In memoria di Filippo D’Agostino, primo segretario della Federazione comunista di Bari, fondatore del PCd’I

di Francesco Violante – Segretario PCI Città di Bari

Fonte immagine: ANPPIA


Vecchio antifascista che già in precedenza aveva patito carcere e confino, fin dagli inizi partecipava attivamente alla lotta di liberazione. Arrestato e deportato in campo di concentramento in Germania, nonostante gli stenti e le sofferenze inenarrabili cui era sottoposto, continuava a svolgere attiva opera di propaganda e di incitamento alla lotta in mezzo agli internati: scoperto nel tentativo di eliminare i componenti la guardia al campo e sottoposto ad atroci torture, teneva contegno spavaldo e sprezzante tanto che il nemico esasperato finiva per trucidarlo a bastonate.



Con queste parole nel 1955 è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare a Filippo D’Agostino (Gravina, 1885 – Mauthausen, 1944), ferroviere, rivoluzionario di sinistra, esponente di primo piano del socialismo rivoluzionario e del sindacalismo barese, con la moglie Rita Majerotti tra i fondatori del PCd’I a Livorno, segretario della Federazione comunista di Bari e della Camera del Lavoro.

Denunciato per insurrezione contro i poteri dello Stato nel 1922, in un contesto politico e sociale caratterizzato dalla violenza squadrista, dalla reazione degli agrari alle istanze di giustizia sociale e dalla sempre più forte lotta di classe dei lavoratori, fu costretto ad allontanarsi dalla Puglia nel 1923. Raggiunta Trieste, dirige il quotidiano “Il lavoratore comunista”, ma nello stesso anno, nuovamente denunciato, ripara in Svizzera, poi a Londra e in Russia. Tornato in Italia, viene arrestato nel novembre 1926 e confinato a Ustica.
Processato nel 1927 dal Tribunale speciale, sconta cinque anni di confino tra Ponza e Pesaro. Alla caduta del fascismo D’Agostino è a Roma, dove partecipa alla difesa della città, e poi alla resistenza. Il 19 dicembre 1943 viene arrestato e deportato il 4 gennaio a Mauthausen, in Alta Austria, dove giunge il 13 insieme con altre centinaia di oppositori politici. Muore il 14 luglio 1944.

L’esempio di vita di un comunista, nella temperie della guerra di liberazione dal nazifascismo e dal razzismo scientificamente volto alla distruzione delle comunità ebraiche, possa essere ben vivo nella memoria e nella prassi non solo di coloro che come noi continuano lungo la strada tracciata a Livorno nel 1921, ma anche di ogni sincero democratico di qualunque condizione. La lotta per la libertà, per l’eguaglianza, per il progresso umano condotte nel passato hanno bisogno di essere continuamente rinnovate, fatte proprie, portate avanti. Tanto più difficile, paradossalmente, quando un apparentemente diffuso benessere materiale nasconde ancora discriminazione, fame, sfruttamento, annichilimento, guerra.
Di nuovo infatti, dopo la Jugoslavia, la minaccia di una guerra in Europa è concreta e prossima, ed è una guerra che trae legittimazione non solo nell’imperialismo USA-NATO, ma anche nella rimozione della memoria del comunismo come baluardo antifascista, nella vergognosa equiparazione del comunismo al nazifascismo, nell’appoggio aperto a regimi clerico-fascisti e nazisti nell’Europa orientale. Come da Radio Bari, anche da qui, dalla Puglia, sorga più forte la voce di chiede di ricordare, e ricordando riprendere la battaglia.

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