Il Kazakistan e le sue incognite

di Luca A. Rodilosso – Dipartimento Comunicazione Nazionale PCI

Il 2 dicembre 2021, appena dopo che il Governo ha annunciato un aumento del prezzo del gas, nel grande paese dell’Asia centrale è scoppiata una protesta di massa. Il 4 gennaio, dopo 1 mese di tensioni, si è arrivati all’abolizione dell’impopolare misura sul gas e alle dimissioni del Governo. Ma il fatto poco spiegabile è che, dopo quelle proteste, il ritiro del provvedimento non ha placato gli animi, ma si è radicalizzato lo scontro con  la comparsa di bande armate e ben organizzate, che hanno preso di mira le strutture del potere ingaggiando battaglia contro la polizia, quasi ovunque costretta alla ritirata. Il 5 gennaio è divenuto chiaro che si aveva davanti non una semplice protesta antigovernativa, ma un tentativo vero e proprio di colpo di stato, accuratamente pianificato con un vasto dispiegamento di mezzi e di risorse.

La reazione del presidente della Repubblica del Kazakistan Kassym Jomart Tokayev è stata quindi inevitabile, portandolo a chiedere ufficialmente l’intervento del Trattato per la Sicurezza Collettiva (CSTO), alleanza militare difensiva che oltre allo stesso Kazakistan unisce Russia, Bielorussia, Armenia, Tadjikistan e Kirghizistan. Il CSTO, onorando gli accordi, ha acconsentito affinché nella notte tra il 5 e il 6 gennaio i primi militari russi sono entrati nella Repubblica. Il distaccamento bielorusso dovrebbe essere giunto anch’esso, e a seguire arriveranno unità dagli altri stati membri.

Evitato il peggio, però gli scontri armati proseguono in molte regioni del paese e la situazione rimane difficile. Sicuramente le imminenti trattative Russia-USA e Russia-NATO risulteranno pregiudicate.

Le proteste del 4-5 gennaio hanno avuto un’evoluzione molto rapida: dai primi, ingiustificati ma comunque non militarmente pericolosi, assalti ai negozi di elettronica si è passati rapidamente alla comparsa di bande armate già organizzate, che sono state viste distribuire armi agli elementi più facinorosi dei manifestanti. Alcune fonti del Governo kazako parlano persino di alcuni appartenenti all’organizzazione dei “Lupi Grigi”, l’estrema destra Turca, ipotizzando il coinvolgimento seppur indiretto di alcuni elementi dei servizi del paese mediterraneo che rimane comunque un membro NATO, anche se la Turchia ultimamente gioca sempre più in autonomia nelle dinamiche dell’Asia Centrale. I più gravi incidenti sono avvenuti ad Alma Ata (ex capitale del paese) e sono stati colpiti il Municipio, la Questura, diversi terminal aereoportuali. Sono stati ritrovati inoltre decapitati due poliziotti.

E’ palese, per quanto molta gente pacifica abbia inizialmente rivendicato dei diritti sacrosanti, che la polveriera euroasiatica è preda di appetiti senza scrupoli in primo luogo da parte dell’Occidente, che già con l’Euromaidan ucraino e le recenti proteste in Bielorussia ha dimostrato di non avere a cuore il benessere dei cittadini ex sovietici, ma di strumentalizzare accadimenti e proteste naturali in ogni società e in ogni storia di una nazione per mandarli, come carne da macello, all’immolazione sobillando il disordine interno con l’aiuto di gruppi terroristici specializzati.

Ne è indizio il continuo interesse che attorno a questi avvenimenti si genera da parte di soggetti alquanto raccomandabili come Saakashvili, ex presidente della Georgia, promotore dell’aggressione militare a peacekeeper russi in Ossezia e Abkhazia (poi ritortasi contro il suo paese), ora rifugiato guardacaso in Ucraina per sfuggire a dei processi nel proprio paese, e il presunto leader dell’opposizione Kazaka Mukhtar Ablyazov, che dal suo esilio dorato di Parigi al riparo da altre numerose condanne in Kazakistan e in Russia (frode, appropriazione indebita e truffa)  si è messo a twittare ripetutamente inneggiando ai disordini nel suo paese sul modello ucraino di Euromaidan, salvo poi, vedendo gli interventi imminenti del CSTO, rimangiarsi ogni parola negando il suo coinvolgimento nell’organizzazione delle proteste. Il suo problema è che non si cancella quello che si scrive sul web, e in ogni caso Ablyazov dovrebbe spiegare cosa è andato a fare in Ucraina nel 2021, ricevuto, guardacaso, proprio da Sakashvili.

Protestare contro il carovita è una cosa nobile, lottare nazionalmente contro i propri oligarchi è parimenti nobile. Per questo i compagni del Partito Popolare del Kazakistan stanno lavorando da anni e hanno preso il 9,1% alle ultime elezioni.

Questo non vuoldire però far saltare l’asse euroasiatico con Cina e Russia, non vuoldire sparare e saccheggiare le città. Queste sono le classiche operazioni reazionarie e colorate per aver denunciato le quali, ricordiamocelo, Assange marcisce in carcere in Gran Bretagna con rischio estradizione negli Usa.

Quindi, da parte del nostro Partito non vi sarà nessuna solidarietà con chi terrorizza i paesi per conto terzi. Dalla Siria alla Bielorussia, dallo Xinjiang all’Ucraina (nella quale oggi nessun lavoratore, nessun bimbo, nessuna donna sta meglio mentre il figlio di Biden pascola in mezzo alle società di capitali ucraine, e gli abitanti del Donbass combattono per la loro dignità, lingua e Storia) il quadro è unico e comune.

Guardando a casa nostra, all’estrema ignoranza con la quale viene vista e considerata la società e la politica in tutti i paesi dell’area euroasiatica, mi permetto solo queste ultime considerazioni:

la cosiddetta “sinistra” liberal di oggi è la peggior nemica del riscatto dell’Eurasia, della via della Seta, della nuova armonia multilateralista a guida economica cinese e di sicurezza del Patto sino-russo-iraniano di Shangai.

Come Italia, e forse, ma solo forse, come Europa, la parola è e dovrà essere “Dialogo”, se vogliamo arrivare con maggiore sicurezza a una qualche forma di pace tra i popoli nel continente europeo e asiatico. Nel mentre, tratteniamo rapporti più che cordiali con potenze tutt’altro che democratiche o pluraliste, come l’Arabia Saudita o gli Emirati, oppure con paesi che erigono a sistema una reclusione territoriale di massa del popolo palestinese, come Israele.

Quindi, la nostra “sinistra liberal”, in tutte le sue accezioni e varianti, applica più o meno volontariamente uno schema di analisi frutto di una servitù ad un passato coloniale che non vuole passare. Questa, se intendiamo per “Sinistra” l’emancipazione dei popoli, non è la direzione che intendiamo noi comunisti.

Questa per noi è una TRUFFA.

One Comment

  1. Diego Bigi

    La lettura di questo articolo mi ha dato una grande (e triste) soddisfazione. Vedo che tragici avvenimenti stanno venendo avanti, ma anche che persone capaci di leggerli nel loro svolgersi non mancano. Un grazie a tutto il partito.

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