Carlo Soricelli ci informa che nei primi 170 giorni di quest’anno i morti per infortunio nei luoghi di lavoro sono 490 (700 se si considerano anche i decessi in itinere).
Numeri impressionanti che, in pratica, raggiungono quelli del 2024 e, con l’itinere, addirittura li superano. Il 2024 è stato l’anno peggiore da quando l’Osservatorio nazionale morti sul lavoro è attivo.
Il 21 giugno 2024 si contavano 500 morti nei luoghi di lavoro e 672 complessivi in itinere. Alla stessa data del 2023 furono rispettivamente 403 e 616. Un crescendo drammatico che, però, non ha indotto i nostri governanti a prendere provvedimenti, oltre a qualche dichiarazione di circostanza.
È bene ricordare che dalla seconda parte del 2023 è in vigore il Codice appalti (decreto legislativo n. 36, del 31 marzo 2023) e il Correttivo Codice appalti (decreto legislativo n. 209, del 31 dicembre 2024). È lecito chiedersi se l’aumento esponenziale dei morti nei luoghi di lavoro possa essere anche effetto di una legislazione, fortemente voluta dall’attuale governo, che ha liberalizzato appalti e subappalti a cascata rendendo meno sicuro il lavoro?
La questione della mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro rivela come sia necessario cambiare radicalmente il sistema di produzione, combattendo l’indifferenza, la rassegnazione allo sfruttamento, avendo coscienza che il progresso non possa essere il profitto di impresa ma la crescita personale, culturale e sociale dei lavoratori.
Infine ricordiamo che un anno fa, il 18 giugno 2024, su ansa.it si poteva leggere: “Gravissimo incidente sul lavoro oggi pomeriggio in una azienda agricola in provincia di Latina, nei pressi di Borgo Santa Maria, dove un lavoratore di nazionalità indiana addetto al taglio del fieno ha avuto un braccio staccato da un macchinario e riportato altre gravi fratture. All’orrore dell’incidente si aggiunge il fatto che, invece di essere soccorso dai datori di lavoro, è stato scaricato come un sacco di rifiuti in prossimità della sua abitazione”.
Quel lavoratore si chiamava Satnam Singh, non era un numero ma una persona.
Da allora nulla è cambiato: nei campi, e non solo, continua lo sfruttamento bestiale di persone che, a causa dell’indifferenza di tanti, diventano “cose” che non meritano niente, neppure il ricordo. Ebbene, noi dobbiamo lottare anche per loro, perché è necessario riprenderci la vita con un lavoro sicuro, migliore e meno faticoso.