Le implicazioni del risultato delle elezioni tenutesi nei giorni scorsi in Sassonia ed in Turingia, importanti lander tedeschi, sono molteplici.
Come sottolineato dall’insieme degli osservatori politici esso investe la Germania ma va oltre.
La sconfitta di socialdemocratici, verdi e liberali è un dato di fatto, così come il successo dell’estrema destra rappresentata da Afd (prima forza politica in Turingia, seconda in Sassonia) e del partito BSW di Shara Wagenknecht (terzo in ambedue i lander) nonché la difficile tenuta della Cdu ed il declino della Linke.
Siamo di fronte ad un risultato che rende assai complicata la definizione dei nuovi relativi governi locali. La responsabilità della scelta circa la loro composizione è in capo ai conservatori: essi sono chiamati a decidere se aprirsi ad Afd, contraddicendo se stessi, o rendersi disponibili ad altre possibili soluzioni.
L’esito del voto ha fortemente indebolito la cancelleria Scholz, e ad un anno da quello politico gli occhi sono ora puntati su quello che si terrà tra un paio di settimane in Brandeburgo, roccaforte socialdemocratica.
Sulle ragioni di tale risultato il dibattito è acceso e va ben oltre tale realtà.
Su di esso ha sicuramente pesato la crisi economica che la Germania, sino a ieri definita la “locomotiva dell’Europa”, oggi oscillante tra stagnazione e recessione, sta attraversando, le forti ricadute della stessa sulle condizioni materiali di larga parte della popolazione, l’insofferenza crescente di quest’ultima.
Una situazione che ha molteplici ragioni, largamente riconducibili alle scelte del governo in carica a livello nazionale, alle loro ripercussioni locali.
Scelte pienamente dentro l’orizzonte datosi dall’Unione Europea, in un quadro di rinsaldata alleanza euro atlantica a guida statunitense, delle quali fanno parte le crescenti sanzioni finanziarie ed economiche assunte nei confronti della Russia, la deriva bellicista in chiave anti russa nella quale anche tale paese, in ossequio ai diktat della Nato, è sempre più immerso.
Non è un caso che su ciò si è concentrata tanta parte della campagna elettorale.
Il nodo è oggi più che mai rappresentato dal rapporto tra la Germania e l’Unione Europea, la sua politica finanziaria, economica, sociale, estera.
L’opposizione crescente alla politica del governo Scholz e dei governi che l’hanno preceduto attiene largamente a ciò, ma le politiche prospettate dalle forze risultate vincitrici di questa tornata elettorale non sono le stesse: ad esempio BSW, nel suo programma, pone una forte enfasi sul preminente ruolo della Stato in economia e nell’assistenza sociale, a differenza dell’Afd.
I nodi da sciogliere sono molteplici, non basterà rispondere, come tanta parte dei mass media stanno facendo, in Germania come in Italia e più in generale, che si tratta di “pericolosi nostalgici”, di “filoputiniani”, etc.
Noi, il PCI, che ci battiamo contro la cultura liberista imperante, il pensiero unico, che siamo contro la deriva bellicista in atto, contro la NATO, per un’altra Europa, guardiamo con grande attenzione a quanto accaduto in Germania, a quanto si prospetta.
L’alternativa è necessaria e possibile assieme.
La segreteria nazionale del PCI