Sono già trascorsi 6 anni dalla mattina del 14 agosto del 2018 quando il ponte Morandi, alle 11,36, crollò tra la pila 8 e la pila 10 causando la morte di 43 persone.
Una delle tante tragedie annunciate riguardo una struttura che presentava già da diversi anni notevoli criticità più volte denunciate e dovute all’assenza di manutenzione, di messa in sicurezza, di custodia delle opere e del territorio. Priorità che non possono essere soggette a rigore di spesa o, peggio, a taglio di risorse come avviene ormai da troppo tempo nel nostro Paese.
La vicenda rappresenta l’evidenza di quanto le grandi opere infrastrutturali all’epoca fossero assolutamente necessarie e quanto rimangono importanti ma se non vengono poi effettuati, o se vengono ridotti al lumicino, gli interventi di manutenzione, il nostro diventa un Paese nel quale è sempre più pericoloso vivere.
Da quel terribile giorno di 6 anni fa i familiari attendono ancora giustizia e la fine di un processo iniziato nel luglio del 2022 che ha visto imputate 58 persone tra dirigenti, funzionari e tecnici di Autostrade per l’Italia, Ministero delle Infrastrutture e Spea, la società responsabile delle manutenzioni e delle ispezioni. Società che, insieme con Autostrade, è uscita dal processo con un patteggiamento di quasi 30 milioni, mentre il processo continua per i singoli manager e i funzionari. Le accuse sono omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione d’atti d’ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro. I reati di falso ideologico, relativi anche a documenti informatici commessi a tutto il 2011 si sono prescritti a giugno 2024, così come i reati di rifiuto in atti di ufficio commessi nel 2016; un ulteriore affronto subito dalle vittime e dalle loro famiglie dopo quello dei Governi che, anni fa, hanno preferito operare per il riacquisto delle quote della società concessionaria Atlantia con 9,5 miliardi di denaro pubblico anzi che togliere la concessione a chi si è reso responsabile della mancata manutenzione e di una vergognosa superficialità sulla pelle delle persone.
Invece di pensare a nuove autostrade e ferrovie veloci sarebbe il caso di dedicarsi alla dotazione di un utilizzo serio, in sicurezza dei servizi pubblici già esistenti con un indirizzo di risorse pubbliche a favore delle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture del Paese senza far prevalere la logica del profitto a tutti i costi rispetto a quella della salvaguardia delle vite umane come accaduto in questa tremenda vicenda che speriamo sera da monito e da lezione. Non si può pensare a tagli e austerità quando in gioco c’è la vita dei cittadini.
Ci stringiamo in un forte abbraccio alle famiglie delle vittime nella speranza si faccia al più presto giustizia e chiarezza nel rispetto e nel ricordo dei loro cari.
Matteo Bellegoni
PARTITO COMUNISTA ITALIANO
Segretario regionale Liguria