La Sinistra in Europa nel post-elezioni 2024

a cura di Luca Angelo Rodilosso – Responsabile Europa dipartimento esteri PCI

Dopo le elezioni europee tenutesi dal 6 al 9 giugno in diversi paesi dell’Unione, in Europa inizia un nuovo quinquennio politico contraddistinto da un sempre maggior distacco della cittadinanza dalla partecipazione attiva, e da una progressiva disgregazione ormai decennale del tessuto sociale e dei corpi intermedi che ha favorito e favorisce un aumento di consenso, pur in un quadro composito e non univoco, per le forze della destra reazionaria e xenofoba.

Il quadro della tenuta, pur in costante erosione, dei gruppi “di potere” che hanno contraddistinto la fase di questo ultimo ventennio in Europa, ovvero quelli dei Popolari, dei Socialisti e dei Liberali, non è comunque rassicurante per numerosi motivi: come in una spirale di dipendenza tossica, le ricette politiche, economiche e di visione che l’Unione Europea ha da offrire attraverso il “centro” politico che la governa sono al contempo la malattia e il palliativo di se stesse, ma in una dinamica sempre più logorante.

Non è facile prevedere quanto ancora possa reggere questo equilibrio che porta il “centro” politico a consumare se stesso, a ridurre la partecipazione elettorale, ma per una serie di meccanismi a essere sempre il perno dell’unica ipotesi possibile di governo della Commissione europea, numeri alla mano e con le debite proporzioni dei seggi assegnati.

Come Partito Comunista Italiano abbiamo sempre considerato le elezioni uno strumento, non l’unico ma comunque importante e non trascurabile, per poter incidere sullo stato di cose presenti, e ci siamo sempre collocati, difendendone l’impostazione confederativa e l’autonomia interna tra i diversi partiti che lo compongono, nel gruppo “La Sinistra” (The Left), con la nostra impostazione di comunisti e con la responsabilità di far parte di un paese fondatore di questo “monstrum” socio economico, che sicuramente va modificato, riportato nella sua confederatività e unicità nel panorama internazionale, perché l’Unione Europea, forse per troppa Storia al suo interno, non può e non deve seguire le orme federali degli Stati Uniti, come molti esagitati gradirebbero.

Non può e non deve perché la nostra cultura politica ci impone di rispettare la Storia dei popoli, che non dovrebbe essere forzata semplicemente per la mitologia che si vorrebbe creare o per esigenze economiche di parti minoritarie, seppur egemoni, della società, ma dovrebbe vedere la costruzione democratica di consenso e di accettazione di diversi passaggi economico-sociali.Per questo come PCI riteniamo che, nell’ambito del Parlamento Europeo, il rafforzamento, anche se modesto, del gruppo “La Sinistra” è un buon segnale di mantenimento di una voce critica all’interno delle istituzioni europee, a patto che tale gruppo mantenga il suo assetto confederale, che permetta cittadinanza anche alle forze comuniste in Europa e non si faccia trasportare da derive leaderistiche e semplificatorie, figlie della disintermediazione politica che tanto oggi è in voga.Dal nostro paese l’apporto al gruppo avverrà da forze non comuniste (Alleanza Sinistra-Verdi, che mantiene una serie di ambiguità strutturali su questioni come il rapporto con le potenze BRICS emergenti), peraltro dove nemmeno tutti gli eletti parteciperanno al gruppo parlamentare The Left ma solo una parte, mentre altri dei 6 componenti potrebbero confluire nei gruppi dei Socialisti o dei Verdi.

Come Partito Comunista Italiano abbiamo lavorato sino all’ultimo prima delle europee al fine di riunire le forze comuniste e di sinistra alternativa in una lista che avesse un impianto stabile e un criterio di riconoscibilità di campo politico e di prospettiva, ma si è preferito procedere con solite modalità di richiamo nominalistico che, alla fine dei conti, risultano meno solide e portano gli stessi elettori della sinistra di alternativa a preferire uno “sbiadito sicuro” (Alleanza Sinistra-Verdi) anziché un “meno sbiadito insicuro” (Pace Terra Dignità), se non anche ad un voto di utilità al Movimento 5 Stelle.

Purtroppo la mancanza di riscontri ai nostri appelli, rileggibili qui, non ci ha messo in condizione di presentarci alle elezioni europee, nonostante in numerosi comuni siamo stati presenti a livello amministrativo con la nostra identità, assieme a quella di altri soggetti della sinistra di classe e di alternativa, in alcune città.

Ma come sono andati altri Partiti Comunisti – o dichiaratamente di sinistra marxista – in Europa, che aderiscono al gruppo “La Sinistra”?

Andiamo con ordine, per poter avere una idea d’insieme:

  • Austria: il KPÖ, Partito Comunista dell’Austria, ottiene il 3% dei voti e non ottiene seggi a disposizione dell’Austria.
  • Belgio: nella statistica vengono segnati come divisi, ma sono in realtà lo stesso partito nei due tronconi linguistici Vallone e Fiammingo: Il PTB (Parti du Travail de Belgique) che prende il 5,57% su base dei voti francofoni, e il PVDA (Partij van de Arbeid van België) che prende il 5,13% su base dei voti fiamminghi, per un totale di “area” pari a 10,7%, che in teoria porta il “campo comunista” ad essere il quarto “partito” su scala nazionale belga. Su questa base il PTB/PVDA fornisce al gruppo “La Sinistra” 2 seggi dei 22 a disposizione del Belgio.
  • Repubblica Ceca: la coalizione di sinistra Stačilo! (Partito Comunista di Boemia e Moravia e altre formazioni socialiste o socialdemocratiche di sinistra) col 9,56% ottiene un ottimo risultato dopo anni di difficoltà a livello di elezioni politiche interne ed elegge un candidato comunista dei 21 a disposizione della Repubblica Ceca che andrà nel gruppo de “La Sinistra” (The Left).
  • Cipro: AKEL (Partito Progressista del Popolo Lavoratore) è da sempre una delle forze politiche principali dell’isola, e in passato dal 2008 al 2013 – ovviamente nel silenzio generale dei media – governò con la presidenza di Dimitris Christofias l’isola mediterranea, portando il primo presidente comunista alla guida di un paese UE. In questa tornata tiene la posizione, purtroppo dietro il centrodestra cipriota, con il 21,49% mantenendo il ruolo di principale partito di opposizione ma eleggendo solo 1 eurodeputato dei 6 a disposizione di Cipro a causa dei resti del sistema proporzionale di ripartizione anche tra partiti nelle posizioni terze e quarte.
  • Francia: fatta eccezione per la France Insoumise col suo 9,89%, però forza di sinistra ma non comunista, il PCF – Partito Comunista Francese e la sua “Gauche Unie” si ferma al 2,36% e probabilmente eleggerà 1 eurodeputato con i resti.
  • Grecia: il Partito Comunista Greco – KKE non aderisce al gruppo “La Sinistra”, ma è comunque doveroso citarlo con il suo 9,25% dei voti e almeno 2 eurodeputati dei 21 seggi a disposizione ellenica.
  • Portogallo: la CDU – Coligação Democrática Unitária (Partito Comunista Portoghese-Verdi) elegge con il 4,12% 1 eurodeputato (del Partito Comunista) dei 21 seggi a disposizione. Il Bloco de Esquerda 1 altrettanto superando anch’esso il 4%.
  • Spagna: con la coalizione SUMAR al 4,65% (con all’interno Izquierda Unida – Partito Comunista Spagnolo – e numerosi partiti autonomisti) 2 eurodeputati andranno a sedere all’europarlamento.
  • Ovviamente tale analisi non considera forze di sinistra radicale “generica” come France Insoumise, la Die Linke tedesca, la greca Syriza, Podemos, Sinn Féin irlandese, Vänsterpartiet svedese e diverse Sinistre ecologiste nordiche in Danimarca e Finlandia che ottengono in certi casi risultati ragguardevoli (mentre in altri, come Podemos, sono sotto alle formazioni di area “comunista”) e costituiscono la maggioranza degli eletti del gruppo “La Sinistra” (addirittura il Vaasemonlitto finlandese supera i socialdemocratici e diviene secondo partito del paese col 17,3%).

Per quanto concerne quindi le forze comuniste e di sinistra di alternativa, ne emerge un quadro sicuramente non semplice e coeso, e in alcuni casi anche di mancanza – Italia compresa – di una struttura comunista radicata e popolare, ma rimane il fatto che l’ipotesi e la concezione di “Partito Comunista” non è sparita dal continente, sta vivendo bensì fasi multiple di sviluppo o regressione a seconda dei contesti, in una più ampia tendenza, in ogni caso, di affermazione di sinistre radicali destrutturate ma che convogliano quel malcontento che non può essere gestito dal gruppo Socialista europeo, preso dai giochi di palazzo e dal compromesso con la finanza e con le politiche di guerra sospinte dagli Stati Uniti.

Tutto questo ovviamente in un quadro ancora più ampio di affermazione del non voto o delle varie destre con tendenze euroscettiche o eurocritiche, agevolate in un gioco delle parti proprio dai Socialisti che non riescono – salvo eccezioni come lo SMER slovacco (socialdemocratici) del premier Robert Fico (ed infatti sono stati espulsi come partito) – a staccarsi dal cordone ombelicale di un sogno europeo sempre meno “di popolo” e sempre più di élite, con forte eterodirezione atlantista.

Il PCI continuerà quindi, in un quadro così complesso, a impegnarsi per una forma unitaria dei comunisti e delle sinistre di alternativa e di classe in Italia, che non sia solo ipotesi elettoralistica ma che non formi nemmeno l’ennesima costituente a vuoto pretendendo di sciogliere per riunire, dato che ogni volta le sigle non son diminuite così facendo, bensì aumentate progressivamente ad ogni tentativo.

I comunisti italiani la loro forma di unità ce l’hanno già, ed è il Partito Comunista Italiano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *