TESI 6

PER UN MONDO MULTIPOLARE

1 – In questi ultimi due decenni è venuta affermandosi una dinamica mondiale che prefigura grandi sconvolgimenti negli equilibri planetari e l’emergere nell’economia e nella politica mondiale di uno schieramento non subalterno alla triade imperialista Usa-Ue-Giappone e imperniato sui BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) e sui paesi non allineati con essi convergenti. Secondo gli studi delle maggiori banche d’investimento, il Pil di questi Paesi è destinato a superare quello della suddetta triade; e la Cina da sola contende già ora il primato economico agli Stati Uniti. La forza economica dei BRICS ha consentito di configurare un nuovo ordine finanziario mondiale, anche attraverso un evento che Fidel Castro ha definito di importanza epocale: la creazione di un autonomo Fondo bancario, la cui missione è sottratta allo strozzinaggio imperiale del Fondo Monetario internazionale e della Banca Mondiale ed è votata al sostegno finanziario nei confronti dei Paesi del Terzo Mondo. Nella regione euro-asiatica, dove vive la metà della popolazione mondiale, va spostandosi il baricentro economico del pianeta, trainato dalla cooperazione bilaterale tra la Russia e la Cina, un nuovo contrappeso nella gerarchia del potere planetario che si è manifestato anche istituzionalmente con l’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai.

2 – In questo quadro, un ruolo essenziale sta giocando la Cina. In molti continuano a pensare che la sua poderosa ascesa sia dovuta ad una presunta conversione al neoliberismo. Non è così. La Cina è un Paese ad orientamento socialista, con una economia mista in cui convivono piano e mercato, con un ruolo centrale del pubblico nelle scelte strategiche dello sviluppo. Il Partito Comunista Cinese, che compie nel 2011 il suo 90° anniversario, governa un’economia nella quale i vertici del comando, la terra, le banche e le industrie maggiori sono possedute e controllate dallo Stato. Ciò facilita la guida della macroeconomia ed ha consentito alla Cina di evitare il collasso durante la grande recessione internazionale del 2007-2009: a riprova che l’economia pianificata cinese non risponde alle stesse leggi dei Paesi capitalistici. Poco pubblicizzato è il fatto che tra il 1978 e il 2007 la povertà in Cina è stata sradicata, passando dal 30,7% al 1,6%; che due terzi dell’economia, e segnatamente i settori strategici, sono pubblici o sotto il controllo pubblico a cominciare dal sistema bancario e finanziario. Per questi motivi la Cina non ha i favori della propaganda occidentale. Consapevoli delle enormi contraddizioni e degli squilibri che lo sviluppo accelerato dell’economia cinese ha prodotto negli ultimi decenni, i comunisti cinesi sono oggi impegnati nella riduzione delle enormi disuguaglianze che affliggono il paese, puntando sulla creazione di un solido sistema di stato sociale e su politiche di aumento del reddito e dei diritti per i lavoratori. Non a caso i vertici del PCC affermano costantemente che la Cina è ancora un paese in via di sviluppo e che esso si trova nella fase primordiale di un lungo processo di costruzione del socialismo, evidenziando le profonde contraddizioni che l’attraversano. Sarà importante verificare se a tali sforzi corrisponderà una maggiore forza dei lavoratori, fatto determinante per lo sviluppo del socialismo. Una riflessione, questa, che mettiamo a disposizione senza dogmi, con la volontà di aprire un confronto. Non spetta a noi dire ai cinesi come dovrebbero realizzare il socialismo in un Paese da un miliardo e trecento milioni di persone; così come sappiamo che non esistono Stati o partiti guida (né i compagni cinesi pretendono di esserli, anzi si sono sempre opposti a tale visione).

3 – Entro una tale dinamica planetaria, L’America Latina ha fatto passi da gigante sulla via dell’emancipazione dall’imperialismo e dal neoliberismo nordamericano, grazie a processi democratici che sono risultati vittoriosi nel nome del socialismo del XXI secolo. Alla base di questi successi vi è stata una profondissima riflessione teorica su un modello di sviluppo adeguato ai tratti delle società Sudamericane. Un’elaborazione collettiva maturata nei grandi Forum sociali e in quell’originalissima esperienza che è il Foro di San Paolo, nato nel 1990 su iniziativa del PT e di Lula, come tentativo delle forze progressiste e rivoluzionarie del continente di elaborare il lutto della caduta del muro di Berlino e di far partire un nuovo processo di trasformazione ed emancipazione. Sono state protagoniste di questo processo varie forme di trasformazione: dalla Rivoluzione Cubana, a quella bolivariana del Venezuela, dalla ciudadana dell’Ecuador, sino all’Indigena della Bolivia. Passando, poi, per il Brasile, l’Argentina, l’Uruguay, il Perù e il Nicaragua. Il contributo di Cuba socialista è stato straordinario: la sua resistenza è stata d’esempio per tutti i popoli Sudamericani, diventando un punto di riferimento di analisi dei fenomeni e dei processi e di ingenti risorse umane e tecniche, nonostante il criminale bloqueo. Il Venezuela, poi, ha aperto la strada della rivoluzione democratica e ha sostenuto i processi degli altri Paesi con le sue risorse finanziarie derivanti dai proventi del petrolio e destinate allo sviluppo sociale e non più alle oligarchie locali. Così abbiamo assistitoalla nascita di un’unione continentale per lo sviluppo del commercio, delle telecomunicazioni, dell’integrazione politica e culturale, delle economie, attorno a progetti (Alba, Unasur, Mercosur, Telesur…) sottratti all’egemonia del liberismo. Oggi questo fermento progressivo ha subito alcune pericolose battute d’arresto, con la veemente reazione delle destre all’opera nei principali e più forti Paesi del continente: una reazione pilotata dal potente vicino statunitense, che non ha mai rinunciato a considerare l’America Latina come il proprio giardino di casa. Nel merito, i comunisti sono chiamati ad accentuare il lavoro di controinformazione e a far sentire alle compagne e ai compagni latino-americani la propria concreta solidarietà politica e internazionalista.

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