Il pasto del sistema

Il sistema nel quale viviamo è una macchina che si nutre della vita di chi lavora e sputa profitti nelle tasche e nelle banche di pochi privilegiati che la controllano. E non importa chi siano le vittime. Operai, impiegati, partite IVA, piccoli padroncini, artigiani, braccianti, uomini, donne, giovani, vecchi, col posto fisso, precari… siamo tutti coinvolti, siamo tutti il “pasto del sistema”.

Si guardino i numeri della guerra del lavoro e si cominci a ragionare. A prendere coscienza. Il riferimento deve essere l’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro curato da Carlo Soricelli perché è l’unico che rileva i morti sul lavoro direttamente dalle notizie che appaiono sugli organi di informazione, nazionali e locali, considerando tutti e non solo quelli derivanti dalle denunce a INAIL. Dall’Osservatorio vengono forniti, quindi, dati più “pesanti” rispetto a quelli “ufficiali”. È così che, se si vuole, si viene a conoscenza che nei primi 9 mesi del 2024 sono morte 778 persone per infortunio nei luoghi di lavoro e 1018 se si considerano anche i decessi in itinere.

Settecento settantotto, sì, avete letto bene ed è spaventoso. È una guerra della quale non si vede la fine, che toglie speranza e regala rassegnazione. Si rifletta, in tutto il 2022 i morti per infortunio nei luoghi di lavoro sono stati 757, nel 2021 furono 692. Nei primi nove mesi del 2023 erano 731. Si prenda atti che bisogna cambiare in profondità il sistema che produce, solo nei luoghi di lavoro, centinaia di morti ogni anno ai quali si devono aggiungere i decessi in itinere, quelli per malattie professionali, gli invalidi, i malati… è o non è una strage?

E chi ci governa, chi comanda, cosa fa? Poco o niente, anzi peggiora la situazione. Si inventa la patente a punti (come se la vita di chi lavora fosse quantificabile con qualche punto in meno come se la morte fosse un’infrazione qualsiasi), la legge 103 che prevede che le visite ispettive nelle imprese debbano avvenire con almeno 10 giorni di preavviso, aumentano l’età pensionabile, approvano la legge sugli appalti e i subappalti in cascata, si accorgono del caporalato solo quando succede qualche fatto raccapricciante e lo fanno pronunciando qualche frase di circostanza, non vogliono stabilire un salario minimo incentivando lo sfruttamento e la precarietà, non istituiscono il reato di omicidio sul lavoro (dicono che non serve), lasciano che il lavoro sia sempre più faticoso, difficile, povero … e privatizzano tutto, dalla sanità all’istruzione, ai trasporti, rendendo ancora più povero e indifeso chi lavora. Senza dimenticare la recente approvazione alla Camera (dovrà in breve tempo passare al Senato) del DDL 1660, pomposamente chiamato “decreto sicurezza), che prevede, tra l’altro, pene molto pesanti per chi protesta, manifesta, fa presidi e picchetti davanti ai cancelli dei luoghi di lavoro. Chi difende il proprio lavoro, chi magari si organizza e scende in piazza rischia numerosi anni di carcere.

Tolta la maschera populista, questa è la vera faccia di chi ha il potere. Benefici per i padroni, investimenti nelle armi e nelle guerre, povertà e danni per lavoratrici e lavoratori. Per i quali non esiste né sicurezza né giustizia tant’è che, nei processi sulle morti nel lavoro, raramente si vede qualche condanna e, quando c’è è blanda o preventivante cancellata dalla prescrizione. Per uscire da questo disastro non possiamo accettare la rassegnazione che ci vogliono imporre. Siamo divisi, è vero, stanchi individui che non hanno la forza di opporsi al mostro che abbiamo davanti e che condiziona la nostra vita ma dobbiamo pur fare qualcosa. Uniamoci, apriamo i conflitti là dove è possibile, necessario e utile farlo. Difendiamo la nostra nazione, che non è quella geografica, ma quella di chi lavora, dei diseredati, degli sfruttati. Costruiamo il progetto di un nuovo modello di sviluppo che trasformi l’attuale e che ci permetta di vivere con dignità e benessere, sfruttando tutte le innovazioni tecnologiche (compresa l’intelligenza artificiale) delle quali noi, collettivamente, dobbiamo esserne proprietari e mantenerne il controllo. Non lasciamo che ogni beneficio aumenti la ricchezza di pochi privilegiati. Noi dobbiamo avere fame di giustizia. È nostro diritto lavorare meglio, meno, in sicurezza e con il giusto compenso. È nostro diritto vivere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *