Caporalato – Sfruttamento – Ricatti: É questo l’unico sistema possibile?

PCI – Dipartimento Lavoro

Un sistema spaventoso.

La vicenda della ditta “Fonti di Posina spa” in provincia di Vicenza è emblematica di una situazione ricorrente di sfruttamento nei confronti di chi lavora. È qualcosa di molto simile a quanto successo in Grafica Veneta di Trebaseleghe in provincia di Padova l’anno scorso.

ttps://www.seizethetime.it/il-caporalato-e-radicato-nella-norma-sociale-il-caso-di-grafica-veneta/

https://www.ecovicentino.it/thiene/posina/lavoratori-sfruttati-e-vessati-bufera-sulle-fonti-di-posina-7-gli-indagati-ricatti-a-sfondo-sessuale/

Secondo le accuse e le indagini ci troviamo di fronte a stori(acc)e di sfruttamento, violenze, turni massacranti, persino ricatti sessuali, vessazioni di vario genere nei confronti di lavoratori di ditte esterne, “cooperative” alle quali erano stati affidati lavori che svolgevano internamente all’azienda. Stori(acc)e di caporalato che avvengono in una delle regioni maggiormente industrializzate e progredite d’Italia, quel Veneto che era portato ad esempio per un modello di sviluppo che avrebbe dovuto produrre benessere per tutti.

Quello che leggiamo è inaudito, uno scandalo … ma se ci guardiamo intorno è la descrizione di qualcosa di comune, abituale … persino normale. Qualcosa che probabilmente presto verrà dimenticato proprio perché è il risultato di scelte politiche, di (contro)riforme che non hanno migliorato la vita di chi lavora ma l’hanno resa sempre più precaria e sempre meno garantita.

Vedremo come andrà a finire, se ci saranno responsabilità e a chi verranno attribuite. Vedremo se, verificati i fatti, i “datori di lavoro” risulteranno colpevoli o se sarà tutto avvenuto a loro insaputa. Certo è che il modello di sviluppo ne dovrebbe uscire a pezzi. Un sistema che predilige il profitto a qualsiasi rapporto umano e decente di lavoro è un sistema ingiusto e sbagliato. Ridurre i costi della manodopera, l’uso di lavoratrici e lavoratori esterni alla ditta nella quale operano, non esime dal non controllare se si rispetta la dignità di chi lavora. In effetti è la solita storia: se si può guadagnare di più non può interessare quali siano i mezzi che si usano, non si deve verificare se vengono stracciati i diritti di chi opera.

Più che un sistema è una catena che tiene uniti sfruttamento e ricatti, fatica e alienazione, paura e salari insufficienti, mancanza di sicurezza e di salute, delocalizzazioni e appalti, cancellazione dei diritti di chi lavora … una catena infame che ha un nome ben preciso: sfruttamento. Uno sfruttamento che, in molti casi, è schiavitù.

È necessario rompere questa catena. Lo si può fare se si prende coscienza e si lotta uniti sapendo che nessuno mai regalerà niente a chi vive del proprio lavoro.

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