Lo stillicidio continua senza tregua. Da inizio anno al 10 marzo sono 176 i morti per infortunio nei luoghi di lavoro (fonte: Osservatorio nazionale di Bologna morti sul lavoro a cura di Carlo Soricelli). Una media di circa 18 decessi alla settimana e, come si può notare, la già flebile attenzione mediatica su questa carneficina è, se possibile, addirittura diminuita.
Che fare se non indignarsi per l’indifferenza e l’apatia istituzionale verso quella che dovrebbe essere percepita come emergenza e non è che un evento ormai ordinario, incapace di scuotere le coscienze?
Il problema è che nessuno fa qualcosa. Nessun investimento e nessuna risorsa vengono destinati a misure concrete che potrebbero almeno contenere queste tragedie che ogni giorno colpiscono chi vive del proprio lavoro, anzi. Si chiede ai popoli della UE di destinare 800 miliardi di euro per il riarmo e si tagliano le risorse per il lavoro e i servizi sociali perché mancano i soldi. Ma può essere una cosa tollerabile spendere cifre assurde per la guerra e mandare a morire lavoratrici e lavoratori incentivando sfruttamento, bassi salari, precarietà e cancellazione dei diritti? E può essere accettabile ritenersi assolti e credersi “belle persone” (magari pure democratiche) perché si partecipa a una manifestazione in difesa di una UE bellicista pronta ad armarsi trascurando la necessità di “far scoppiare la Pace”?
È necessario opporsi alla deriva bellicista e farlo da subito, tutte e tutti, per il diritto a vivere in Pace, con un lavoro sicuro, migliore e meglio retribuito che permetta il riscatto e la crescita sociale. Per vivere e non per morire nei campi di battaglia, sotto i bombardamenti delle guerre conclamate o di quella, vera e propria, che uccide centinaia di lavoratrici e lavoratori ogni anno nelle fabbriche, nei campi, sulle strade, nei cantieri…
Non rassegniamoci e ribelliamoci per cambiare il sistema di morte che siamo costretti a subire.