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Sono passati 60 anni ed è sempre necessario e giusto ricordare la statura politica del compagno Togliatti e fare l’impietoso paragone con l’infimo livello dei personaggi che oggi popolano lo scenario politico italiano.
Per questo è bene ricordare, qui e ora, quello che Togliatti disse nel suo discorso all’Assemblea costituente l’11 marzo del 1947 rivolgendosi alla vecchia classe dirigente “prefascista”:
“Colleghi, io sento rispetto, e anche più che rispetto, per gli uomini che siedono in quest’aula e che appartengono ai gruppi che furono parte integrante di questa vecchia classe dirigente. Non ho nessun ritegno a rivolgere loro, per certi aspetti della loro attività, l’appellativo di maestri, sia con la «m» maiuscola o minuscola, non importa. Sono sempre disposto ad ascoltare i loro consigli; però non posso non sentire e non affermare che anche questi uomini portano una parte della responsabilità per la catastrofe che si è abbattuta sul popolo italiano. Perché voi avevate occhi e non avete visto. Quando si incendiavano le Camere del lavoro, quando si distruggevano le nostre organizzazioni, quando si spianavano al suolo le cooperative cattoliche, quando si assaltavano i municipi con le armi, o si faceva una folle predicazione nazionalistica, non dico che voi foste complici diretti, ma senza dubbio eravate in grado di dire quelle parole che avrebbero potuto dare una unità a tutto il popolo, animandolo a una resistenza efficace contro quella ondata di barbarie; voi non foste all’altezza di questo compito; e non è per un caso che non avete trovato gli accenti che allora era necessario trovare.”
Oggi vogliono distruggere la nostra Costituzione, quella nata dalla Resistenza. Lo fanno per obbedire ai potentati padronali che li comandano e che vogliono cancellare di fatto la Costituzione (nata dalla Resistenza al nazifascismo) i diritti conquistati dalle lavoratrici e dai lavoratori. Lo fanno realizzando quanto previsto dal “piano di rinascita democratica” della P2. Lo fanno con l’autonomia differenziata, con le privatizzazioni selvagge delle attività strategiche e dei servizi pubblici (dalla sanità all’istruzione), con le leggi che ostacolano le garanzie costituzionali a un lavoro sicuro e giustamente retribuito.
Ma è anche necessario rimarcare come, di fronte alla demolizione sistematica dei valori e dei principi costituzionali e all’emergenza democratica che ne consegue, sono molti che, pur credendosi democratici e antifascisti, non solo non percepiscono il pericolo autoritario, ma chiudono gli occhi di fronte ai tanti segnali reazionari che si trovano nelle leggi imposte da un Parlamento sempre più ridotto a ratificatore di decisioni prese in altri luoghi.
E allora, rileggiamo con attenzione e nella sua interezza il discorso che tenne Togliatti quel 11 marzo 1947, perché in esso non è racchiuso solo il nostro passato più glorioso, ma anche, vista l’attualità e la modernità di come sono trattati temi fondamentali, il nostro futuro.
Si notino la statura morale, culturale e politica delle argomentazioni, lo sguardo rivolto al futuro delle generazioni che seguiranno e non ai vili benefici immediati di parte e si capirà come sia necessario e doveroso lottare, come diceva chiaramente Togliatti, perché la Costituzione nata dalla Resistenza sia attuata “secondo quei principî di libertà, di uguaglianza, di giustizia sociale, che sono l’essenza dell’ideologia delle classi lavoratrici, in tutte le forme in cui essa può manifestarsi”.
Viva la Costituzione della nostra Repubblica Democratica e antifascista fondata sul Lavoro. Viva il Partito Comunista Italiano.