A cura del PCI, Federazione Emilia-Romagna
Il 2 agosto del 1980, alle 10.25, un’esplosione devastò la sala d’attesa della stazione ferroviaria del capoluogo emiliano, gremita di persone in partenza per le vacanze, provocando 85 morti e 200 feriti.
Sono passati 44 anni dalla strage fascista che sconvolse Bologna e l’Italia intera. Tutti quelli che hanno passato i 60 anni sicuramente ricordano cosa stava no facendo e dove erano quel giorno.
Le vittime provenivano da 50 diverse città italiane e straniere. La più piccola, Angela Fresu, aveva solo tre anni, si trovava con sua madre nella sala d’aspetto in cui scoppiò l’ordigno in attesa di un treno che le avrebbe condotte al lago di Garda, Marina Trolese, 16 anni, morì dopo dieci giorni trascorsi in ospedale. Sono solo due dei nomi delle 85 vittime, alcune morte sul colpo altre dopo giorni di sofferenza, per non parlare di chi, pur sopravvissuto, si è portato dietro ferite mai guarite. Sono volti e storie di una delle stragi più efferate compiute nel nostro Paese.
La città si trasformò in una gigantesca macchina di soccorso e assistenza. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, giunto nel pomeriggio a Bologna, affermò: «Siamo di fronte alla impresa più criminale che sia avvenuta in Italia, al più grave attentato dell’Italia repubblicana».
Quel giorno cominciò anche una delle più difficili indagini della storia giudiziaria. L’iter processuale non è ancora concluso.
Ad oggi, sono stati condannati in via definitiva come esecutori materiali i terroristi neri dei NAR Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, e per attività di depistaggio il capo della loggia P2 Licio Gelli, gli ufficiali dei servizi segreti Pietro Musumeci (P2) e Francesco Belmonte e il faccendiere Francesco Pazienza. In primo grado è stato condannato anche Gilberto Cavallini per strage, il processo ora è in fase di Apello, e nel cosiddetto processo ai mandanti sono stati condannati, sempre in primo grado, Paolo Bellini, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, e Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli a Roma, accusato di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini.
L’8 luglio di quest’anno, inoltre, la Corte d’Assise di Bologna ha confermato le condanne inflitte in primo grado nei confronti di Paolo Bellini, di Avanguardia nazionale, ritenuto corresponsabile della strage, Piergiorgio Segatel, ex capitano dei carabinieri, per depistaggio, e Domenico Catracchia, ex amministratore di condominio, accusato di false informazioni al Pm per sviare le indagini.
Un tassello molto importante per la ricostruzione della verità è stato aggiunto quando sono state depositate le motivazioni della sentenza di primo grado emessa nei confronti di Bellini, Segatel e Catracchia nell’ambito del cosiddetto processo ai mandanti della strage. Infatti, seppure non più imputabili perché tutti morti, e benchè nei loro confronti non sia possibile elevare alcuna imputazione formale, vengono indicati come mandanti, finanziatori e organizzatori dell’attentato terrostico Licio Gelli e il suo braccio destro Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, già direttore dell’Ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno, e l’ex senatore Mario Tedeschi.
Confermando quello che a noi era chiaro e cioè che fascisti erano i mandanti e fascisti gli esecutori e che entrambi hanno usufruito della copertura di organi deviati dello Stato.
A Bologna, come ogni anno, si terrà un corteo commemorativo che partirà dal Comune per giungere fino alla Stazione centrale. Il Partito Comunista Italiano sarà presente come sempre.