Cina, da “sabbia informe” a potenza globale

Recensione all’ultimo libro di Diego Angelo Bertozzi (Imprimatur, 2016, 19 euro)

a cura di Fabio Massimo Parenti, docente internazionale Istituto “ Lorenzo De Medici” di Firenze ; del Dipartimento Esteri del PCI

Il libro di Bertozzi, Cina, da “sabbia informe” a potenza globale, è uno strumento culturale importante. Una sistematizzazione sulla storia della Cina contemporanea che mancava nel panorama italiano, soprattutto per l’accuratezza e le argomentazioni sottostanti l’interpretazione politica complessiva che se ne può ricavare.

C’è un punto di forza nel processo di emancipazione cinese, che rappresenta una prima lezione: la capacità di adattare la teoria alla realtà, per una prassi efficace, e non viceversa, come fanno da tempo le teorie economiche dominanti.

L’approccio empirico è tipico della tradizione marxiana, che ha avuto origine con la critica dell’economia politica ed ha ispirato la rivoluzione cinese. Oggi, mantenere il marxismo come principio guida rimane una priorità del Partito Comunista Cinese. Tuttavia, non parliamo di un marxismo dogmatico (lontano dall’elaborazione di Marx), ma di un attualissimo attaccamento agli ideali socialisti che ispirano le strategie politiche cinesi nell’ambito di un costante processo di adattamento del marxismo alle condizioni storiche e materiali della Cina.

Nelle parole di Xi Jinping: “tutti i membri del Partito devono seguire la guida della teoria di Deng Xiaoping, l’importante pensiero delle Tre Rappresentanze (Jiang Zemin) e dello sviluppo scientifico (Hu Jintao), essere fermi nell’impegno verso la costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi e la visione marxista dello sviluppo, affrontare la pratica come il solo criterio per testare la verità, e applicare la loro iniziativa e creatività storica”1.

E ancora, in merito al profondo attaccamento alla causa socialista cinese, Xi Jinping affermava: “lo spirito duraturo del pensiero di Mao Zedong si riferisce alle fondamenta, al punto di vista e al metodo cristallizzato nel suo pensiero, che ha tre principi di base – cercare la verità a partire dai fatti, la linea di massa e l’indipendenza. Nelle nuove condizioni, noi dobbiamo mantenere e applicare lo spirito duraturo del pensiero di Mao Zedong nella costruzione del nostro Partito e nell’avanzamento della grande causa del socialismo con caratteristiche cinesi.

Come principio fondamentale del marxismo, la ricerca della verità attraverso i fatti è un requisito di base per i comunisti cinesi al fine di comprendere e trasformare il mondo. Noi abbiamo sostenuto e dovremmo continuare a sostenere il principio di procedere dalla realtà in ogni cosa che facciamo, integrando la teoria con la pratica, verificando e sviluppando la verità nella pratica”2.

Bertozzi aiuta il lettore a comprendere questi apparenti retaggi del passato, che, invece, sono stati e sono motore di capacità creativa, creazione di consenso e politiche di successo nel corso di varie fasi di sviluppo.

Su questa capacità di leggere la realtà, adattare e affinare continuamente gli strumenti teorici, l’evoluzione storica della Cina contemporanea offre moltissimi esempi. Potremmo ricordare, come fa puntualmente Bertozzi, l’importante ruolo ricoperto dal concetto maoista di contraddizione nella distinzione tra quelle “non antagoniste”, o che posso essere rese tali, e quelle “antagoniste”.ì

Ciò premesso, i contributi maggiori del bel volume di Bertozzi sono a mio avviso due: dimostrare la continuità della via cinese al socialismo e aiutare sempre il lettore a contestualizzare gli eventi, al fine di capire a fondo il senso dei processi studiati.

Continuità del processo rivoluzionario cinese

La continuità del processo rivoluzionario cinese sta nell’individuazione di una serie di peculiarità, di caratteristiche costanti, fedeli all’ispirazione d’origine, ma dinamiche e capaci di adattamento. Innanzitutto, siamo di fronte alla più grande rivoluzione contadina del mondo e il PCC ha tutt’oggi nei contadini la maggiore componente del partito, 26 milioni su un totale di 88 milioni di membri. Altro elemento che attraversa la storia della Cina contemporanea, non solo della leadership politica ma del sentire comune, è lo spirito di rivalsa e la necessità di conservare l’indipendenza dopo un secolo di umiliazioni, spartizioni straniere e rivolte interne – fra tutti ricordiamo Taiping e Boxer, o le incursioni nelle regioni periferiche. Questi sono aspetti ancora vivi, attualissimi, se guardiamo alle influenze esterne su Hong Kong, Tibet, Taiwan, Mar Cinese Meridionale ecc. Per quanto riguarda altre peculiarità gioverà evidenziare i seguenti principi e orientamenti strategici:

  • Il ruolo guida del partito, al servizio del popolo e per lo sviluppo della nazione intera;
  • La pianificazione e programmazione delle strategie di politica economica che sono articolate con varie cadenze temporali: annuali, quinquennali e di più lungo respiro, come la nuova via della seta e le strategie del Go west e Rise of Central China o il decennale piano 2015-2025 per evitare minacce de-industrializzazione;
  • La sperimentazione delle innovazioni politico-economiche in certe aree e poi l’eventuale estensione a tutto il territorio, solo dopo aver appreso dall’esperienza ed aver affinato le strategie (si pensi, solo per fare alcuni esempi recenti, alla convertibilità dello yuan, all’apertura ai capitali stranieri e alle politiche demografiche). Ciò era vero anche durante le prime riforme agrarie maoiste.
  • La centralità del pubblico nei settori strategici. La ristrutturazione avviata dalla fine degli anni Settanta ha ridimensionato il settore pubblico, ma non ha compromesso il ruolo guida del pubblico e delle imprese statali – le prime quattro banche al mondo sono cinesi, secondo S&P, e nell’ultima classifica di Fortune500 la Cina ha ben 98 aziende (la maggior parte statali), ne aveva solo 10 nel 2000, contro le 128 degli Stati Uniti che ne avevano 179 nel 2000.
  • Il superamento del dogmatismo e per la coesistenza pacifica. I principi emanati a Bandung da Zhou Enlai sono gli stessi delle generazioni successive fino a Xi Jinping.

L’esperienza dei “fronti uniti”

Nel testo di Bertozzi troviamo peraltro moltissimi esempi storici che confermano la continuità della prassi politica sperimentale del Partito comunista cinese e del continuo riadattamento alle mutevoli condizioni storiche. Il libro collega le varie esperienze di “fronti uniti” dimostrando che fino a oggi è prevalsa un’abilità del Partito di creare alleanze ampie, con le forze sociali disposte a lavorare per l’interesse collettivo. Con la nascita del PCC (1921) si realizzò un primo esperimento di fronte unito. Nazionalismo, benessere del popolo, democrazia e indipendenza nazionale erano i principi alla base dell’alleanza tra comunisti e nazionalisti (compresa la borghesia nazionale). In poco tempo, però, l’esperimento si esaurì, per poi essere ripreso alla metà degli anni Trenta in nome, ancora una volta, della suprema necessità di lottare contro gli invasori. Ma le contraddizioni esplodono già dal 1941 e i comunisti, più forti, avranno la meglio su vari fronti. Ci fu in seguito la politica dei “Cento fiori” alla metà degli anni Cinquanta che recuperò l’approccio d’origine adattandolo alle nuove condizioni e, in seguito, dopo le dannose fughe in avanti della rivoluzione culturale, si giunge alle nuove alleanze sociali degli anni Ottanta, portate avanti e ridefinite fino a oggi. Sempre nello sforzo di adattamento alle mutevoli condizioni storico-sociali, ciò si è verificato attraverso la cooptazione delle nuove forze istanze sociali esistenti nel paese, per mezzo della riorganizzazione della Conferenza Consultiva Politica del Popolo e dell’Assemblea Nazionale.

La lunga marcia

Altro esempio storico di continuità è rappresentato dalla lunga marcia. Ben nota esperienza fondativa della nuova Cina, a cui partecipò tra gli altri Deng Xiaoping, la lunga marcia (12 mila km dal Jiangxi allo Shaanxi) fu contestualmente una fuga dai massacri compiuti dai nazionalisti e un’esperienza di lotta e riorganizzazione. A più di dieci anni dalla nascita del PCC, essa costituì la base della resistenza all’invasione giapponese.

Sempre nel solco della continuità non possiamo non considerare che il PCC acquisiva consenso anche tra le minoranze, persuadendo quest’ultime col principio dell’uguaglianza, ovvero dicendo ciò che il PCC avrebbe fatto una volta preso il potere: le minoranze sarebbero diventate parte integrante del paese. E’ qui che c’è l’origine delle tutele, delle misure di assistenza, delle esenzione alle restrizioni demografiche, dell’accesso privilegiato all’università di cui godono oggi le minoranze. Tra l’altro nella pratica della democrazia consultiva, il 14% dei seggi nell’Assemblea Nazionale è destinato proprio alle minoranze.

La contestualizzazione storico-geografica

Bertozzi mette continuamente in relazione situazione interna e internazionale, facendo dialogare più voci, radicando gli eventi nella loro genealogia e, soprattutto, sollevando costantemente domande.

Per quanto concerne la situazione internazionale, è necessario prendere sempre in considerazione l’isolamento e l’accerchiamento militare in cui si è trovata e si trova la Cina sin dalla fondazione della Repubblica popolare. Da qui vanno lette le vicende delle regioni periferiche, di cui Bertozzi, soprattutto sul Tibet, offre un resoconto critico e veritiero.

Lo sviluppo cinese è peculiare anche nelle relazioni internazionali. C’è l’esaurimento dell’esperienza sovietica, con i ripiegamenti e gli errori di Stalin, la sua morte e il revisionismo interno, e c’è la capacità della leadership cinese di far tesoro della lezione sovietica, vista in chiave storica. Si difende l’eredità dell’Urss, ma si riconoscono i macroscopici errori, nel culto della personalità, negli interventi armati in Europa dell’est e nelle relazioni con gli Usa. Si guarda con sospetto alla coesistenza pacifica con gli Usa, e si lancia una visione opposta proponendo ad esempio la creazione di una Onu alternativa (non a caso la Cina si pone a capo dei non allineati, leader del Terzo mondo).

Dagli anni Novanta la Cina si afferma come attore internazionale sempre più rilevante: i principi guida e le azioni intraprese rimangono quelli che appartengono all’esperienza cinese e che stanno creando consenso internazionale (intorno alla SCO, alle nuove istituzioni finanziarie e agli accordi commerciali multinazionali). Gli imperativi sono: evitare il disordine interno ed esterno; perfezionare e rivedere il sistema internazionale, ma non sovvertirlo; difendere la sovranità e l’autonomia nazionale del percorso di sviluppo e superare la mentalità da guerra fredda. E’ ciò che emerge anche dal discorso di Xi Jinping a Davos. In altre parole, così potremmo sintetizzare il processo di graduale espansione internazionale della Cina: si perseguono i propri interessi e si sviluppano strategie indipendenti, evitando però di interferire con quelle degli altri paesi; inoltre, si dà un contributo alle riforme dell’architettura internazionale, senza imporre un cambio radicale, ma solo coerente col mutamento della “realtà dei fatti”. In tutto ciò la Cina sta divenendo un vero riferimento alternativo rispetto ai rallentamenti, alle inerzie e alle deficienze dello storico dominio Occidentale nel mondo.

Sulla situazione interna Bertozzi offre un’ottima analisi critica, come ad esempio sulle politiche demografiche, oppure su Tienanmen, ma di decostruzione. Nel primo caso le eccezioni sono prevalse sulla regola, soprattutto per le numerose esenzioni concesse in base a condizioni specifiche, come la tutela delle minoranze o la necessità di manodopera nelle campagne. Nel secondo caso, Bertozzi decostruisce i miti di rivoluzione pacifica (viste le numerose violenze e aggressioni, con tanto di uccisioni, ad opera di gruppi di studenti/manifestanti), mostrando in modo documentato l’assenza di verifica di molte informazioni, mai provate, e spiegando l’uso strumentale (ad hoc) di alcune immagini e non di altre. Infine, il testo dedica quasi un terzo del libro agli ultimi anni, presentando l’enormità delle riforme in attuazione e dei programmi elaborati per soddisfare i bisogni del popolo, senza mai perdere l’attenzione sull’unità contro pressioni esterne (le cose vengono considerate indivisibili).

Sistemi di impresa, condizioni di lavoro, attività finanziarie, sviluppo tecnologico, welfare, corruzione, registrazione residenti, politica demografica, strategie militari e molto altro. Negli ultimi anni continua a ritmo incessante la ricerca e la sperimentazione su vari fronti (compresi la struttura, la formazione e l’orientamento ideologico del Partito), con risultati straordinari, ma anche problemi ancora aperti (disuguaglianze territoriali, necessità di un ulteriore sviluppo della democrazia consultiva, dei sistemi sanitari, del welfare e minacce di de-industrializzazione).

1Intervento in un seminario del 5 gennaio 2013 del Comitato Centrale del Partito.

2 Così si esprimeva Xi Jinping il 26 dicembre del 2013 in occasione del simposio organizzato per celebrare i 120 anni della nascita di Mao Zedong.

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