A cura di Walter Tucci – Responsabile Dipartimento Costituzione, Democrazia, Istituzioni.
Alle 7,42 del 19 giugno, dopo una seduta notturna (eccezionale nella storia del Parlamento), come i ladri di Pisa, la Camera ha approvato l’autonomia differenziata regionale, spaccando il Paese unito col sangue e il sacrificio del Risorgimento, esautorando le funzioni del Parlamento e portando un colpo pesante alla nostra Costituzione, usando il dissennato grimaldello offerto dalla riforma del titolo V° del 2011, attuata dal centro sinistra.
D’ora in poi si realizza l’antico disegno leghista della secessione del Nord, che potrà finalmente gestire in totale autonomia 23 materie di competenza statale, che attengono ai diritti fondamentali dei cittadini; da oggi i loro diritti alla salute all’istruzione, all’ambiente, al lavoro, alla sicurezza, all’energia, al commercio con l’estero, ai servizi ecc., dipenderanno dal loro certificato di residenza.
Il tutto senza lo stanziamento di risorse adeguate, che lo SVIMEZ ha quantificato in 90 miliardi in più, per garantire i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e ridurre i divari, tra Nord e Sud, che aumenteranno esponenzialmente con l’AD.
Si sono creati, cioè, venti staterelli che potranno gestire in perfetta autonomia le cinquecento funzioni sottratte allo Stato e perfino trattenere sul loro territorio gran parte del gettito fiscale, sottratto alle casse del demanio: LA SECESSIONE DEI RICCHI!
L’efficienza e il miglior governo dei territori, che costituisce l’ipocrita motivazione con cui cercano di nascondere questa catastrofe, ripetuta in questi giorni dalla destra, è già stata sbugiardata dalla pandemia, che ha disvelato cosa ha comportato la regionalizzazione della Sanità!
La verità, come tutti sanno, è che questo è il prezzo pagato alla Lega per ottenere il premierato per FdI e la separazione delle carriere dei magistrati per FI, un prezzo che pagheranno tutti i cittadini, anche quelli del Nord; un prezzo che sovverte i principi di uguaglianza e solidarietà su cui è stata fondata la Repubblica; un prezzo che comporta l’istituzionalizzazione di disuguaglianze e povertà; un prezzo che comporta la distruzione dell’unità e dell’indivisibilità della Repubblica; il prezzo che la Carta del 48 antifascista e democratica, mai piaciuta a chi è (ed è sempre stato) dall’altra parte, sta pagando ai neo fascisti al potere, che mirano ad una diversa Legge fondamentale, certamente più vicina al Piano di Rinascita democratica di Licio Gelli che alla Costituzione voluta dai nostri Padri fondatori!
Affiancando, infatti, a tutto ciò il premierato, si assesterebbe un colpo mortale alla nostra democrazia parlamentare, che sminuirebbe il ruolo del Presidente della Repubblica (il cui silenzio è corresponsabile, assieme ad un’opposizione parlamentare afasica e ambigua fino al mese scorso!) ed esautorerebbe il Parlamento, aumentando la distanza tra eletti e cittadini, allargando la crisi di rappresentanza in un Paese in cui non va già più a votare la metà degli elettori!
IL PCI, sta collaborando ad una Legge d’iniziativa popolare per la modifica di questa vergognosa Legge elettorale, che ha consentito ad una minoranza nel Paese, di essere maggioranza in Parlamento e che consente a un Governo minoritario e neo fascista di reprimere il dissenso, imbavagliare l’informazione, manganellare i giovani che protestano, identificare chi inneggia all’Italia democratica e antifascista, mentre protegge lo squadrismo nelle piazze e in Parlamento, proprio nei giorni in cui si celebra il pestaggio e l’assassinio di Matteotti!
Qualora, pertanto, il Presidente della Repubblica dovesse promulgare questa ennesima “deforma”, non ravvisando in essa profili d’incostituzionalità (ravvisati già peraltro da decine di costituzionalisti), non resterà altro a noi comunisti, alle forze politiche democratiche e antifasciste, a quelle parlamentari e non (finalmente unite), alle forze sindacali e sociali, alle Associazioni, ai movimenti popolari organizzati nei Comitati NO AD, alle Regioni consapevoli sia del Sud che del Nord (che possono immediatamente impugnare, per incostituzionalità, la Legge non appena pubblicata in G.U.), dare luogo all’ultima battaglia possibile che resta da fare: il Referendum popolare abrogativo.
Togliatti commise un errore fatale mosso da un buonismo poco sensato e privo di fondamento morale ed etico nei confronti di infami che tradirono i propri connazionali deportandoli nei campi di concentramento