A conclusione del Vertice per l’azione sull’IA, tenutosi il 10 e 11 febbraio a Parigi, che aveva l’obiettivo di stabilire le basi scientifiche, le soluzioni e gli standard per un’Intelligenza Artificiale più sostenibile al servizio del progresso collettivo e dell’interesse generale è stata sottoscritta da 61 paesi una dichiarazione che stabilisce alcune priorità che è bene segnalare:
Promuovere l’accessibilità dell’IA per ridurre il divario digitale.
Garantire che l’IA sia aperta a tutti, inclusiva, trasparente, etica, sicura e affidabile, nel rispetto dei quadri internazionali.
Consentire l’innovazione nel campo dell’IA creando le condizioni favorevoli al suo sviluppo ed evitando la concentrazione del mercato, sostenendo così la ripresa industriale e lo sviluppo.
Incoraggiare un’implementazione dell’IA che abbia un impatto positivo sul futuro del lavoro e dei mercati del lavoro e che apra prospettive di crescita sostenibile.
Rendere l’IA sostenibile per le popolazioni e il pianeta.
Rafforzare la cooperazione internazionale e promuovere il coordinamento della governance internazionale.
Cina e India sono tra i firmatari, mentre USA e UK si sono rifiutati di sottoscrivere la dichiarazione. Il vicepresidente degli Usa James David Vance, giustificando tale rifiuto, ritiene che il contenuto della dichiarazione rappresenti una eccessiva regolamentazione tale da poter uccidere un’industria in forte espansione. Tra l’altro ha affermato “Faremo ogni sforzo per incoraggiare politiche di intelligenza artificiale a favore della crescita” e “gli Stati Uniti sono leader nel campo dell’intelligenza artificiale e la nostra amministrazione vuole che restino tali”.
Al di là dei reali risultati della dichiarazione di Parigi e della sua effettiva realizzazione non si può (né si dovrebbe) rilevare come la prospettiva degli Stati Uniti e del Regno Unito sia quella di considerare la tecnologia un bene personale non tanto degli stati ma di quei monopoli privati ai quali si cedono ricchezza, potere e controllo dello sviluppo tecnologico mondiale (e quindi la politica stessa). È il trionfo del capitalismo più becero che riporta indietro l’orologio della storia a una situazione ottocentesca di brutale sfruttamento di persone e ambiente. Le nuove tecnologia diventano, di fatto, nuove risorse per le quali si possono scatenare guerre imperialiste e coloniali. Il caso dello sfruttamento e della proprietà delle terre rare (diventata merce di scambio nella questione ucraina) ne è un esempio eclatante.
I comunisti non possono sottovalutare una questione foriera di un futuro di crescenti disuguaglianze e di pericolosissimi conflitti anche armati. È un terreno di scontro che non può essere lasciato a competizioni tra monopoli privati che puntano unicamente ad aumentare profitti e potere con l’obiettivo di esautorare qualsiasi parvenza di solidarietà e democrazia. Le nuove tecnologie e l’IA devono essere considerate beni comuni, la loro proprietà e il loro controllo devono essere socializzate. Per questo bisogna iniziare una battaglia nella quale le forze sociali e politiche realmente democratiche si uniscano per contrastare quello che si prospetta come “il medioevo prossimo venturo”.
La parola d’ordine “Più Stato e meno mercato” non è mai stata attuale come lo è oggi.