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La Tragedia di Dalvir Singh
Il 16 agosto viene trovato, in un campo dell’Agro Pontino, il corpo senza vita di un bracciante indiano, Dalvir Singh. È morto a seguito di un malore, si legge su vari giornali. Per cause “naturali”, quindi. Ecco l’ennesima tragedia che non ha responsabili se non la fatalità. In definitiva, si tralasciano le reali cause dovute alle condizioni che sono costretti ad accettare, in questo caso, persone immigrate per poter lavorare. Caldo infernale e orari impossibili da sopportare, paghe da fame, caporalato, lavoro nero… situazioni prossime alla schiavitù.
Le Condizioni di Lavoro nei Campi Italiani
Così si muore nelle campagne (e non solo) del nostro “bel paese”. Le cause sono sempre le stesse: sfruttamento, cancellazione – di fatto – dei diritti costituzionali, persone considerate cose, garanzie di sicurezza inesistenti o quasi perché sono ritenute costi che si possono evitare.
Le Conseguenze dello Sfruttamento
Il risultato è che, nel lavoro, si muore sempre di più nonostante i dati istituzionali, quelli che si riferiscono solo alle denunce arrivate all’INAIL. Si muore per infortunio, per malattia, per le condizioni estreme nelle quali si è costretti a lavorare. Si muore in ogni stagione dell’anno, col freddo e col caldo, senza distinzione di sesso, di etnia, di religione, di appartenenza politica, di età. La nostra società è divisa in sfruttatori e sfruttati. È un dato di fatto.
La Filosofia del Chinare la Testa
Sei immigrato? Clandestino? Allora devi chinare la testa, devi accettare tutto quello che ti viene imposto senza protestare.
Sei giovane? Vuoi entrare nel mondo del lavoro? Allora devi chinare la testa, devi accettare tutto quello che ti viene imposto senza protestare.
Hai perso il lavoro? Sei troppo vecchio? Allora devi chinare la testa, devi accettare tutto quello che ti viene imposto senza protestare.
Sei donna? Vuoi lavorare? Allora devi chinare la testa, devi accettare tutto quello che ti viene imposto senza protestare.
La Critica all’Ideologia Capitalista
Questa è la “filosofia” che trionfa nel mondo d’oggi, in questa nostra Italia così civile e democratica. Si badi bene, l’aberrazione di considerare chi lavora una cosa, la ricerca spasmodica di aumentare i privilegi e la ricchezza di alcuni sfruttando il lavoro (e la vita) di tanti, non sono “invenzioni” nate recentemente. Quelli che sono diventati pensieri comuni e accettati, sono i disvalori dell’ideologia capitalista, gli stessi che erano stati messi in discussione e spesso sconfitti dalla determinazione e dalla forza di un movimento unitario di lavoratrici e lavoratori che, con la lotta, aveva conquistato quei diritti fondamentali che sono i principi fondamentali della Carta Costituzionale ma che, oggi, non sono più applicati e, forse, neppure ricordati.
Un Appello alla Ribellione
Ribelliamoci a questo stato di fatto, alziamo la testa e non rassegniamoci a seguire il modo di pensare che ci viene imposto. Mettiamo in discussione il sistema che ci avvolge e che sembra l’unico possibile e ricominciamo a pensare con la nostra testa. Siamo coscienti che il futuro può essere migliore solo se tutti avremo gli stessi diritti “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Un futuro senza sfruttati né sfruttatori.