Ennesima bocciatura per il Governo Meloni; la Corte di Cassazione, attraverso l’Ufficio del Massimario, solleva gravi dubbi di costituzionalità sul cosiddetto Decreto Sicurezza e in 129 pagine mette a fuoco tutte le problematiche e le criticità per molta parte già stigmatizzate in sede politica anche dal nostro partito e contenute nei trentotto articoli del governo. Pur essendo quello espresso dalla Corte un parere non vincolate, sicuramente costituisce una base per eventuali ricorsi presso la Corte Costituzionale.
In un’analisi gli esperti affermano che:
– Non c’erano i requisiti di urgenza per varare il decreto.
– Il testo è confuso e disomogeneo.
– Alcune norme rischiano di violare i diritti fondamentali, limitando libertà di sciopero, manifestazione e dissenso.
L’assunzione del pacchetto sicurezza riproposto pari pari nel DDL senza necessità d’urgenza, evitando quindi i passaggi parlamentari, ha, di per sé, prodotto un caso unico che è stato stigmatizzato dalla stessa Corte.
I richiami dei tanti costituzionalisti, di tanti professori di diritto e di vari magistrati avrebbero dovuto quanto meno portare il Governo ad una riflessione nell’evitare il ricorso all’articolo 72 e ai regolamenti parlamentari circa la decretazione d’urgenza invece l’arroganza l’ha fatta da padrone.
La Corte nella disamina pone interrogativi gravi e inquietanti circa la violazione dei diritti umani, circa l’incertezza applicativa e la violazione dei principi costituzionali.
La stessa natura del provvedimento che intende mettere insieme materie diverse: dal terrorismo alla commercializzazione della cannabis, alla minaccia per la sicurezza e la salute pubblica, a casi riguardanti le rivolte in carcere è assolutamente preoccupante.
Il risultato è significativo perché mette a nudo il vero volto del governo che attraverso l’inasprimento delle pene e la costrizione dei diritti pensa di dare risposte che hanno invece necessità di interventi politici seri capaci di incidere nel tessuto sociale del Paese.
Quella emersa non è una sentenza vincolante ma rappresenta un segnale politico forte e allarmante.
Come Partito Comunista Italiano avevamo già denunciato questo pericolo sin dal 19 settembre 2024 definendo il DDL 1660 e il decreto attuativo per ciò che sono: strumenti di repressione sociale nati per criminalizzare le lotte e chi difende i propri diritti.
Oggi la Cassazione conferma: avevamo ragione.
La nostra lotta contro ogni deriva autoritaria continua. Difendiamo la Costituzione, i diritti sociali e la libertà di espressione.
Non ci pieghiamo.
Non arretriamo.
PARTITO COMUNISTA ITALIANO