FLAT-TAX O PATRIMONIALE: UNO SCONTRO DI CLASSE

di Dario Marini,Presidente Comitato Regionale Veneto

Parafrasando Marx, si può ben dire che il “fantasma della flat-tax continua ad aggirarsi” fra i meandri delle politiche del governo giallo-verde nel nostro Paese. Però, e ci stupiremmo del contrario, la quasi totalità dei media non entra volutamente nel merito sociale ed economico della questione.

Intanto è opportuno chiedersi, in linea di principio, se una simile misura sarebbe rispondente ai bisogni reali delle classi popolari, che sono la stragrande maggioranza della popolazione; quelli che in questi ultimi anni hanno sopportato tutto il costo della crisi (e che in buona parte hanno votato per la Lega o i 5Stelle). Inoltre, in Europa, l’Italia è ai primi posti per quanto riguarda disuguaglianze sociali e povertà. Si tratta di numeri allarmanti, figli della crisi prolungata e della sua gestione classista, imperniata su devastanti tagli al welfare state e su politiche di svalutazione dei salari reali. Ormai è ben noto: il 5% più ricco della popolazione possiede patrimoni e risorse finanziarie pari a quelle possedute dal 90% più povero, e cinque milioni sono le persone in condizione di grave deprivazione materiale. Non c’è bisogno di aver studiato economia per rendersi conto che, a fronte di una tale e drammatica situazione, l’unica azione in grado di invertire la fase economica sarebbe quella di drenare risorse dall’alto verso il basso, mediante una maggiore progressività dell’imposizione fiscale, anche con l’introduzione di una imposta patrimoniale. D’altro canto, è ormai assodato che proprio la graduale erosione della progressività fiscale sia alla base dell’esplosione delle disuguaglianze nei paesi occidentali, e che lo stesso effetto abbiano avuto in questi anni le varie sperimentazioni di tasse più o meno piatte. Questo è l’esempio dei reali risultati dell’eguale tassazione per chi ha tantissimo e chi non ha niente o quasi: una vera e propria lotta di classe alla rovescia rispetto alla nostra tradizione marxista-leninista, un Robin Hood al contrario. Questi sarebbero i miracoli della flat-tax: una nuova forma di darwinismo sociale, cui vorrebbero condurci i reaganiani di casa nostra, con trent’anni di ritardo.

Tornando ai dati del nostro Paese, le recenti stime dell’Istat sulla crescita – che riferiscono del +0,1% nel primo trimestre di quest’anno, accompagnato da un inflazione dello 0,9% a maggio 2019 su base annua – ci dicono una cosa molto semplice: quella Italiana è una crisi di domanda. Su essa pesano la disoccupazione e il lavoro nero e precario, i bassi salari, e la forbice tra Nord e Sud che si è ulteriormente allargata negli ultimi anni. Un classico scenario che richiederebbe almeno una politica economica di stampo Keynesiano. Si potrebbe rimettere in moto l’economia con interventi più espansivi che, nelle condizioni attuali, non possono che essere finanziati attraverso un travaso di risorse da chi ha di più alle classi popolari. Ridurre le disuguaglianze per rilanciare l’economia, farebbe bene anche ai conti pubblici: esattamente il contrario di ciò che vuole fare Salvini, con la supina complicità dei 5 Stelle.

La necessità di percorrere la strada di una patrimoniale è dimostrata anche dai dati che Bankitalia e Istat hanno diffuso circa due mesi fa nel rapporto annuale su “La ricchezza delle famiglie e delle società non finanziarie”. Tali dati fanno emergere una ulteriore patrimonializzazione della ricchezza nel nostro Paese. Il patrimonio netto delle famiglie italiane nel 2017 ha raggiunto la cifra di circa 9.700 miliardi di Euro: più di 8 volte il loro reddito comunicato al fisco e più di 4 volte l’ammontare del debito pubblico. Questo pone le famiglie italiane, in quanto a reddito medio, al di sopra di quelle tedesche. C’è da aggiungere poi l’abisso delle disuguaglianze in cui è precipitato il nostro Paese, che è testimoniato anche dalle statistiche pubblicate di recente dall’ Agenzia delle Entrate. Se da un lato aumentano povertà e miseria fuori e dentro il mondo del lavoro, anche la stessa classe media si è ristretta e impoverita, perdendo il 12% del proprio reddito dal 2008 ad oggi; solo ricchi e super-ricchi hanno continuato a prosperare. Analogo, dal punto di vista di classe, l’andamento delle imprese: esse hanno sì accresciuto la ricchezza lorda, del 3,7% nel biennio 2016-2018, ma solo grazie all’incremento della componente finanziaria, rispetto alla componente delle reali attività produttive. Dunque, nessuno può negare che siano aumentate tanto il livello di finanziarizzazione della ricchezza italiana, quanto la diseguaglianza nella sua distribuzione. Perciò l’introduzione di una tassa patrimoniale, che incida su tutte di proprietà, appare non solo indispensabile e socialmente equa, ma anche logica come scelta di politica economica.

C’è, inoltre, un’altra cosa da aggiungere. Chi ha studiato ragioneria, o comunque ha a che fare con la contabilità, può confermare che con le cifre dei bilanci si possono fare tanti giochi di prestigio: barando sugli ammortamenti, sulle rimanenze, sui ratei e sui risconti, ecc……Il più delle volte il bilancio fiscale non fotografa il reale andamento della redditività delle imprese. Invece con la patrimoniale, che è un’estate-tax (una tassa su tutti i beni reali posseduti), sarebbe molto più difficile fare i furbetti per molti incalliti evasori ed elusori fiscali.

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