Tilt informatico (e alcune domande per aprire un dibattito)

Qualche giorno fa milioni di computer e server hanno smesso di operare creando il blocco di servizi importanti (sanità e trasporti tra gli altri) a livello globale.

Questo fatto ha dimostrato una preoccupante fragilità di sistemi informatici che usano prodotti di multinazionali del settore che operano praticamente in condizioni di monopolio soprattutto in quello che viene definito occidente del mondo. La causa del “disservizio” è stata individuata nel rilascio di una versione di software che, evidentemente, non era stata collaudata a dovere.

Il blocco non è stato dovuto, quindi, a qualche attacco informatico da parte di potenze ostili, ma da un più o meno banale errore. Tutto risolto, quindi. Per il momento, dal punto di vista tecnico, sembra proprio così e molti hanno tirato un sospiro di sollievo. Ma una questione, che riteniamo fondamentale, è, di fatto, passata in secondo piano, praticamente non considerata. Ci riferiamo al fatto che i sistemi informativi di una parte del mondo, quelli che gestiscono servizi essenziali e che dovrebbero essere al servizio della collettività, risultano essere, di fatto, nelle mani di alcune multinazionali private.

Alcune delle domande che si dovrebbero porre sono facili da formulare. Non c’è, forse, qualcosa di profondamente sbagliato e di tremendamente pericoloso alle origini della situazione che si è creata? Non sarebbe giusto, anzi necessario, che le informazioni e la loro elaborazione fossero sottoposte a una gestione sociale collettiva e non, di fatto, possedute da società private che possono decidere se, come e quando renderle pubbliche? Quanto successo con il blocco che si è creato cos’è se non un campanello d’allarme che ci dovrebbe insegnare come non sia logico né utile lasciare a megastrutture informatiche private il potere immenso di controllare settori fondamentali e strategici della società? E, infine, si può consentire che siano queste a decidere a cosa devono servire, per chi e come devono essere utilizzate le nuove tecnologie compresa l’intelligenza artificiale?

Se queste domande sono tutto sommato semplici, le risposte e, soprattutto, le soluzioni che si possono individuare sono decisamente più difficili e complesse.

Da decenni siamo convinti di vivere in democrazie dove sono i cittadini ad avere il potere di eleggere i propri rappresentanti e  di controllarli. Ora ci possiamo rendere conto che non è proprio così e che la frase del primo articolo della nostra Costituzione “la sovranità appartiene al popolo” è, o sta diventando, solo apparenza dal momento che la nostra sovranità è, di fatto, nelle mani di organizzazioni e strutture incontrollabili dai cittadini che non sono state elette da nessuno se non dai propri consigli di amministrazione.

È sempre più evidente che il sistema nel quale viviamo che il sistema nel quale viviamo, che si fonda sul concetto che il profitto deve avere priorità rispetto a qualsiasi altra cosa, deve essere trasformato profondamente anche perché ci sta facendo regredire a un “medioevo prossimo venturo” dove la società è divisa in ricchi signori che comandano e poveri sudditi privi di diritti.

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