I latitanti

Dal 1° gennaio 2024 al 18 dicembre 2024, sono 1023 i morti per infortunio nei luoghi di lavoro. Questa notizia non appare nella grande informazione italiana, eppure succede, come riferisce Carlo Soricelli nel suo Osservatorio Nazionale morti sul lavoro.

È una strage, una guerra che si sta combattendo contro chi lavora magari non per odio ma con indifferenza. Con quel silenzio complice che corrode la società civile, la democrazia stessa.

Una strage, si diceva, che cresce di anno in anno se è vero (e lo è) che in tutto il 2023 i morti sul lavoro sono stati 985, nel 2022 furono 757, nel 2021 “solo” 695.

Nei dati sopra riportati, nei quali non sono conteggiati i decessi in itinere né quelli dovuti a malattie professionali, si capisce come la crescita sia drammatica e smentisca quelle tante dichiarazioni “ufficiali” che tendono a coprire e a minimizzare la tragedia che avviene ogni giorno nei cantieri, nelle fabbriche, nei campi, negli uffici del nostro Paese.

Bisogna insistere per capire quello che sta succedendo e quello che non viene fatto. Rispetto all’anno precedente, il 2022 ha registrato un incremento di 63 morti, il 2023 di 128 unità, il 2024 (e non è ancora finito) di 38.

Dati, numeri, unità: sono queste le parole che si usano abitualmente. Bisogna avere coscienza che dietro la loro freddezza si nasconde il gelo della morte di lavoratrici e lavoratori. Persone, insomma, alle quali è stata tolta la vita, uccise in quella che dovrebbe essere un’attività di riscatto e di crescita sociale.

Non ci si deve mai stancare di ripetere che questi “omicidi sul lavoro” non sono fatalità e che la responsabilità non è di chi muore ma di chi considera il lavoro una merce e la sicurezza un costo, di chi dà priorità al profitto rispetto alla vita e al benessere di chi vive del proprio lavoro, di chi dovrebbe agire e non fa nulla, anzi, trasferisce le risorse pubbliche – necessarie e utili per garantire sicurezza, retribuzioni adeguate, lotta alla precarietà, sanità, istruzione, trasporti, casa – all’acquisto di armi, alla realizzazione di opere faraoniche e dannose come il ponte di Messina e in altre “cose” ben meno importanti della salute e della vita della collettività. Anzi, si approvano leggi che permettono appalti e subappalti a cascata, che incentivano la precarietà, che, nei fatti, non contrastano sufficientemente il caporalato, che obbligano ad andare in pensione sempre più tardi, che attenuano le regole e i vincoli che potrebbero garantire un minimo di sicurezza nei cantieri.

Tutto accade nel delirio indifferente dei “latitanti” di una classe dirigente diventata oligarchia. Come se fosse normale che il lavoro possa essere diventato sempre più pericoloso, faticoso, stressante, povero e utile solo ad aumentare i profitti e le ricchezze di chi è già straordinariamente ricco.

Ma tant’è, sembra che ci vogliano abituare alla morte.

AGGIORNAMENTO

Venerdì 20 dicembre, alle ore 16 presso la Fondazione Carisbo di Via Farini 15 a Bologna, sarà inaugurata la mostra delle opere di Carlo Soricelli sul dramma della mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Andiamola a vedere, percorriamo quella via Crucis laica così carica di smarrimento, dolore, sofferenza e, perché no, speranza che quegli “omicidi sul lavoro” possano effettivamente essere cancellati. Fermiamoci a pensare e cerchiamo di prendere coscienza che non è con l’attesa che cambieranno le cose e nemmeno con la rassegnazione ma solo con la lotta contro un sistema profondamente sbagliato e inumano.

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