2024: un anno orribile (sul fronte del lavoro)

4 gennaio 2025

Il 2024 è stato l’anno peggiore da quando è stato aperto l’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro curato da Carlo Soricelli.

Oggi, infatti, sul sito dell’Osservatorio (https://cadutisullavoro.blogspot.com/) si può leggere quanto segue: “Nel 2024 sono morti complessivamente 1481 lavoratori, di questi 1055 sui luoghi di lavoro, gli altri in itinere e sulle strade. Ci sono anche i morti non assicurati a Inail o che hanno assicurazioni diverse“.

Nel 2023, i morti per infortunio nei luoghi di lavoro, sono stati 985. L’incremento è di 70 unità, +7%.

Nel 2022, furono 757. In due anni ci sono 298 morti in più pari a oltre il +39%.

E c’è ancora qualcuno che si ostina a dire che le morti sono in calo. Cosa sono, tali affermazioni, se non, a voler essere buoni, una sottovalutazione della questione della totale mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro? Non sono, forse, una forma di autoassoluzione per non aver fatto praticamente nulla per contenere questa strage?

Mancano le risorse, ci dicono, considerando gli investimenti per garantire un lavoro sicuro e ben retribuito (diritti fondamentali alla base della nostra Costituzione); investimenti che vengono dopo il profitto d’impresa, le spese militari, la costruzione di opere faraoniche e inutili come il ponte sullo stretto di Messina.

I dettami che seguono i “signori” che ci governano si possono riassumere in poche frasi: tutto deve essere fatto in funzione non del benessere di chi lavora, ma del guadagno dei soliti (pochi) ricchi perché gli stessi possano diventare sempre più ricchi. Al massimo chi lavora può contare su qualche “bonus” sempre più ridotto a elemosina una tantum che non risolve nulla. Non esiste nessun piano industriale, nessuna riconversione, nessuna prospettiva. La crescita è solo quella delle ricchezze di quell’esigua minoranza di padroni alla quale viene garantita la socializzazione delle perdite. Lo Stato ha perso il suo protagonismo: le sue prerogative costituzionali vengono cedute ai privati, confidando nel mercato, unico “dio” a cui prostrarsi.

Così il lavoro, per chi lo fa per vivere, è diventato sempre più ostile, faticoso, mal pagato, lungo, pericoloso, mortale.

Non serve che si affermi che “Il rispetto verso gli altri rappresenta il primo passo per una società più accogliente, più rassicurante, più capace di umanità. Il primo passo sulla strada per il dialogo, la collaborazione, la solidarietà, elementi su cui poggia la nostra civiltà. Rispetto della vita, della sicurezza di chi lavora. L’ultima tragedia pochi giorni fa, a Calenzano: cinque persone sono morte. Non possono più bastare parole di sdegno: occorre agire, con responsabilità e severità. Gli incidenti mortali – tutti – si possono e si devono prevenire”. (dal Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella).

Frasi che non si possono che condividere, certo, ma che restano solo parole ininfluenti se si approvano e si firmano decreti e leggi che, di fatto, liberalizzano gli appalti e i subappalti a cascata, che criminalizzano le proteste dei lavoratori, che rendono il lavoro sempre più povero e precario, che prevedono che le ispezioni sulla sicurezza nei cantieri avvengano dopo preavviso, che non colpiscano duramente lo sfruttamento, che non prevedano il reato penale di omicidio sul lavoro.

Forse è ora di prendere coscienza e ricominciare a lottare almeno per riconquistare quei diritti che progressivamente ci hanno tolto.

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