del socialismo a partire da un paese povero ed arretrato ha caratterizzato la fase “di eccezione”, giustificata dalla guerra, l’uscita dalla fase di emergenza ha imposto un cambio nella concezione stessa della transizione al socialismo, ponendo al centro la necessità di un paese prospero e sviluppato. È a partire da questa necessità che i compagni vietnamiti individuano tra le cause del crollo dell’esperienza sovietica proprio la lentezza nelle riforme necessarie, in grado di correggere gli errori. A ciò si aggiunge il bisogno di mobilitare tutte le componenti della società sotto la guida del partito.

È proprio a partire da questi aspetti che il confronto con i compagni del PCI ha fatto emergere proprio i diversi ruoli che i rispettivi partiti svolgono e le diverse modalità di azione politica, tra chi guida un processo di transizione al socialismo e chi lavora per costruire le condizioni per una via italiana al socialismo, partendo da un paese occidentale e a capitalismo avanzato.

L’Accademia vietnamita delle Scienze Sociali è invece un istituto fondato 65 anni fa e che raccoglie oltre 2000 ricercatori e studiosi. Tra i suoi compiti principali vi è quello di svolgere ricerche sugli studi sociali, analisi per lo Stato e consulenza per la redazione dei documenti politici più importanti (a partire dai documenti congressuali). Per queste ragioni ha rango di Ministero nella gerarchia delle istituzioni vietnamite.

Ne corso dell’incontro i compagni della delegazione vietnamita, guidati del Vice Presidente Bui Nhat Quang, hanno illustrato alla delegazione dei comunisti italiani i risultati di una ricerca sulle tendenze di sviluppo della classe operaia del loro paese, sulla base di una inchiesta condotta in collaborazione con l’Università Orientale di Napoli e le istituzioni europee. Tale studio si è basato su oltre 1000 interviste con questionario e 300 colloqui con i lavoratori di tre province del nord del Vietnam che lavorano per i parchi industriali nati dall’investimento estero diretto di compagnie straniere nel settore tessile e dell’elettronica. Quello che è emerso è che la platea di lavoratori (prevalentemente molto giovani [18-30 anni], in grande maggioranza donne) vive delle condizioni molto dure, perché queste imprese cercano di pagare al minimo gli oneri della previdenza sociale ed hanno turni di lavoro talmente intensi che, generalmente, raggiunti i 35 anni lasciano il lavoro perché non riescono a reggere i ritmi. Il confronto con i compagni italiani si è concentrato molto sia sul ruolo del Partito, sia su quello del sindacato. La delegazione del PCI ha infatti posto grande attenzione al ruolo che la classe operaia può svolgere nella società vietnamita e della necessità di una protezione sociale e sindacale dei propri diritti. Tutto questo, senza dimenticare di leggere tale dinamica nella sua evoluzione e collocarla nel processo storico in atto. Le condizioni di questi giovani lavoratori sono del tutto simili a quelle che vivono oggi molti operai italiani (basta pensare alla condizione dei lavoratori del gruppo Fiat, ma non solo) ed in generale i lavoratori che vivono una condizione di precarietà ed assenza di certezze per il futuro. La differenza sostanziale sta nel fatto che mentre in Italia la tendenza generale è quella di una perdita di diritti, condizioni e garanzie che erano state conquistate da decenni di lotte operaie (e vede per il futuro una ulteriore compressione dei diritti), in Vietnam è una fase di passaggio verso un miglioramento complessivo delle condizioni di vita e di lavoro della popolazione. Milioni di lavoratori escono dalla dimensione rurale delle campagne per diventare manodopera delle industrie ad alto contenuto tecnologico, migliorano le proprie condizioni di partenza ed hanno una aspettativa di vita molto migliore di quella delle generazioni che li hanno preceduti. Non solo: vedono migliorare il proprio salario con aumenti fino al 10% annuo ed il proprio paese progredire nella scala dello sviluppo e del benessere.

Il confronto con realtà e situazioni così diverse ha permesso al PCI di migliorare la propria conoscenza della realtà vietnamita, prendere atto delle contraddizioni ma anche degli aspetti essenziali di questa grande inedita transizione al socialismo, in un paese uscito solo pochi anni fa vittorioso da una lotta di liberazione nazionale contro il colonialismo e l’imperialismo statunitense.

18/07/2017 – Hanoi, Vietnam

 

 

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