È stato un congresso, quello del Partito dei Comunisti de Catalunya, tenutosi a Barcellona al teatro del Poblenou il 13 e 14 dicembre, che segna la presenza di un importante forza politica e sociale dentro un contesto come quello catalano e più ampiamente inteso, anche spagnolo, che mantiene degli elementi civili di resistenza alla mentalità individualistica neoliberale e alle sue propaggini para-fasciste, sicuramente in questo periodo molto più che in Italia.
Come delegazione estera del PCI con rispetto abbiamo assistito al discorso del segretario generale Hector Sanchez Mira, e a diversi contributi interni ed esterni, mantenendo un approccio laico senza interferenze alla questione interna fortemente federalista posta da questo partito (tenendo conto anche delle posizioni del Partito Comunista di Spagna), ma ringraziando sentitamente il PC Catalano per l’invito rivoltoci.
In un tour storico per la città di Barcellona, focalizzato sulle rivolte popolari, sull’esperienza Repubblicana e la guerra (con i bombardamenti spietati sulla città dell’Italia fascista e della Germania nazista), ci si è soffermati soprattutto sul periodo della repressione franchista, che vide dal 1939 al 1955 il suo periodo più cruento, dove si stima – da studi indipendenti – che in tutta la Spagna siano sparite in fosse comuni, mai strutturalmente studiate, 2 milioni di persone.
Particolarmente toccante è stata la visita al carcere delle torture di Barcellona, la Prison Modélo, dove i prigionieri negli anni cinquanta del Novecento arrivarono a stare in 26 in una cella per due persone a dir tanto.
Il lavoro della monarchia spagnola con una reale memoria storica è completamente assente. Questo è il motivo per il quale, in fondo, l’unica concreta e reale forma di democrazia passa attraverso la struttura Repubblicana dello stato, che per fortuna in Italia ottenemmo quasi ottant’anni fa.
Luc A. Rodilosso – dipartimento esteri PCI