TRUMP REINSERISCE CUBA NELLA LISTA DEI PAESI CHE “SPONSORIZZANO” IL TERRORISMO.

IL PCI CON CUBA E I PROCESSI DI LIBERAZIONE LATINOAMERICANI, CONTRO IL “BLOQUEO” E OGNI FORMA DI INTERVENTISMO USA

Il 14 gennaio 2025 l’Amministrazione uscente di Joe Biden ha escluso Cuba dalla lista dei Paesi che “sponsorizzano” il terrorismo. Nel maggio 2024 il governo USA aveva escluso l’Isola dalla lista degli Stati che non collaborano pienamente nella lotta al terrorismo.

Per molti mesi dunque, secondo gli USA, il governo de L’Avana avrebbe sponsorizzato il terrorismo pur collaborando nel combatterlo.

La contraddittorietà di questa posizione era soltanto apparente, se consideriamo le esigenze della campagna elettorale presidenziale statunitense, finita con la vittoria di Donald Trump.

Il voto degli immigrati di origine cubana ha un’importanza elettorale molto rilevante. Secondo un sondaggio condotto dall’Università della Florida la maggior parte dei cittadini statunitensi originari della nazione caraibica sono favorevoli alle relazioni diplomatiche, alla vendita di cibo e medicine, al miglioramento delle relazioni fra i due Paesi. Ciò sottolinea anche la differenza degli orientamenti tra i cubani immigrati negli USA negli ultimi decenni, soprattutto per motivi economici, e i cosiddetti “esuli” che abbandonarono la loro patria nei primi anni della Rivoluzione, andando a conformare un’opposizione all’estero su posizioni revansciste e in buona parte favorevole ad atti di terrorismo contro la Rivoluzione.

La posizione degli Stati Uniti, che impongono (anche ai paesi terzi) da più di 60 anni un feroce blocco commerciale nei confronti del Paese socialista latinoamericano, è sempre più insostenibile, moralmente e politicamente. Ormai da tanti anni l’Assemblea Generale dell’ONU vota pressoché all’unanimità per la fine del “bloqueo” e all’interno degli stessi USA si moltiplicano le pressioni non solo dell’opinione pubblica, ma anche di imprenditori e commercianti che ne hanno le tasche piene di un blocco che non è servito agli scopi sovversivi che si proponeva e che vogliono essere liberi di fare affari sul mercato cubano.

Togliere Cuba dalla lista degli Stati “che non collaborano pienamente nella lotta al terrorismo” ha rivelato insomma sia un dover arrendersi all’evidenza che un tentativo da parte del Partito Democratico di mantenere o conquistare il voto di una quota consistente di elettori di origine cubana.

Nello stesso tempo, non cancellare L’Avana dalla lista dei governi che “sponsorizzano il terrorismo”, ha significato mantenere un piede sull’altra staffa, nel tentativo di giustificare e continuare la persistente politica anticubana di tutte le Amministrazioni USA che si sono succedute dal 1959 ad oggi e di non perdere sostegni elettorali ugualmente utili.

La chiara e assoluta verità è che Cuba non solo non patrocina il terrorismo ma che, al contrario, è stata una vittima soprattutto del terrorismo (quello si) patrocinato dalle Amministrazioni e Agenzie USA dal 1959 ad oggi.

L’atto compiuto da Joe Biden nei suoi ultimi giorni da Presidente, che manteneva comunque in piedi l’infame blocco economico-commerciale, è avvenuto dopo mesi di mobilitazione internazionale, alla quale anche il Partito Comunista Italiano ha partecipato.

Era un atto teso a lasciare a Trump il cerino in mano acceso, rendendolo responsabile di futuri passi indietro e di una recrudescenza della politica anticubana. Il tutto sempre per calcoli politico-elettorali.

Passi indietro che sono avvenuti subito. Appena 24 ore dopo che Biden ha rimosso Cuba dalla lista, il senatore della Florida (e dal 20 gennaio nuovo Segretario di Stato) Marco Rubio ha affermato che l’Isola ha tutti i requisiti per essere considerata uno Stato sponsor del terrorismo e che la nuova Amministrazione di Donald Trump “non è obbligata a rispettare gli accordi dell’ultimo minuto di Biden”.

E infatti uno dei primi atti della nuova Amministrazione Trump è stato quello di revocare l’esclusione di Cuba dalla lista suddetta.

Non ci sono dubbi sul fatto che nei prossimi quattro anni di mandato presidenziale Trump farà il possibile per rovesciare il governo e la Rivoluzione cubani, la Rivoluzione Bolivariana del Venezuela e ogni esperienza o tentativo, in corso o possibile, di affrancamento dell’America Latina dalla dipendenza e sfruttamento da parte dello “Zio Sam”.

Rispetto alle forme assunte dall’imperialismo statunitense negli ultimi decenni siamo probabilmente di fronte ad un salto di qualità che non escluderà la combinazione di golpe “soft” politico-istituzionali (il cosiddetto “lawfare”) con interventi militari veri e propri.

Del resto nell’ultimo periodo della prima Amministrazione Trump (2017-2021), l’allora Segretario di Stato Mike Pompeo affermò chiaramente che gli USA non avrebbero tollerato l’affermazione del socialismo in America Latina e che un intervento militare statunitense in Venezuela era una possibilità concreta.

“L’America agli americani”, cioè agli USA, è la dottrina ideologica che ha sempre guidato la politica estera nordamericana dal 1823 ad oggi. Le affermazioni di Trump sul Venezuela rendono ben chiare le intenzioni di Washington: “Il Venezuela galleggia su un mare di petrolio e noi siamo costretti a pagarlo per averlo”.

Groenlandia, Canale di Panama, petrolio venezuelano… È un’ingiustizia che gli Stati Uniti non possano disporne come vogliono! America First!

PARTITO COMUNISTA ITALIANO – Dipartimento Esteri

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