I COMUNISTI E L’UNIONE EUROPEA. Gli interventi.

Proseguiamo la pubblicazione  degli interventi al Convegno organizzato dal PCI lo scorso 25 febbraio a Roma (“ I comunisti e l’Unione Europea – Per una critica radicale delle politiche liberiste dell’UE e per l’unità sovranazionale delle lotte dei comunisti”).

Presentiamo oggi gli interventi al Convegno della compagna Viktoriia Georghevska, Responsabile Relazioni Internazionali del PC di Ucraina, e del compagno CHARIS POLYCARPOU , del C.C. e dell’Ufficio Economico di AKEL, il Partito Progressista e dei Lavoratori di Cipro.

PER IL PARTITO COMUNISTA DI UCRAINA: Viktoriia Georghevska, responsabile Relazioni internazionali del PC di Ucraina.*

Tre anni sono passati da quando il colpo di stato armato nel febbraio 2014, realizzato con il sostegno finanziario e politico diretto degli Stati Uniti,  dell’UE e dela NATO, ha comportato il trasferimento del potere in Ucraina dagli oligarchi di Yanukovych alle mani dell’oligarchia di Poroshenko.

La maggior parte dei protestanti dell’autunno 2013  e dell’inverno 2014, spiegherebbe che essi volevano raggiungere una vita migliore. Speravano che attraverso il cambiamento di “cattivi” governanti sarebbero stati in grado di ottenere un lavoro decente,  combattere la corruzione, sollevare l’economia nazionale ed intraprendere le riforme necessarie  per garantire il livello “europeo” di stipendi, pensioni e benefici sociali. Coloro che hanno portato la gente a Maidan avevano promesso questo. Al posto del promesso “paradiso europeo” il paese appare nella crisi più profonda con enormi debiti e  persone impoverite. Questa è la dura realtà.

E questa realtà, purtroppo, non è una coincidenza, ma una logica conseguenza della politica perseguita da tutti i governi e dai  presidenti di Ucraina, dal 1991 ad oggi. Politiche volte a trasformare il paese in un protettorato degli Stati Uniti e delle multinazionali e a  rompere le relazioni economiche, culturali e politiche con nazioni Slave fraterne ed ex stati sovietici.

Capitali internazionali, “sostenitori” del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e l’Unione europea hanno considerato e continuano a considerare l’Ucraina solo come una delle “caselle” della “scacchiera” geopolitica dove è avvenuta una  sanguinosa lotta per il dominio del mondo tra i blocchi politici ed economici imperialisti e le aziende  E il popolo di Ucraina, per loro, è una piccola forma di cambiamento in questa “scacchiera “, che può essere sacrificato per il bene della vittoria.

Come risultato del collasso dell’URSS e della comunità socialista un nuovo ordine mondiale si è formato, nel quale il ruolo di leader e potenza egemonica è rappresentato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati, usurpatori del potere. Nel quadro del suo dominio politico ed economico hanno costruito  un modello finanziario ed economico del “consumo esteso” sulla base di un facile accesso al credito.

Approntato dagli Stati Uniti e quingi dalla Unione europea, grandi centri di emissione,  questo modello si è trasformato in una fonte di risorse finanzarie e di credito per il resto del mondo. E l’infinita “fuga di cervelli” dai paesi in via di sviluppo ha portato alla leadership tecnologica dell’Occidente.

Così, paesi in via di sviluppo, chiedono accesso alla tecnologia, alla finanza, ai mercati e a rapporti ben definiti con partner occidentali, come una priorità.

Stati Uniti, alleanza militare NATO e il potere politico sono diventati garanti dell’attuazione delle loro politiche e della stabilità del sistema stesso che ho descritto. L’Occidente è diventato in grado di controllare i flussi delle risorse e delle materie prime e di usare la forza militare per garantirsi la fedeltà dei governi dei paesi in via di sviluppo.

Allo stesso tempo, per un controllo più efficace sulle élites nazionali, una vasta rete di vari “fondi umanitarii” e “ONG” è stato istituito. Questi agenti di influenza sono finanziati dal governo degli Stati Uniti e  dalla Unione europea direttamente e tramite numerose organizzazioni internazionali.

Se necessario, come mostrato dagli eventi in Africa, Medio Oriente e in Ucraina, questi “agenti di influenza” vengono utilizzati per fomentare conflitti civili e il cambiamento dei governi indesiderati nei paesi non sviluppati, senza l’intervento militare palese dall’esterno. Questo “soft power”, è diventato un importante, se non il determinate elemento, nel sistema di mantenimento dell’egemonia euro-atlantica.

La crisi globale del 2008 ha generato un effetto che è paragonabile  ad una “esplosione nucleare”: il consumo di credito vola mentre la base economica di questo ordine si era rotta.  L’UE e la popolazione degli Stati Uniti sono apparsi non più in grado di aumentare il consumo e non potevano più garantire la restituzione di mutui e di altri prestiti al consumo, tanto da provocare fallimenti massicci e sconvolgimenti sociali.

Paesi “golden billion” dovrebbero ripensare non solo il commercio, il sistema monetario e finanziario e la logica della divisione globale del lavoro, ma anche l’ideologia dell’organizzazione dell’ordine mondiale, vale a dire, l’idea liberale.

Le forze politiche che servono gli interessi delle multinazionali e dei poteri hanno iniziato seriamente a discutere la necessità di frenare il capitale finanziario globale  attraverso il rafforzamento del ruolo degli Stati, perché il potere di “libero mercato” fissato dal “Washington Consensus”, aumenta notevolmente il rischio di collasso economico, depressione grave e sconvolgimenti sociali.

Inoltre, è emerso che il problema di una valuta di riserva globale non può essere il privilegio di una, seppur grande superpotenza – gli Stati Uniti. Di conseguenza, si è reso necessario rivedere oggettivamente il ruolo di primo piano del dollaro USA.

Si prega di notare che la restaurazione del capitalismo negli  stati post-sovietici  e post-socialisti, proprio come sistema borghese dell’ordine mondiale finanziario ed economico prevalente non è stata in grado di risolvere eventuali contraddizioni del mondo moderno, e sopratuttto non ha risolto un conflitto fondamentale: il conflitto tra lavoro e capitale. Come illustrato, il modello di “consumo esteso” non leviga la disuguaglianza sociale, ma, al contrario, la aumenta.  Il tasso di disoccupazione soprattutto tra i giovani è aumentato costantemente  nel quadro del sistema mondiale capitalistico dominante. Nella zona UE siamo al record, vicini al 40%, in alcuni Stati. Come conseguenza della crisi causata dal crollo del credito e dell’economia di consumo, la maggior parte delle persone sono de facto privati ​​del diritto all’assistenza sanitaria, istruzione, sicurezza sociale e alloggio, non avendo più possibilità di pagare per tutto questo. Circa la metà degli americani si sono trovati in una simile trappola di credito. In questo caso la maggior parte dei debitori non è in grado di scrollarsi di dosso questo peso mai, che si sta ripercuotendo sulle future generazioni.

Non ha aiutato neanche la riforma del FMI, il quale era un bastione di schiavitù finanziaria dei paesi in via di sviluppo e delle economie.

Mentre falliti sono i tentativi di riformare le Nazioni Unite ed il sistema di sicurezza collettiva regionale (OSCE).

G20 (Grandi venti) non è diventato “governo mondiale”, a causa dei diversi obiettivi dei venti membri e dei troppi Paesi lasciatI fuori da questo “governo mondiale”. Un cosiddetto G-7 senza la partecipazione di Cina, India, Brasile e Russia è in grado di servire forse come un “club di discussione” senza la capacità di affrontare i problemi della crisi globale dell’ordine mondiale.

Gli accordi dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), progettati per equilibrare i mercati delle materie prime del mondo sono diventati finzione. Le cosiddette “sanzioni”, che gli Stati Uniti e i loro alleati usano attivamente per scopi politici, forniscono delle barriere “senza tariffe” alla libera circolazione dei beni e dei servizi dentro una varietà di quote restrittive, fino al divieto di import-export, costringendo molti stati ad ignorare de facto gli standard e le regole del WTO, dando priorità a relazione economiche bilaterali o multilaterali.

Come risultato, i Paesi occidentali, per risolvere i lotro problemi pratici circa i costi della periferia del sistema globale, vanno a discapito dei Paesi in via di sviluppo e dei loro popoli.

In tali circostanze è logico e necessario, per molti Paesi,  trovare delle  strategie nazionali anti-crisi.

Innanzi tutto, stiamo parlando della conservazione del potenziale industriale e tecnico-scientifico nazionale, la prevenzione della “fuga dei cervelli” e la creazione di basi per l’innovazione, consentendo in futuro di competere con i Paesi del “golden billion“.

Stiamo parlando dunque dei BRICS e dell’espansione dei pagamenti, tra i suoi Paesi membri, in monete nazionali senza alcun riferimento al dollaro o all’euro, di nuovi accordi bilaterali e multilaterali sulle condizioni di accesso ai mercati senza sottostare alle regole del WTO.

C’è stato un significativo rafforzamento delle capacità dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). Il coinvolgimento di India, Pakistan e Iran alle attività della Organizzazione  ha creato le condizioni per l’istituzione di un nuovo perimetro di sicurezza e per la cooperazione in Eurasia. Si aprono nuove opportunità per la conversione del continente eurasiatico nel nuovo centro di crescita globale al posto dell’euro-atlantico. Questi sviluppi e le prospettive di perdita del  ruolo “egemonico” sono stati percepiti dagli Stati Uniti e da altri “titolari” del progetto euro-atlantico come una minaccia diretta per la loro sicurezza, un tentativo di neutralizzarli.

Hanno perso una parte significativa del loro potere economico. Pertanto, gli Stati Uniti e parte delle élites occidentali hanno fatto ricorso ad attuare scenari estremamente reazionari ovvero neutralizzare l’attività politica ed economica dei “dissidenti”. Per questo hanno attaccato i Paesi che formano e supportano le strutture alternative regionali e interregionali, economiche e finanziarie (BRICS, SCO, CEEA, e altri).

Per la realizzazione di questa missione hanno dovuto mobilitare i propri  alleati e satelliti in Europa e in Asia sud-orientale. A tal fine, due progetti  economici e sindacali, su larga scala, sono stati lanciati:  Transatlantic (TTIP) e Transpacific (TPPA). La posta in gioco era alta, e il calcolo è stato fatto in modo che l’isolamento dei “dissidenti” e la mobilitazione degli alleati consentirebbe agli USA di mantenere una posizione dominante nell’economia globale e del sistema internazionale.

A tal fine, gli Stati Uniti e i suoi alleati, hanno fatto ricorso alle tecnologiche e ben rodate rivoluzioni “colorate”,   (nel 1991 – l’Unione Sovietica, anni ’90 – Balcani, 2003 – Georgia, 2004 – Ucraina, 2005 – Kirghizistan).

Così tra il 2010 e il 2015, questa tecnologia è stata utilizzata attivamente in varie regioni del pianeta. Intendiamo Tunisia, Libia, Egitto, Siria, Yemen, in Medio Oriente e Nord Africa, nonché il cosiddetto movimento “nastro bianco” in Russia. E ancora il movimento degli “ombrelli gialli” di Hong Kong. o i disordini in Macedonia e Moldavia.” La rivoluzione della dignità “(Maidan) in Ucraina nel 2013-2014, e ancora ” Energia Maydan” a Yerevan nel 2015.

Allo stesso tempo, tutte le “rivoluzioni” hanno avuto luogo su un unico scenario, a partire dalle proteste “democrazia di pace”, che i governi reagendo, a seconda delle situazioni, trasformavano in incidenti, disordini di piazza e ribellioni armate.  E dappertutto ONG e fondazioni, generosamente sponsorizzate dall’Occidente, sono stati partecipanti attivi e provocatori di disordini. Questo tipo di “rivoluzioni” sono  sempre accompagnate e seguite da un attiva campagna di informazione sui media a livello globale, accogliendo la presunta “scelta delle persone” in favore di “libertà e democrazia” contrapponendo un altro modello autoritario, ( “corrotto”, “totalitario”, “criminale”, ecc).

L’effetto di “caos” è stato raggiunto attraverso tali tecnologiche rivoluzioni “colorate”, in alternativa, alle associazioni economiche e commerciali degli Stati Uniti. Da un lato le risorse dei Paesi determinano una sfida per l’Occidente impoverito nel quale i governi hanno un tasso di impopolarità elevato.  D’altra parte, gli Stati Uniti hanno usato questo caos per aumentare la propria importanza come garante della sicurezza dei suoi alleati, i suoi confini e le zone di influenza.

La politica euro-atlantista degli Stati Uniti, e di destabilizzazione e caos hanno portato in vita le potenti e barbariche forze distruttrici. I movimenti fondamentalisti uniti sotto la bandiera dello Stato Islamico, che porta una minaccia diretta alla pace e alla sicurezza nel mondo, stanno bruciando  non solo il Medio Oriente e  il Centro – Nord Africa. L’Europa si trova in una zona di instabilità. Non è più in grado di assorbire il flusso di rifugiati che viaggiano verso la “terra promessa” partendo da paesi in rovina. Il terrorismo, può sembrare folle, è diventato routine quotidiana nell’UE. Caucaso, regioni meridionali della Russia,  Cina e India sono sotto la minaccia dei “nuovi” barbari”.

Così, la crisi globale non è stata arrestata, ma ha raggiunto una svolta minacciosa, accompagnata dal violento attacco del capitale alle  conquiste sociali dei lavoratori, risultato della lotta di classe sotto l’influenza di riforme socialiste in URSS.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e la formazione di Stati indipendenti l’Ucraina è stata a lungo considerata come una sorta di ponte geopolitico tra Europa e Asia. E una tale posizione era del tutto appropriata. Una naturale posizione geografica strategica, realtà socio-politiche e socio-economiche esistenti, tutto ciò ha dato all’Ucraina la possibilità di far fronte a questo compito.

Nei numerosi progetti del futuro assetto del continente, il nostro Paese dovrebbe diventare un’arteria chiave per i trasporti , un importante corridoio di transito e allo stesso tempo  punto di convergenza economica della UE, della CEEA e delle crescenti economie del sud est asiatico.

Lo sviluppo della cooperazione commerciale-economica e gli investimenti con la UE, la cooperazione tecnico-scientifica, per l’ industria e le costruzioni con la Federazione Russa, la partecipazione ai progetti insieme con la Cina e l’India hanno aperto enormi prospettive per l’Ucraina.  L’intero potenziale dell’Ucraina, paese industriale, da sempre definito “Il granaio d’Europa” e  leader nella tecnologia dell’informazione, potrebbero essere, ora, coinvolto. C’è stata l’occasione, dunque, non solo per garantire una crescita economica sostenibile e per l’innovazione, ma anche un aumento sostanziale del livello e della qualità della vita.

Tutto ciò ha permesso di ottenere non solo  benefici economici e sociali, ma anche di rafforzare la posizione geopolitica strategica.

Al contrario, la perdita dell’Ucraina dei processi di integrazione eurasiatica, significativamente, inibisce la realizzazione delle idee quali la grande Grande Europa e la nuova Via della Seta. A questo proposito, è evidente che “caotizzare” l’ Ucraina è diventato uno dei principali compiti per le forze che cercano di interrompere la transizione verso un nuovo ordine mondiale.

Purtroppo, l’élite nazionale ucraina, non è stata in grado di sfruttare le sue capacità strategiche e le sue prospettive e ancora di più – di attuarle. Dal momento dell’indipendenza  fino ad oggi l’Ucraina segue il politicamente ed economicamente fallimentare  concetto dell’ordine mondiale euro-atlantico: la bancarotta.

Gli oligarchi ucraini hanno distrutto il potenziale economico e scientifico-tecnico dell’Ucraina derubando deliberatamente il Paese, portando denaro in conti offshore e cedendo imprese statali e intere industrie, creando la più grave disuguaglianza sociale, gettando, così facendo, milioni di persone nella povertà.

Referendum e plebisciti sono stati di fatto vietati.  Elezioni  popolari sostituite da “elezioni tecnologiche” con la compravendita di voti e massiccia frode a livello statale. La politica ucraina è stata ridotta ad una redistribuzione infinita e inutile di competenze tra i gruppi oligarchici di influenza.

La feroce lotta tra clan stava inesorabilmente distruggendo il sistema legale, rendendo normale l’illegalità. Così, per il gusto della vittoria di un clan sopra l’altro, un incostituzionale “terzo turno” del voto è stato “inventato” alle elezioni presidenziali del 2004. Nel 2007, il presidente Yushchenko, senza motivi costituzionali sciolse il Parlamento. Nel 2010, dopo l’ordine del presidente oligarca Yanukovych , la Corte Costituzionale ha cambiato la Costituzione.

Elezioni senza fine, radicalizzazione del processo politico con pressione esterna degli Stati Uniti verso le èlites ucraine,  spinta alla xenofobia, promozione nazionalista, partiti e organizzazioni neonazisti e neofascisti –  ebbene, tutto questo insieme ha gettato una bomba ad orologeria contro la sovranità ucraina, l’integrità territoriale e la pace civile.

E usando la situazione relativa al rinvio della firma della associazione UE-Ucraina, proteste messe in scena su iniziativa e sotto il controllo del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti vengono avviati nel Paese. L’obiettivo era di impedire la partecipazione dell’Ucraina al progetto eurasiatico, creare il caos al confine con la Russia e localizzare una base navale NATO in Crimea.

Va notato che sotto l’influenza di una massiccia propaganda finanziata attraverso “Ong” e fondazioni,  la politica estera di integrazione europea  è diventata un mito sociale, è diventata la nuova utopia ucraina.

Le aspettative di sviluppo economico e la costruzione di uno Stato democratico sono stati ridotti a una “volontà” – la conclusione dell’accordo sull’associazione. È per questo che fin dai primi giorni del nuovo Maidan l’agenda democratica  e sociale ha dato il via alla nuova ondata di xenofobia.

Di conseguenza, nel febbraio 2014 una dittatura di olgarchi nazisti è stata istituita in Ucraina. la società ucraina è stata divisa in due campi quasi uguali, ognuno dei quali non era pronto a vedere l’atro superiore e vincente.  Si è schierata senza precedenti l’isteria anticomunista, moltiplicata ad una zoologica russfobia.

La maggior parte dei programmi di cooperazione nel quadro del progetto eurasiatico sono stati congelati. Il progetto di una Grande Europa è anche esso in ritardo.

Si può discutere su chi ha perso di più nel conflitto ucraino: l’Europa, la Russia o gli Stati Uniti. Ma la più grande perdita, naturalmente, l’ha sofferto l’Ucraina.

Negli ultimi tre anni, la moneta nazionale – la grivna –  è stata deprezzata tre volte, i prezzi mediamente raddoppiati e i tassi rialzati del cento per cento.

L’economia nel suo complesso è scesa del 20% in tre anni. Le esportazioni sono scese quasi della metà, comparate con il 2013 in cui toccavano i 29 miliardi di dollari e nella zona UE si legge un meno 3,5 miliardi. Questo nonostante il fatto che l’Ucraina ha messo i suoi occhi su l’integrazione europea.

In tre anni un terzo del sistema bancario è stata spazzata via, le persone e le imprese hanno irrimediabilmente perso nelle banche oltre 100 miliardi di grivna – i depositi non potranno essere risarciti.

Secondo quanto riportato da varie organizzazioni l’Ucraina è uno dei paesi più corrotti del mondo e così ancora oggi. l’86% dei cittadini ucraini valuta negativamente gli sforzi del governo per combattere la corruzione. Questo nonostante il gran numero di organismi anticorruzione appena creati, che ricevono miliardi di grivna delle nostre tasse.

Nella classifica dei paesi più attraenti per il turismo, l’Ucraina è nominato come paese pericoloso. Circa il 70% dei cittadini sono pronti a lasciare l’Ucraina per sempre.

Il paese sta morendo fisicamente. In 10 anni la popolazione dell’Ucraina potrebbe ridursi a 25-30 milioni di persone. Già oggi, secondo la CIA, l’Ucraina è al secondo posto nel mondo in termini di mortalità.

Non a caso, il Fondo Monetario Internazionale è diventato il principale costruttore di tutte le decisioni del governo. La Fondazione, guidata da incaricati degli Stati Uniti e dei grand fondi di capitali,  detta le iniziative legislative del governo ucraino, “riforme”,  incarichi e altre decisioni.

Ma la cosa peggiore è che il paese e la società continuano ad essere in uno stato di guerra. cittadini ucraini stanno morendo; centinaia di migliaia di persone sono state sfollate. Nessuna delle parti rispetta gli accordi di Minsk.

Se il corso politico non cambia in un prossimo futuro l’Ucraina come uno stato multinazionale potrebbe scomparire dalla mappa politica del mondo.

Per evitare questo, abbiamo bisogno di fermare la guerra in Ucraina dell’Est. Naturalmente, è difficile dopo tre anni di accuse reciproche.

E ‘necessario fermare la retorica militare i discorsi incendiari. Vale la pena di capire che la soluzione militare della situazione attuale non esiste. Più lungo è il confronto e lo spargimento di sangue, più difficile sarà rilanciare il Paese.

Passi coraggiosi in comune accordo, potrebbero essere avanzati. Dobbiamo approfittare che la comunità internazionale sostiene (almeno a parole) la soluzione pacifica del conflitto attraverso gli accordi di Minsk, che contengono garanzie reali.

Gli eventi recenti hanno mostrato  la situazione nel mondo, in Europa, così l’unico status accettabile per noi  è quello di neutralità, di Paese  non allineato, con forti garanzie di sicurezza previste nei documenti ufficiali del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali.

Dopo una soluzione pacifica nella Ucraina dell’Est la modalità di ripresa dell’economia deve essere discussa con una vasta gamma di professionisti e rappresentanti autorizzati delle istituzioni competenti della Russia, dell’Unione europea e dell’Unione eurasiatica.

Data la situazione, è importante:

– tornino nel campo costituzionale le attività di tutti gli organi dello Stato; adottare misure urgenti per assicurare il rigoroso rispetto del diritto sancito nella Costituzione dell’Ucraina e delle libertà dei cittadini;

–  bandire e chiudere immediatamente i gruppi armati illegali;

– chiedere l’immediata esclusione dei funzionari di governo incompatibili con i principi sanciti dalla Costituzione di Ucraina; evitare azioni provocatorie che possano aggravare la situazione già grave;

– fermare la distorsione della verità storica e le rappresentazioni soggettive di essa;

– attuare con urgenza gli impegni presi dalla Commissione di Venezia di rivedere le leggi sulla lustrazione e decomunistizzazione, grossolane violazioni della Costituzione, e renderli conformi con la Costituzione di Ucraina  e la pratica democratica degli Stati europei.

Il nostro Partito costruirà iniziative pubbliche di discussione di proposte volte a normalizzare e stabilizzare la situazione nel paese.

*traduzione a cura di Juri Carlucci ( Dipartimento Esteri PCI)

PER L’ AKEL (PARTITO PROGRESSISTA DEI LAVORATORI DI CIPRO), CHARIS POLYCARPOU – del C.C. e dell’Ufficio Economico di AKEL*

 

Cari Compagni, cari amici,

prima di tutto vorrei ringraziare il Partito Comunista Italiano per l’organizzazione di questa conferenza e per averci invitato a discutere e scambiare le nostre esperienze relative al progetto europeo. Sebbene la situazione in ogni paese sia diversa, le lotte rimangono ancora comuni.

50 anni dopo la ratifica del trattato di Roma, l’Unione Europea sta attraversando la più grande crisi economica dalla sua fondazione, una crisi strutturale con caratteristiche diverse in tutta Europa. Siamo nell’era del memorandum, un’era in cui vengono erose la democrazia e la sovranità degli Stati.

Il deficit democratico è più che evidente oggi in tutta l’Unione. Le decisioni non sono prese dai rappresentanti dei popoli,invece i corpi burocratici a Bruxelles rispecchiano, nei loro atti, l’interesse dei monopoli di tutta l’UE. Sebbene essi invochino gli interessi del popolo, al popolo non è mai chiesto di esprimere la propria volontà. Anche i parlamenti nazionali stanno giocando un ruolo secondario oggi; la maggior parte delle volte sono chiamati solo ad approvare formalmente le scelte, piuttosto che a promuovere la democrazia e la prosperità nelle società europee.

Inoltre, un nuovo quadro economico e politico si sta sviluppando in seno all’Unione Europea. Un quadro lontano dai principi fondamentali di solidarietà e di sostegno che avrebbero dovuto esistere tra gli Stati membri. Invece, ciò che le persone stanno vivendo è un aumento della povertà e della miseria nel sud, mentre al nord la ricchezza, che è distribuita in modo non uniforme, è in aumento. Questa tendenza sta portando, attraverso l’imposizione di Memorandum la profonda redistribuzione della ricchezza, verso privatizzazioni di ricchezza pubblica e verso accordi tra grandi imprese straniere e locali a discapito dei diritti dei lavoratori. Le politiche neoliberiste sono state istituzionalizzate ad ogni istanza.

Secondo Eurostat tra il 2008-2014 oltre 300.000 aziende nel settore delle costruzioni nell’Unione Europea hanno chiuso i battenti, di queste 200.000 erano imprese molto piccole. A Cipro, nel corso degli ultimi quattro anni 5.000 aziende che avevano fino a 9 dipendenti sono fallite e dall’inizio della crisi un totale di 7.000 aziende hanno chiuso i battenti. In altre parole, l’economia europea potrebbe essere descritta come un caso in cui il “pesce” grande mangia quello piccolo.

Oggi, più di 120 milioni di nostri concittadini vivono in povertà, mentre i tassi di profitto delle imprese non finanziarie rimangono al 38%, praticamente la stessa percentuale di prima della crisi.

Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il picco storico di quasi 25 milioni di disoccupati. Allo stesso tempo, vi è anche il problema della qualità del lavoro. Nel 2004, il lavoro temporaneo non superava il 15% della popolazione attiva. Già nel 2010 uno studio ha dimostrato che nella sole Grecia, Irlanda e Spagna, le forme di lavoro regolamentate con diritti molto limitati avevano raggiunto il 30-40%. Dal 1987 al 2007, il 30% dei nuovi posti di lavoro creati in Europa erano di natura e carattere temporaneo. Per quanto riguarda l’argomento che questa sarebbe la libera scelta dei lavoratori stessi, permettetemi di dire che questa è una menzogna. In un sondaggio condotto dalla Commissione Europea il 61,7% ha risposto che sono stati costretti ad accettare tale lavoro temporaneo e non regolamentato perché non riuscivano a trovare nulla di diverso in circostanze più normali.

L’Unione Europea, e in particolare la zona euro, non hanno mai creato in noi illusioni ed aspettative eccessive. Conosciamo bene la natura delle politiche economiche dell’Unione Europea. Non ci stancheremo di ripetere che il modo in cui l’Unione Europea opera mette gli interessi dei paesi potenti e multinazionali al di sopra degli interessi dei popoli.

Ricordo che la crisi è stata erroneamente attribuita ad un eccesso di spesa pubblica e delle famiglie, invece che alla sua origine strutturale. Così, gli stati membri dell’Europa hanno implementato programmi di austerità severa, apportando tagli duri ai servizi pubblici essenziali e alle prestazioni sociali, minando la stabilità finanziaria di tali servizi.

Tuttavia, dietro i tagli e dietro le misure di austerità sta il tentativo sistematico da parte della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea direndere più profonda la deregolamentazione dell’economia Europea e di ridurre al minimo l’intervento dello Stato ed il sostegno alla società.

Inoltre, molte delle decisioni approvate nell’Unione Europea non sono state prese basandosi solo su criteri economici, ma i criteri politici erano per lo più le leve di tali decisioni. Un esempio della pratica ripetuta di ricatti palesi ed ultimatum, è stata vissuta da Cyprusin 2013, quando la BCE ha minacciato di chiudere l’intero sistema bancario, se l’agenda neoliberista e l’haircut (NdT: percentuale di valore di mercato che viene sottratta a un asset quando questo viene usato come garanzia nelle operazioni di rifinanziamento)sui depositi bancari non fossero stati accettati. Questa presa di posizione ha dimostrato in quali condizioni le istituzioni europee stanno imponendo decisioni agli Stati membri.

La firma del memorandum marzo 2013 segnò l’inizio di un nuovo periodo per l’economia di Cipro. Le condizioni e le modalità che sono state imposte per la concessione del finanziamento da parte dell’Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale erano diseguali e squilibrate. L’accordo per l’haircut sui depositi bancari è stato particolarmente grave ed ingiusto per Cipro. Quattro anni dopo, la valutazione delle sue conseguenze sull’economia e sulla società di Cipro è negativo per non dire peggio.

La destabilizzazione complessiva dell’economia è stata enorme. La decisione ha alimentato la perdita di fiducia nel sistema bancario, portando al graduale restringimento dei prestiti e dei depositi a causa delle nuove condizioni nel settore bancario. Ma ciò che più fa arrabbiare è che la medicina imposta non ha curato il paziente. Cipro ha ancora la più alta percentuale di sofferenze nella zona Euro. È chiaro che il nostro paese è stato trattato come una cavia.

Inoltre, l’impatto sulla società è stato devastante. Al fine di valutare pienamente quale sia il lascito a Cipro delle politiche neoliberiste e del memorandum, si deve vedere l’impatto economico e sociale:

In primo luogo, il calo del reddito disponibile ha determinato una riduzione significativa degli investimenti sia pubblici che privati.

Nel solo 2013, il livello di spesa in conto capitale è diminuita del 21,6%. Oggi, anche se l’economia registra tassi di crescita positivi continui,è ancora lunga la strada da percorrere per ritornare al volume di produzione pre-crisi,

In secondo luogo, gli squilibri e le disuguaglianze sociali si sono inasprite.

La disoccupazione ha superato il 15%, mentre quella giovanile è salita quasi al 30%. Con l’attuazione delle politiche neoliberiste, trasferendo il peso della crisi sulle spalle dei lavoratori, con tagli generalizzati dei salari e delle indennità, in particolare nel settore privato, un solo risultato si è prodotto: la disuguaglianza dei redditi.

Secondo il Parlamento Europeo, Cipro è il paese con il maggiore incremento della disuguaglianza di reddito nel 2016. L’indice di Gini, che durante i livelli pre-crisi aveva una media di 29,5, oggi è salito a 33,6. Quasi il 29% della nostra popolazione è sull’orlo di povertà. Inoltre, Cipro è in fondo alla classifica dell’indice spesa per la protezione sociale.

Lo standard di vita nel paese è sceso così tanto che se oggi misurassimo la povertà rispetto ai dati economici del 2008, il tasso di povertà sarebbe più del doppio. Questa è la presunta “storia di successo” delle politiche economiche attuate a Cipro e nella periferia dell’Unione Europea.

In terzo luogo, la politica di svalutazione interna attraverso la riduzione del costo del lavoro per aumentare la competitività è fallito nei fatti.

Il costo del lavoro, anche se drasticamente ridotto determinando una conseguente contrazione dei redditi delle famiglie, non ha avuto un impatto significativo sulla produttività del sistema economico che è rimasto stagnante. La riduzione del costo del lavoro ha avuto un impatto unidimensionale, vale a dire ha aumentato solo il margine e lo spazio per il profitto delle grandi imprese.

In quarto luogo, l’impatto sul mercato del lavoro è stato molto pesante.

Cipro registra le peggiori percentuali di sottoccupati, vale a dire coloro che lavorano in impieghi part-time e ricevono un basso salario. Per 15 trimestri consecutivi gli stipendi sono diminuiti e la percentuale della popolazione con famiglie che vivono con un bassissimo indice di intensità di lavoro è raddoppiato negli ultimi cinque anni. Negli ultimi anni, il numero di persone inattive, cioè le persone che non sono più in cerca di lavoro, è aumentato drammaticamente.

In quinto luogo, l’assenza di adeguati strumenti di sviluppo, ma anche la base produttiva precaria,mostrano che le prospettive per il futuro sono altrettanto desolanti.

Cipro si basa quasi esclusivamente sui servizi e sul turismo internazionale, dato che il veicolo principale per la crescita negli ultimi dieci anni, vale a dire il settore delle costruzioni, è oggi in crisi e senza prospettive reali per il futuro. I diritti umani fondamentali, come il diritto alla casa, sono in pericolo. Allo stesso tempo si stanno promuovendo le privatizzazioni delle organizzazioni semi-governative redditizie, che sono di importanza strategica per l’economia cipriota, a prezzi di svendita in favore delle multinazionali.

Questo è lo stato dell’economia di Cipro con i ciprioti che vivono una situazione senza precedenti. Anche se il Governo e l’Unione Europea si rifiutano di ammetterlo, la realtà è che l’insoddisfazione della società nei confronti del progetto Europeo è aumentata drasticamente. “Eurobarometro” ha di recente rilevato che la stragrande maggioranza del popolo di Cipro ritiene che non solo la situazione rimane molto cattiva, ma che andrà ancora peggio in futuro.

La società europea non può più sopportare di vedere il suo deterioramento. È indicativo che ancora oggi, a quasi dieci dalla brusca frenata del tasso di crescita non si è riusciti a tornare ai livelli pre-crisi. Ovunque siano state applicate le prescrizioni di austerità ed i memorandum si incontrano gli stessi fenomeni. Inoltre non possiamo ignorare che sempre più politici, scienziati e attivisti sono critici con queste politiche. Invece l’Unione Europea sembra non vedere alcuna necessità di cambiare l’ideologia attuata finora.

Tuttavia, continuando ad essere dogmatici, i risultati per la gente non potranno essere diversi. Noi, purtroppo, continueremo ad approfondire le contraddizioni e ad alimentare il nazionalismo negli Stati membri. Le fondamenta del neoliberismo, la filosofia che ci ha portato alla crisi, continuano ad ispirare oggi le politiche attuate perché si suppone facciano superare la crisi.

Questa ottusa contraddizione pesa oggi sull’Unione Europea e in particolare sulla capacità dell’Eurozona di creare un reale sviluppo economico per i loro popoli.

Per AKEL l’uscita dalla crisi significa migliorare il tenore di vita per l’intera società. Ciò significa la creazione di posti di lavoro con diritti; al fine di garantire un reddito adeguato per i lavoratori. Significa sanità pubblica,istruzione e assistenza di qualità. Significa sostenere la parte vulnerabile della popolazione.

Purtroppo, per il governo di Cipro e per la classe dirigente nell’Unione Europea, l’uscita dalla crisi significa che i ricchi diventano sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri. Significa la svendita della ricchezza e della proprietà pubblica; la svendita delle imprese cooperative; il collasso degli ospedali pubblici e la deregolamentazione dei rapporti di lavoro.

Il futuro dell’Europa non può essere intrappolato nella stagnazione.

Le soluzioni devono essere date a livello locale e a livello Europeo attraverso scelte che aumentino la spesa pubblica in progetti di investimento e di infrastrutture; attraverso l’elaborazione e la realizzazione di una strategia per mettere mano in modo sostanziale alla riduzione della disoccupazione; attraverso la creazione di posti di lavoro stabili e dignitosi; attraverso il rafforzamento degli sforzi per combattere la povertà e l’esclusione sociale; con il rispetto delle peculiarità della struttura economica di ciascuno stato membro, lontani da qualsiasi approccio unico ed uniforme che nella maggior parte dei casi affronterebbe il problema in modo superficiale e approssimativo; attraverso un piano alternativo globale, anche con l’attuazione di misure non convenzionali, di misure che avranno come priorità il potenziamento qualitativo e l’innalzamento del tenore di vita della società e non il mero miglioramento quantitativo degli indici.

In queste condizioni, tutte le forze progressiste hanno il dovere di promuovere un’azione comune e proporre un percorso alternativo genuino, lontano dal patto di stabilità; un percorso che non ha come unico criterio il monetarismo della Banca Centrale Europea, ma che invece sostiene la classe lavoratrice in Europa.  Per generare per Cipro e per l’Europa una prospettiva di pace, prosperità e progresso.

Grazie mille.

*(traduzione a cura di Luca De Rosa, collaboratore Dipartimento Esteri PCI )

 

 

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