Relazione conclusiva della giornata sul colonialismo del XXI secolo. “Di armi, acciaio, malattie e debito pubblico”

di Lamberto Lombardi

Cari compagni e amiche,

con questa iniziativa, con i primi studi che abbiamo dovuto affrontare per realizzarla, spero si apra per noi e per tutti una fase di consapevolezza nuova.

Lo sfruttamento che pensavamo di aver sconfitto negli anni settanta è rientrato dalla finestra e ci sta opprimendo con le sue ingiustizie e  i suoi pericoli di guerra.

Pensare che si potesse risolvere la questione dell’emancipazione del proletariato solo in Europa lasciando inalterati gli strumenti di repressione nelle colonie di oltremare si è rivelata una dolorosa illusione e tutto quello che vediamo attorno a noi ce lo conferma. La fragilità delle nostre conquiste non poteva non pagare gli squilibri di sviluppo legati allo sfruttamento dei popoli che ci circondano.

Del resto già durante la prima guerra mondiale Lenin notava come quel conflitto in Europa servisse a decidere i destini delle colonie. Oggi sono i destini delle colonie che decidono del nostro futuro, e se anzi esiste una strada tracciata e percorribile essa ci viene indicata da quelle ex colonie che hanno completato il loro percorso di liberazione e consolidata la loro autonomia economica e sociale.

Ma per affrontare compiutamente il giudizio sul presente, dobbiamo porre mano alla dolorosa sottovalutazione, anche e forse soprattutto da parte nostra, del neo-colonialismo di cui l’Europa stessa continua a beneficiare e la cui esistenza deve contribuire a dare un giudizio corretto sulle sue istituzioni.

Un vecchio filosofo, Hegel, sosteneva che “il vero è l’intero”. Nel nostro caso vuol dire che se si è colonialisti in Africa non si può essere al tempo stesso democratici e liberali in Europa, e nemmeno si può essere buoni cristiani se dopo aver sostenuto che gli uomini sono tutti uguali non si riconosce la necessità che essi siano liberi dalla schiavitù economica che li rende disuguali, e non si opera di conseguenza.

Del resto che significato ha, nella pratica, il doppio binario giuridico rappresentato dalla possibilità che alla Corte Penale Internazionale  possano essere deferiti capi di Stato come Laurent Gbagbo, presidente della Costa d’Avorio, mentre non esiste nessuna possibilità che i mercenari di stato chiamati contractors possano mai esservi imputati per alcun reato da essi commesso, se non il fatto di riprodurre il medesimo doppio binario del diritto presente tra colonizzatori e colonizzati nelle colonie di un tempo. Il presidente Gbagbo, per la cronaca, dichiarato innocente dopo anni di detenzione è agli arresti domiciliari in Belgio e non può rientrare in patria. Perchè? Sarebbe questo un interrogativo su cui impegnarci politicamente.

Alcuni avranno capito che il nostro riferimento analitico è il lavoro del grande filosofo contemporaneo Domenico Losurdo.

Ci convince la sua analisi che i progressi sostanziali compiuti dall’umanità nell’ultimo secolo siano indissolubilmente legati al successo e al consolidamento delle lotte anticoloniali in Russia, Cina,  Vietnam, Cuba. Successi che hanno influito in modo concreto e determinante sulla moderna percezione di diritto di cui gli stessi lavoratori ‘occidentali’ hanno usufruito.

Sappiamo così che fondamentale, anche per i lavoratori italiani, è la lotta per l’indipendenza dei popoli africani, senza la quale la loro indipendenza formale non è solo una menzogna ma una trappola.

Ecco che ci spalancano davanti una serie di problemi nuovi:

a) in che modo procedere all’organizzazione dei lavoratori africani in Italia, perchè è fuori di dubbio che la loro popolazione rappresenta oggi una parte sostanziale della classe operaia, parte che non ha parte?

b) è sempre possibile procedere a rivoluzioni per arrivare all’indipendenza nazionale? Perchè lo strangolamento economico che si produce tramite l’infernale meccanismo del debito, da un lato impoverisce le popolazioni e dall’altro alimenta la forza militare che le opprime vedendo impegnati insieme FMI, BM, Nato e tutta la rete di multinazionali che possono fare la guerra anche per procura come dimostrano i fatti in decine e decine di Paesi africani. E’ un intervento che pochi paesi sono in grado di respingere da soli. Può essere utile lo strumentario teorico di Gramsci? E, anche in questo caso, a che punto sono di preparazione i gruppi dirigenti africani? Potremmo aiutare su questo versante?

  • L’mponente intervento economico in atto in Africa da parte della Repubblica Popolare Cinese, paese nato dopo un durissimo percorso anticoloniale, è un intervento coerente con questa sua natura politica o no? Ovvero le relazioni di cooperazione che esso stabilisce con tanti paesi africani sono relazioni che, come tutte le altre nei secoli, aggravano il rapporto di dipendenza economica e politica di questi ultimi o, invece, per come sono strutturati son destinati a indirizzare quelle economie sulla strada dell’autonomia?

Come ben capiamo siamo solo all’inizio e gli interrogativi che si aprono sono veramente molti, riteniamo importante essere sulla buona strada.


Brescia 19  maggio 2019

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