Ex-Bekaert, serve reindustrializzazione!

di PCI Federazione di Firenze e Sezione Valdarno Fiorentino

Alla fine dell’anno scadrà, per 224 dipendenti della ex “Bekaert” di Figline Valdarno, la cassa integrazione per cessata attività e da metà ottobre verrà avviata la procedura per il loro licenziamento collettivo.

Un anno fa gli allora 318 dipendenti della multinazionale belga più i 17 dell’indotto iniziarono una coraggiosa protesta contro la delocalizzazione della produzione in Romania, che vide il suo culmine nel lungo presidio dello stabilimento da parte delle maestranze. La protesta operaia ebbe una grande eco e il presidio ricevette la solidarietà di lavoratori, cittadini, enti locali, politici e artisti.

Il risultato principale della lotta fu l’ottenimento, da parte del Governo, del ripristino della Cassa Integrazione per cessata attività, abrogata precedentemente dal Governo PD-Verdini presieduto da Matteo Renzi. Ciò permise di ritardare fino al 31 dicembre 2019 il licenziamento dei dipendenti, in modo da avere il tempo di trovare una soluzione per la reindustrializzazione del sito e la ripartenza produttiva.

In questo anno la “Bekaert” ha fatto di tutto per non ottemperare ai suoi impegni, ritardando al massimo sia l’inizio dell’erogazione della Cassa Integrazione che le altre procedure previste dall’accordo stipulato fra le parti e il Ministero. Alcuni lavoratori, pressati dal bisogno, hanno cercato altre soluzioni occupazionali, diminuendo così i costi che la multinazionale belga avrebbe dovuto sostenere per ogni dipendente riassunto dalla nuova proprietà.

Nell’ultimo incontro fra le parti presso il Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) è emerso che le ipotesi più concrete d’acquisto dello stabilimento sono due, e che entrambe prevedono la riassunzione di soltanto 90 dipendenti. L’ipotesi di costituire una cooperativa di lavoratori, che secondo le maestranze promotrici consentirebbe la riassunzione di tutti i 224 cassintegrati, non è stata finora presa in nessuna considerazione.

Chiediamo al Ministro Di Maio, che davanti ai cancelli della fabbrica si era impegnato con il presidio a garantire l’occupazione per tutti alla fine del 2019, di mantenere fede alle promesse, se davvero vuol convincere che questo sia un “Governo del cambiamento”. Non è accettabile che una fabbrica che un tempo arrivò ad occupare quasi mille lavoratori venga ridotta ad una piccola azienda di novanta dipendenti. E le altre 184 famiglie quale sorte avranno? Occupazioni precarie o addirittura a nero, quando non la disoccupazione vera e propria? La legge permetterebbe fra l’altro che nessuno sia lasciato indietro accendendo la cigs a rotazione per tutti.

Soltanto il permanere di una grande azienda con centinaia di dipendenti può garantire un posto di lavoro sicuro, con i diritti rispettati e una ricaduta positiva di benessere economico nel circondario, con famiglie dotate di un dignitoso potere d’acquisto.

Il Comune di Figline Incisa Valdarno, quelli limitrofi e la Regione Toscana devono schierarsi esplicitamente per una soluzione che contempli la riassunzione di tutti e 224 i dipendenti “Bekaert” in Cassa Integrazione.

La Costituzione della Repubblica Italiana mette al primo posto l’interesse pubblico rispetto a quello privato:

Art. 41 “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana…”;

Art. 42 “La proprietà privata può essere nei casi provveduti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generali” (terzo comma).

Ogni giorno di più si sente l’esigenza che questi e altri articoli di una Costituzione costata lotte e sangue vengano finalmente applicati, indipendentemente da direttive europee fatte apposta per tutelare gli interessi di industriali e finanzieri.

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