Una questione prioritaria: la mancanza di sicurezza sul lavoro.

Dati dall’Osservatorio

Carlo Soricelli dell’Osservatorio nazionale morti sul lavoro mi scrive un messaggio che inizia così: Dall’inizio dell’anno all’8 agosto sono morti per infortuni in 638 sui Luoghi di Lavoro (tutti registrati dall’Osservatorio) e 869 se si aggiungono i morti in itinere e sulle strade di categorie non assicurate a INAIL.

Una notizia tremenda, che al solito, non viene ripresa dalla grande informazione nazionale. Ma cosa volete? Che, forse, si distragga l’attenzione dalle Olimpiadi? Dalla polemica ignobile di politicanti e tuttologi vari contro la pugile algerina o dall’emozione enfatizzata per una vittoria o una sconfitta? Cosa volete mai? Che in questa caldissima estate si possa prestare qualche ora di tempo alla questione devastante della mancanza di sicurezza sul lavoro? Non sia mai. Del resto, sempre senza pensare alla temperatura, è meglio minimizzare, non parlare di quelli che sono veri e propri omicidi sul lavoro. Altrimenti potrebbe nascere un briciolo di indignazione che, non sia mai, potrebbe produrre una coscienza collettiva.

No, degli infortuni sul lavoro, delle malattie professionali, dei morti è meglio non far sapere. Così pensano quelli che si ergono a essere i “signori e padroni” del nostro futuro. Altrimenti non si spiegherebbe il silenzio e le menzogne che avvolgono quello che dovrebbe essere uno dei problemi fondamentali del nostro paese.

Patente a Crediti

La “patente a crediti” (quella che dà un punteggio all’infortunio nei cantieri) non risolve niente né può farlo. La legge su appalti e subappalti a cascata o quella entrata in vigore in agosto che obbliga chi deve fare ispezioni sulla sicurezza nei luoghi di lavoro di avvisare con almeno dieci giorni di preavviso l’impresa non solo non risolvono, ma aggravano la situazione.

Stare zitti accettando il silenzio o fidarsi dei dati ufficiali INAIL per credere che, in definitiva, gli infortuni sul lavoro sono in calo è solo indifferenza.

Cause e soluzioni

Di fronte ai dati dell’Osservatorio nazionale morti sul lavoro che dimostrano, invece, che i morti nei luoghi di lavoro (esclusi i decessi in itinere) sono cresciuti in un anno di 74 unità, ci si dovrebbe sollevare e pretendere che tanto (sarebbe da dire tutto) e non solo qualcosa venga fatto per risolvere i problemi che sono alla fonte della questione. Ci si riferisce alla precarietà, al lavoro nero e al caporalato diventati condizioni normali di lavoro, ai bassi salari, alla mancanza di investimenti, a una anzianità crescente di chi è costretto a lavorare per vivere, alle garanzie di salute e sicurezza nel lavoro carenti o assenti, alla privatizzazione sfrenata degli strumenti di lavoro comprese le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale. Apriamo gli occhi e alziamo la testa, usciamo dal torpore nel quale ci vogliono costringere e prendiamo coscienza che solo lottando possiamo riconquistare quei diritti costituzionali che progressivamente ci sono stati tolti.

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