I diversi organi di stampa ed informazione del nostro Paese hanno opportunamente dato ampio risalto all’accordo raggiunto nella giornata di ieri a Doha, capitale del Qatar, con la mediazione dei governi qatariota ed egiziano, tra le rappresentanze di Hamas ed Israele. Tale intesa sancisce, con decorrenza domenica 19 gennaio, la tregua tra le parti dopo gli oltre 15 mesi di guerra che hanno investito la Striscia di Gaza il cui drammatico bilancio (oltre 50000 morti e 100000 feriti palestinesi, per gran parte civili, ai quali si sommano oltre 10000 dispersi e la distruzione della maggior parte degli edifici) è sotto gli occhi di tutti.
Si tratta di un piano articolato, che attraverso immediati aiuti umanitari, un progressivo rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas e dei prigionieri palestinesi detenuti da Israele, unitamente ad un progressivo ritiro di quest’ultimo dalla Striscia, dovrebbe approdare ad un piano di ricostruzione della realtà interessata da attuarsi in tre/cinque anni sotto la supervisione internazionale. Tale accordo porta con sé anche l’immunità per il premier israeliano Benyamin Netanyahu che in relazione all’azione messa in campo dall’esercito israeliano a Gaza è stato fatto oggetto di una richiesta di arresto da parte della Corte Penale Internazionale.
Come confermato dal Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che ha da subito dichiarato il rispetto di ciò unitamente alla disponibilità di inviare militari italiani nell’area qualora fosse richiesto dall’ONU a sostegno del processo al quale rinvia l’accordo in questione. Come largamente previsto, è partita la corsa del presidente USA uscente Joe Biden e di quello che si insedierà formalmente il giorno 20 del corrente mese Donald Trump, ad intestarsi il merito di avere spinto in tale direzione sino ad imporre l’intesa raggiunta, ed altrettanto ovviamente da parte di tanta parte della politica italiana a tessere le lodi di questo o quello.
Le manifestazioni di giubilo che hanno accompagnato tale intesa da parte della popolazione civile palestinese ed anche di quella israeliana, a partire dalle famiglie degli ostaggi dei quali si attende la liberazione, sono oltremodo emblematiche dell’importanza dell’accordo raggiunto.
Tuttavia, come da più parti sottolineato, tale accordo, che necessita della ratifica da parte del governo israeliano (la contrarietà dell’estrema destra che ne è parte è nota) ancorché rispettato, non significa la parola fine ad un conflitto che risale a ben prima del 7 ottobre, a ciò che ne è seguito, ossia una pace duratura, men che meno la soluzione della questione palestinese.
Pesano al riguardo molteplici fattori: ad esempio la parziale rappresentanza della popolazione palestinese da parte di Hamas, il come lo stesso è stato ed è vissuto da parte di Israele, la cui politica espansionista non è certo venuta meno (anche ciò che accade in Libano ed in Siria lo sottolinea), quale è il progetto dell’imperialismo USA nell’area del Medio Oriente, quale ruolo è concretamente possibile in capo ad un ONU che l’uno e gli altri hanno apertamente svilito sino a renderlo una sorta di simulacro, etc.
Noi siamo e restiamo in campo contro la guerra, per la pace, ed auspichiamo che dalla tregua si approdi ad essa, perché il popolo palestinese veda riconosciuti i propri diritti, possa decidere del proprio futuro, perché chi ancora non lo ha fatto, a partire dall’Italia, riconosca lo Stato di Palestina. La tregua tra Hamas ed Israele è una buona notizia, ma occorre andare con determinazione in tale direzione, solo coì può trovare risposta la questione palestinese, che data da quando l’occidente decise nel 1948 di affermare lo stato di Israele sulla terra di Palestina.
Il Partito Comunista Italiano