Carlo Soricelli ci scrive che, nei primi sei mesi del 2025, “salvo aggiornamenti dell’ultima ora” i morti per infortunio nei luoghi di lavoro sono 516 (oltre 730 con i decessi in itinere).
Di fatto si raggiungono i livelli spaventosi del 2024, annus horribilis, anche considerando che quest’anno non ci sono stati gli “incidenti multipli” dell’anno scorso. Vere e proprie stragi che vogliamo ricordare: il 16 febbraio muoiono 5 lavoratori nel cantiere Esselunga a Firenze, il 9 aprile sono 7 i morti nella centrale ENEL di Suviana nell’appenino bolognese, il 6 maggio sono 5 i morti in una fogna per conto dell’Amap a Casteldaccia nel Palermitano.
La questione della mancanza di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sembra non sia all’ordine del giorno. Forse è più importante, per chi occupa le poltrone parlamentari e del governo, appassionarsi ad altro piuttosto che affrontare in maniera radicale quella che è una vera e propria ecatombe che si ripete e aumenta di anno in anno.
Questa, purtroppo, è la realtà. Una realtà raccapricciante che ha trasformato il lavoro, il primo diritto costituzionale, in una “guerra” nella quale il diritto alla vita viene “normalmente” disatteso.
Così si procede senza fare nulla in uno stillicidio di infortuni, malattie professionali, morte. E mentre si firmano accordi per stanziare centinaia di miliardi in un riarmo che è premessa per altre guerre, non si vuole istituire il reato penale di “omicidio sul lavoro”, non si investono risorse per finanziare la prevenzione con una corretta formazione e la repressione con l’aumento del numero, dell’efficienza e dell’efficacia dei controlli, si nega la necessità che i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) nell’esercizio delle loro funzioni siano a tutti gli effetti pubblici ufficiali.
Inoltre non si fa nulla per contrastare e risolvere quelle che sono le cause alla base degli infortuni, delle malattie, delle morti sul lavoro: la precarietà diventata forma normale (e legale) di sfruttamento, le retribuzioni insufficienti a condurre un’esistenza dignitosa, la mancanza di rappresentanza adeguata di tutte le lavoratrici e i lavoratori, i tempi di lavoro sempre più faticosi e stressanti, l’innalzamento dell’età pensionabile, i ricatti occupazionali, le condizioni ambientali insostenibili (dall’inquinamento alla manipolazione di materiali pericolosi e tossici, alle temperature torride): cause che costringono lavoratrici e lavoratori a subire condizioni altrimenti inaccettabili.
Infine, diciamoci la verità: la mancanza di sicurezza per molti è diventata un “male” accettabile perché il sistema ha bisogno di poter diminuire i costi per aumentare i profitti e la ricchezza di quei pochi privilegiati che comandano e sfruttano persone e natura. Un “male” che ci rifiutiamo di accettare e che dobbiamo combattere.