TESI 13

CULTURA E  MONDO  DELLA  CONOSCENZA  TRA  RESISTENZA  E DESTRUTTURAZIONE [RIFORMULATO EMENDAMENTO TOSCANA]

1. La legge 107 del 2015 (beffardamente chiamata della “Buonascuola”) ha rappresentato uno dei punti più caratteristici dell’azione del governo Renzi. Una legge, approvata a colpi di fiducia ed inganni mediatici, nonostante l’opposizione totale ed inequivocabile del mondo della scuola che si è espressa in un enorme sciopero generale, nell’occupazione delle piazze di ogni parte d’Italia, nella contestazione dei test INVALSI(che ha trovato la larga partecipazione degli studenti e delle famiglie), nel blocco temporaneo degli scrutini. Di fronte a questo movimento il renzismo ha mostrato il volto feroce di una politica espressione integrale del paradigma di Marchionne, imponendo una concentrazione assurda dei poteri nelle mani di presidi -califfi che colpisce al cuore la libertà d’insegnamento e favorisce un clientelismo disgustoso,la speculazione privata nella gestione degli istituti, la distruzione di ogni garanzia nel rapporto di lavoro nella scuola, a partire dal reclutamento.

2. Quest’attacco forsennato alla scuola disegnata dalla Costituzione è particolarmente significativo perché rappresenta l’organico compimento dell’iniziativa di lungo periodo dei settori più reazionari delle classi dominanti. Contro la scuola pubblica infatti si è infatti si è mosso per anni un potente schieramento mediatico, economico e politico, guidato da Confindustria.La borghesia esprime così, a suo modo, la centralità della questione del Sapere. Asservendo e svuotando la scuola pubblica, le classi dirigenti di questo paese si prefiggono l’obiettivo di colpire un’istanza democratica essenziale, di impedire la trasmissione alle giovani generazioni degli strumenti per comprendere criticamente la società, e al contempo vogliono garantirsi istituzioni formative completamente funzionali agli interessi di un sistema delle imprese che rincorre solo la competitività di prezzo. Con l’attacco all’ istruzione pubblica viene inoltre realizzato una parte essenziale, anche per le dimensioni del mondo della scuola, dell’iniziativa di destrutturazione allo stato sociale e del contratto di lavoro nazionale. Strategie politiche, interessi materiali e controllo ideologico si intrecciano plasticamente in questa azione , di cui sono stati complici sin dagli anni ’90 ampi settori del centrosinistra e che ha trovato il suo culmine dal 2008 con i governi Berlusconi, Monti e Renzi.

3.Non consideriamo però questa partita chiusa, neanche nel breve periodo.Il grande movimento che si è manifestato tra aprile e giugno del 2015, se non è riuscito a fermare il disegno di legge governativo, ha però suscitato forze significative. Esso non solo ha rappresentato la prima crisi nella macchina del consenso di Renzi, ma ha mostrato, su un piano più generale, le potenzialità di mobilitazione e di critica dell’esistente del lavoro intellettuale di massa, una dimensione che va ben oltre il sistema della formazione ed investe un aspetto essenziale del capitalismo contemporaneo e quindi della lotta contro di esso. Bisogna dunque riannodare i fili dell’iniziativa su tre versanti: la resistenza agli effetti della riforma “scuola per scuola”, una ripresa unificante di mobilitazione nazionale, la costruzione di un legame tra le lotte nel settore della formazione e le altre lotte contro la politica governativa. La campagna per la raccolta delle firme a sostegno dei quattro referendum contro la 107, sulla quale siamo impegnati con tutte le nostre forze, rappresenta il primo terreno per dare concreta attuazione a questa impostazione: una iniziativa capillare ma fortemente unificata politicamente; intrecciata con le iniziative di lotta per il contratto, sulla questione(del tutto aperta) dei diritti dei precari, contro l’Invalsi; connessa con una più complessiva battaglia sociale e democratica contro le politiche governative. La lotta contro la legge 107 , comprese le pericolosissime deleghe che consegna nelle mani del governo, è il primo punto di una piattaforma di mobilitazione).Insieme ad essa la richiesta di fermare i tagli, e di risarcire quelli enormi subiti dal sistema scolastico dal 2008, allude non solo ai livelli occupazionali ma anche alle reali condizioni di apprendimento (numero di alunni per classe e tempo scuola innanzitutto) che sono drammaticamente peggiorate negli ultimi anni. Rivendichiamo, inoltre come urgente un grande piano in particolare al Sud, di manutenzione e di messa in sicurezza del patrimonio di edilizia scolastica, che versa in condizioni disastrose (nonostante gli annunci del governo). E’ necessario riaprire , infine , un grande dibattito nazionale, rendendo protagoniste le giovani generazioni, sul senso e sui contenuti della scuola statale. Un dibattito da troppo tempo assente.

4.Il crollo delle iscrizioni che si registra negli Atenei italiani negli ultimi anni,e che costituisce per la società italiana un balzo indietro di decenni, chiarisce il disastro prodotto dalle scelte compiute sul sistema universitario e della ricerca. E’ stato messo in moto un processo di adeguamento al paradigma liberista in cui una serie di “riforme” insensate che hanno sostanzialmente paralizzato università e ricerca, si sono intrecciate in una continua serie di tagli ai finanziamenti che hanno portato l’Italia agli ultimi posti nei paesi dell’area OCSE perle risorse a questi settori. Questi tagli stanno avendo un effetto distruttivo ed è quasi inutile citare il conseguente inevitabile forte aumento delle tasse universitarie, che provocheranno una ulteriore selezione classista e una accentuata riduzione del diritto al sapere. Gravissima è la drastica riduzione delle assunzioni, a fronte del basso rapporto docenti/studenti, degli alti tassi di pensionamenti nelle università e negli enti di ricerca, del basso rapporto ricercatori/occupati e dell’elevato numero di precari che lavorano in questi settori: nell’università e nella ricerca, non solo non si assume più, soprattutto a seguito della messa ad estinzione del ruolo dei ricercatori universitari, ma si licenzia, espellendo dal sistema italiano di produzione e trasmissione del sapere decine di migliaia di lavoratori precari che ne hanno permesso fino ad ora la sopravvivenza.

5.Negli anni scorsi ed in particolare contro la Legge Gelmini si è espresso un forte movimento di studenti, docenti, precari della ricerca. Oggi ci poniamo il problema del rilancio di una mobilitazione per l’abrogazione di quelle norme e per una svolta nel mondo dell’Università e della Ricerca con la consapevolezza politicamente impegnativa che si tratta di una questione nazionale, da cui dipende, in parte consistente, il futuro del Paese.Il centro della nostra proposta, anche qui, è in un nuovo protagonismo dello stato. Pensiamo che bisogna coniugare un grande investimento sulla ricerca con l’impegno diretto dello stato nelle produzioni ad alto contenuto tecnologico, rovesciando completamente una linea che invece prevede la liquidazione delle ultime presenze pubbliche in settori strategici.A questa scelta di fondo è necessario e possibile legare un sistema dell’università e della ricerca più robusto, in cui vi sia la garanzia della libertà di ricerca e di insegnamento, di un sistema di reclutamento costante che risolva il problema del precariato e apra spazio ai giovani, di un sistema di autovalutazione, basato su regole certe e condivise dalla comunità scientifica, che premino comportamenti virtuosi. Decisiva è inoltre la battaglia per il diritto allo studio, che deve essere garantito con reali sostegni economici e l’effettiva disponibilità di adeguate strutture.

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