Liberazione delle donne: la vogliamo davvero?

Introduzione al dibattito alla Festa nazionale del PCI a Orvieto

Il 20 settembre 2024 è stato il 154esimo anniversario della Breccia di Porta Pia, quando nel 1870 il generale Lamarmora e i suoi fanti (di cui per fortuna solo 19 perirono) entrarono in Roma e fecero finire lo Stato Pontificio, rendendo Roma capitale del Regno d’Italia. Dopo di allora alcuni palazzi romani rimasero in proprietà privata del papa di turno, fino a quando, l’11 febbraio 1929, Mussolini stipulò con la Santa Sede i Patti Lateranensi, accordi chiamati sinteticamente il Concordato, che diede vita allo Stato della Città del Vaticano. Concordato che sciaguratamente fu inserito nell’articolo 7 della Costituzione Repubblicana. Concordato che dovrà essere spulciato dalla Costituzione appena si verificheranno i necessari rapporti di forza.

Questa data, che dovrebbe ritornare a essere festa nazionale, rappresenta la vittoria della laicità dello Stato, della libertà individuale nella scelta di religioni, filosofie, ateismo, scelte di vita e di morte. La legislazione di uno Stato laico dovrebbe consentire la laicità a tutti/e e solamente prevedere le modalità di esercizio delle scelte di libertà dal punto di vista giuridico (divorzio) e, per alcune (aborto, eutanasia), anche la tutela dal punto di vista sanitario.

L’Italia non è ancora uno Stato completamente laico e le conquiste ottenute sono continuamente attaccate dallo Stato della Città del Vaticano (uno Stato estero rispetto all’Italia, non dimentichiamolo!), oltre che dai partiti di destra. E questi attacchi colpiscono soprattutto le donne, che lo stesso papa Bergoglio, capo di uno Stato estero oltre che di una religione, definisce assassine quando abortiscono, così come chiama assassini i medici che ottemperano alle prescrizioni di una legge dello Stato italiano…

Quindi in una iniziativa sulla liberazione delle donne non potevo che iniziare ricordando questa data del XX settembre, cui per fortuna sono intitolate vie in varie città italiane. 

La condizione delle donne in Italia è la peggiore d’Europa, certificata da indicatori internazionali, soprattutto per quanto riguarda disoccupazione, povertà e numero di figli per donna (indicatore di una condizione che sintetizza i due aspetti precedenti). È peggiorata durante la pandemia da Covid 19 (perdita massiccia di posti di lavoro, lavoro da casa che significa segregazione e sovrapposizione tra lavoro di cura e lavoro per il mercato) e ha continuato a peggiorare durante il governo Meloni (attacco alla legge 194/1978 e ai consultori pubblici)

Le donne in politica sono molte e capaci. Ve ne sono nelle segreterie a tutti i livelli nei partiti di sinistra e nei partiti comunisti. In CGIL rappresentano quasi la metà degli organismi dirigenti ai vari livelli. Non Una di Meno è un movimento che il 28 novembre 2023 (giornata mondiale contro la violenza sulle donne) ha portato in piazza a Roma 500.000 persone ed è attivo in molte città anche medie. Case delle Donne esistono in varie città (Roma, Milano, Torino, Bologna, Modena, Ravenna, Pisa, Lecce…). Associazioni storiche come l’Udi (Unione Donne in Italia) con sede a Roma e l’Unione Femminile Nazionale con sede a Milano. In molte città sono presenti collettivi femministi, associazioni locali, librerie storiche (famosa per le sue elaborazioni la Libreria delle Donne di Milano) e luoghi delle donne di vario tipo. Nei comitati locali a tutela del territorio, dell’ambiente, della salute, per la casa, per il verde pubblico le donne sono in maggioranza e spesso ne sono le promotrici, come ad es. le Mamme No Pfas di Vicenza. Sono attive reti nazionali operanti online come “ecofem”, promossa da Laura Cima, l’Associazione della Magnolia, promossa dalla Casa Internazionale delle Donne di Roma, il Gruppo femminista della Società della Cura. Sono rappresentate in Italia anche reti internazionali come l’Associazione Donne Regione Mediterranea (AWMR), la Global Women for Peace against Nato, la Women’s International League for Peace and Freedom, la Federazione Democratica Internazionale delle Donne (FDIM in spagnolo o WDIF in inglese).

Nonostante tutto ciò le donne in Italia sono ancora succubi del patriarcato e del capitalismo intrecciati, che si rafforzano a vicenda contro le donne.

Le donne di ogni soggetto, che sia solo delle donne o misto, hanno sostanzialmente tutte gli stessi obiettivi, di liberazione e di emancipazione, ma ogni soggetto agisce per sé senza che vi sia un Dio per tutte….

Siamo divise e perciò siamo debolissime. L’irrilevanza di Non Una Di Meno, che si proclama marea, è messa in evidenza, per chi vuole capirlo, dal fatto che alla manifestazione delle e dei 500.000 del 28 novembre è stato dedicato, dai TG della sera, meno di un minuto. La CGIL, nonostante i suoi 5 milioni di iscritti e iscritte, non è ancora riuscita a invertire la tendenza sulla condizione delle donne in Italia, nonostante abbia la consapevolezza che la condizione delle lavoratrici è peggiore di quella dei lavoratori a parità di altri elementi (indagine della Fiom del 2008 sulle lavoratrici metalmeccaniche). Il fatto che la Federazione Lavoratori della Conoscenza /Cgil abbia proclamato lo sciopero transfemminista dell’8 marzo 2023 – sciopero della produzione e della riproduzione – è stato ignorato.

Sono necessarie varie forme di liberazione:

– la completa scelta sul proprio corpo, sessualità e maternità (se e quando essere madri, aborto, legge 194, consultori pubblici, asili nido e scuole per l’infanzia, servizi per anziani e vecchi, frequentissimo abbandono del lavoro dopo la nascita del primo figlio…)

– la liberazione dalle varie forme di violenza: fisica (fino al femminicidio), sessuale (fino allo stupro, anche di gruppo), psicologica, economica. Opera in tal senso D.i.Re Donne in Rete contro la Violenza

– la liberazione dallo sfruttamento capitalistico del lavoro, che si potrà ottenere solo con il superamento del sistema capitalistico; ma qualcosa di può fare anche adesso, come ad es. ottenere la effettiva parità retributiva tra uomini e donne a parità di mansione, l’equiparazione dei congedi parentali, la retribuzione svincolata dalla produttività e dalla presenza sul luogo di lavoro, il contrasto al demansionamento al ritorno dopo la maternità, il superamento del tempo parziale imposto…)

– la liberazione dalla guerra, che è figlia del capitalismo, come mise bene in luce già Rosa Luxemburg; in qualsiasi guerra le donne sono sempre perdenti, sia che appartengano al popolo cosiddetto vincitore sia al popolo cosiddetto vinto; sono sempre le donne che vedono morire figli, mariti, fratelli; sono sempre le donne che vengono stuprate e sempre più spesso deportate, costrette alla fuga, uccise, dato che le guerre moderne colpiscono sempre più massicciamente la popolazione civile.

Un primo giro su ciò che oggi soggetto presente stasera fa per le donne.

Un secondo giro: 1) sulla indispensabilità di costruire relazioni e alleanze tra i soggetti delle donne e le donne dei soggetti misti, cioè tra le donne delle varie forme della politica, intendendo per politica qualsiasi forma di attività che riguardi la vita collettiva (partiti, sindacati, associazioni, movimenti, collettivi, comitati di base…), l’UNIONE FA LA FORZA. Concordare e precisare gli obiettivi di volta in volta tra i vari soggetti, unificare le lotte, sostenere le lotte degli altri soggetti con azioni contemporanee concordate in modo da rafforzarsi a vicenda;

2) sulle difficoltà che generano diffidenza, contestazione, contrasto, rifiuto perfino al semplice contatto e al dialogo. Difficoltà dovute alle differenti origini storiche (partiti e sindacati nati a cavallo tra ‘800 e ‘900,  con forma organizzativa basata sulla rappresentanza e su meccanismi elettivi, sostanzialmente a opera di soli uomini in un’epoca in cui le donne erano relegate in casa, relegate nel privato, private cioè della dimensione pubblica; movimenti, collettivi e comitati nati negli anni ‘60 del ‘900 in forma fluida e con andamento carsico, con il rifiuto della rappresentanza, che poi si ripropone di fatto come elemento indispensabile di funzionamento di qualsiasi organismo. Difficoltà dovute alla differente dimensione e al presupposto (tragicamente illusorio) di possedere i veri obiettivi e l’unica forma efficace di azione politica. I nodi di Non Una Di Meno di Roma e di Perugia si sono rifiutati di partecipare al dibattito odierno perché proposto dalle donne di un partito, nonostante tali donne siano femministe, oltre che comuniste. Alcuni luoghi storici delle donne (l’Unione Femminile Nazionale di Milano e il Giardino dei Ciliegi di Firenze) rifiutano di ospitare convegni proposti da donne di un partito, anche se comuniste e femministe, anche quando i convegni proposti sono mirati al dialogo tra donne di varie forme della politica. Si privilegia la forma organizzativa (un semplice guscio) rispetto agli obiettivi e alle proposte (la polpa), come se i partiti fossero tutti uguali.

3)  sulla disponibilità ad avviare la costruzione di alleanze, di azioni e lotte comuni tra donne delle varie forme della politica.

In questa situazione LA LIBERAZIONE DELLE DONNE IN ITALIA LA VOGLIAMO DAVVERO?

I due soggetti principali per costruire l’unità d’azione tra donne sono a mio parere la CGIL, che dovrebbe ritrovare la combattività che aveva ai tempi di Giuseppe Di Vittorio e di Teresa Noce, e Non Una Di Meno, movimento formato in prevalenza da giovani, con la sua carica di entusiasmo e di radicalità, che dovrebbe però rendersi conto della situazione complessiva dei rapporti di forza tra i generi e soprattutto del fatto che come donne dobbiamo lottare TUTTE contro il blocco economico/finanziario/militare/religioso che è insieme capitalistico e patriarcale.

Maria Carla Baroni
responsabile nazionale Politiche di genere PCI

One Comment

  1. Vittoria Criscuolo

    Buongiorno, leggo una frase falsamente attribuita al Papa in questo articolo, quando si afferma:
    (…) L’Italia non è ancora uno Stato completamente laico e le conquiste ottenute sono continuamente attaccate dallo Stato della Città del Vaticano (uno Stato estero rispetto all’Italia, non dimentichiamolo!), oltre che dai partiti di destra. E questi attacchi colpiscono soprattutto le donne, che lo stesso papa Bergoglio, capo di uno Stato estero oltre che di una religione, definisce assassine quando abortiscono, così come chiama assassini i medici che ottemperano alle prescrizioni di una legge dello Stato italiano…(…)
    Il Papa non ha mai detto che le donne sono assassine, ha detto invece che l’aborto è un omicidio e che lo dice la scienza: la vita umana inizia dal concepimento e da lì c’è un essere vivente appartenente alla specie umana. Informo che non è un sasso non è una pianta che poi, magicamente, diventerebbe un bambino!
    Quindi, si possono fare tutte le manifestazioni che il nostro Paese libero e democratico consente, pacificamente, ma affermando la verità: libertà di abortire significa libertà di commettere l’omicidio del proprio figlio.
    Vittoria Criscuolo
    Vicepresidente Comitato “ Pro-life insieme “
    http://www.prolifeinsieme.it

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