27/09/1943: NAPOLI INSORGE

PCI Sezione di Zagarolo

Dopo tre anni di guerra fascista, Napoli era in ginocchio: squarciata da 107 bombardamenti, fu abbandonata da intere famiglie, che cercarono rifugio nelle campagne. Gli unici superstiti: i rassegnati, gli indifferenti, i fascisti e la disperazione di molti.  E proprio questi ultimi sono i primi a ribellarsi, a passare dalla rassegnazione al furore contro le bestie naziste. 


 In agosto si era formato il Comitato di Liberazione dei Partiti Antifascisti con de Ritis, Palermo, Rodinò, Parente, Ferri e Ingangi.  La città era sfornita di tutto: generi alimentari, trasporti o qualsiasi altro tipo di servizio pubblico. Vi erano 80.000 disoccupati. Gli Alleati nonostante lanciassero volantini dagli aerei dove invitavano il popolo a ribellarsi alle truppe germaniche, si rifiutavano di mandare armi, che il Comitato di Liberazione chiedeva da tempo. 


Nel frattempo, le forze armate italiane erano in completo dissolvimento, grazie all’esempio del re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia e dei suoi degni generali che avevano pensato soltanto a mettersi in salvo. 
La bestialità nazista, per il fallimento del servizio obbligatorio che tentavano di introdurre, venne espressa nel manifesto del 26 settembre emanato dal comandante Scholl, che gridava al sabotaggio e minacciava di fucilare all’istante i contravventori: 

“Al decreto per il servizio obbligatorio di lavoro hanno corrisposto in quattro sezioni della città complessivamente circa 150 persone, mentre secondo lo stato civile avrebbero dovuto presentarsi oltre 30.000 persone. Da ciò risulta il sabotaggio che viene praticato contro gli ordini delle Forze Armate Germaniche e del Ministero degli Interni Italiano. Incominciando da domani, per mezzo di ronde militari, farò fermare gli inadempienti. Coloro che non presentandosi sono contravvenuti agli ordini pubblicati, saranno dalle ronde senza indugio fucilati.

Il Comandante di Napoli Scholl”  Il giorno dopo, il 27 settembre, ebbe inizio un rastrellamento generale della popolazione napoletana: le strade vennero bloccate e gli uomini, senza limiti di età, furono costretti a salire con la forza sui camion per essere mandati al lavoro forzato in Germania. 
La rabbia contro di loro e contro i fascisti, che ancora vagabondavano per la città al guinzaglio dei soldati tedeschi razziando quanto potevano, aumentava giorno per giorno. 


Ci furono fucilazioni di uomini e donne che avevano resistito al saccheggio delle loro case, mentre il generale Del Tetto ultimava la consegna della città all’esercito tedesco e impediva al popolo in un suo manifesto di riunirsi e che in tal caso avrebbe dato ordine di sparare sulla folla. 
 A questo punto, per i napoletani non c’erano alternative: o combattere o morire.
Sincera, impetuosa, incontrollabile come il cuore di fuoco del Vesuvio, ineluttabile come solo i napoletani sanno essere, esplose in vari punti della città una RIVOLUZIONE POPOLARE, per cacciare gli usurpatori tedeschi da Napoli.  


Questi PATRIOTI sortirono alle prime ore del 28 settembre: armati come potevano, con vecchi fucili da caccia, pistole, bombe a mano, bombe Molotov che avevano subito imparato a costruire e qualche mitragliatrice leggera nascosta nei giorni dell’armistizio.  Altre armi se le procurarono strappandole agli occupanti.  Tutto ciò sorprese il comando tedesco. 


Dal 27 al 30 settembre del 1943, a Napoli divampo’ la Resistenza. 
Tutto inizio’ al Vomero, in località Masseria Pagliarone, ma tutta la città era in mobilitazione. Nonostante i pesanti colpi dell’artiglieria tedesca il cuore gonfio di passione di Napoli, travolse i tedeschi e e i loro servi fascisti. 

Le vie della città erano un gorgo infernale: da una parte le donne trasformate in Erinni paurose, che combattevano per riprendersi i loro uomini, mentre dall’altra partigiani che accorrevano alle armi che erano state ammucchiate e conservate fin dall’armistizio e cominciavano l’assalto alle colonne blindate e alle armerie.  Fu un’azione corale di popolo, un lahar di genti che i nazisti non poterono fermare: operai, braccianti, piccola borghesia intellettuale, studenti, vecchi e giovani, donne e bambini. Un unico grande corpo in movimento. 


Donne del popolo, come Maddalena Cerasuolo (Medaglia di Bronzo al Valor Militare) che portavano con semplici cesti bombe ai ribelli, o le Medaglie d’Oro al Valor Militare Gennaro Capuozzo(12 anni), Filippo Illuminato (13), Pasquale Formisano(17) e Mario Menichini(18), poveri scugnizzi di strada che si immolarono contro i blindati con le bombe. I tedeschi avrebbero raso al suolo la città : avevano minato, fatto saltare in aria, incendiato case, alberghi, battelli in mare, impianti di servizi, l’Archivio di Stato. La loro barbarie sarebbe stata piu incisiva se il popolo napoletano non avrebbe fatto Resistenza sostenendo i suoi studenti, i suoi operai, i suoi uomini più consapevoli nella lotta aperta. 

I tedeschi, all’alba del primo ottobre, scapparono vigliaccamente, effettuando rappresaglie sulle popolazioni inermi che incontravano sul loro cammino.  Quando gli alleati fecero il loro ingresso in città Napoli s’era liberata da sola. Questo il bollettino delle 4 giornate: oltre 2.000 combattenti, 168 furono i napoletani caduti in combattimento, 162 i feriti, 140 le vittime tra i civili, 19 i morti non identificati, 162 i feriti, 75 gli invalidi permanenti.  


Il Popolo costrinse, per la prima volta in Europa, a piegare un comando tedesco. In quelle 4 giornate il fuoco del Vesuvio fece scaldare il sangue dei Napoletani travolgendo l’invasore teutonico con FURORE E SACRIFICIO. Questo fu il ruggito di Napoli, delle sue mamme e dei suoi figli. 


Onore ai Ribelli Patrioti delle Quattro Giornate. 


” dopo Napoli la parola d’ordine dell’insurrezione finale acquistò un senso e un valore e fu allora la direttiva di marcia per la parte più audace della Resistenza italiana ” 


Luigi Longo.

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