Il Segretario del PCI al Forum sul Socialismo Mondiale a Pechino

Introduzione a cura di Francesco Maringiò

La settimana scorsa si è svolto a Pechino l’11° Forum del Socialismo Mondiale, organizzato dalla prestigiosa Accademia Cinese delle Scienze Sociali (CASS). Vista la diffusione della pandemia da Covid-19, il Forum si è tenuto in modalità dal vivo per i ricercatori e gli accademici cinesi ed in
modalità online per gli ospiti stranieri.
Oramai da diversi anni, questo Forum sta acquisendo una peculiare importanza ed aiuta a costruire momenti di scambio e confronto politico tra i comunisti di tutto il mondo. La formula di coniugare partiti politici ed intellettuali si è rivelata particolarmente interessante perché permette,
pur nel rispetto delle differenti opinioni e nella salvaguardia del principio di uguaglianza tra i partecipanti, di sviluppare un dibattito rigoroso ma non celebrativo e quindi effettivamente utile per uno scambio di vedute ed opinioni tra le forze comuniste e marxiste a livello internazionale.
Proprio per questa ragione, anche questo forum ha visto la presenza di intellettuali e dirigenti politici. Tra questi, i segretari nazionali del Partito Comunista Italiano, Partito Comunista di Bretagna e dell’Ucraina e dirigenti del PC della Federazione Russa, del PC Libanese ed il compagno Prachanda, già primo ministro del Nepal. Assieme a loro sono intervenuti intellettuali
dell’Accademia delle Scienze Sociali del Vietnam, della Russia, del Laos e della Scuola di Partito di Cuba, assieme ad intellettuali dal Giappone e dalla Russia ed a Kerry Brown, famoso sinologo di fama internazionale e docente del King’s College di Londra. Questi intellettuali stranieri hanno discusso assieme ad dirigenti ed agli intellettuali cinesi, a partire dal vice direttore dell’Accademia cinese del Marxismo, del vice direttore della CASS ed il Direttore del Centro di Ricerca del Socialismo Mondiale, assieme a tanti altri preminenti intellettuali.
Il 2021 sarà un anno di importanti celebrazioni per molti comunisti nel mondo. Tra questi gli italiani, che ricordano la fondazione del Partito Comunista d’Italia a gennaio ed i cinesi che celebreranno il centenario di fondazione del PCC a luglio. Nell’ambito di queste celebrazioni, la
CASS ha voluto organizzare alcuni momenti di confronto per studiare la prospettiva dei marxisti stranieri sulle prospettive del socialismo mondiale e sulla loro analisi relativa all’esperienza del PCC. Nel solco di questa ricerca si inserisce l’intervento che il Segretario del PCI, compagno Mauro
Alboresi, ha tenuto al convegno e, possiamo sin da ora anticiparlo, ha sviluppato in un saggio che verrà pubblicato in Cina all’interno di una raccolta di saggi sul centenario del PCC e che raccoglie il contributo di 100 intellettuali e dirigenti politici internazionali.
Qui di seguito la traccia dell’intervento al Forum di Pechino.

Francesco Maringiò

Intervento di Mauro Alboresi al Forum
sul Socialismo Mondiale a Pechino

Come Partito Comunista Italiano, siamo tra coloro che hanno guardato e guardano con grande attenzione ed interesse all’esperienza del Partito Comunista Cinese, al suo dispiegarsi, da quel lontano Luglio del 1921 nel quale esso si costituì, come altri partiti comunisti in altra parte del
mondo, sull’onda dei sommovimenti conseguenti all’affermazione della Rivoluzione d’Ottobre, dei nuovi equilibri determinatisi a seguito della prima guerra mondiale.

Analizzando i molteplici salienti passaggi che hanno caratterizzato la storia del PCC cogliamo innanzitutto la sua crescente capacità di misurarsi con la realtà data, di affermarne una lettura originale, peculiare, di sapere tenere assieme teoria e pratica politica, ribadendo il primato di quest’ultima.

Da ciò è largamente derivato il suo successo durante la lunga fase dell’occupazione straniera, della guerra civile, sino all’affermazione della Repubblica Popolare Cinese nell’Ottobre del 1949 e, successivamente ad essa, sino ad oggi.
Una capacità di analisi, di critica, che gli ha consentito e gli consente di guardare avanti, misurando ed adeguando la linea del partito ai mutamenti di volta in volta impressi alla realtà.
Siamo di fronte ad un’esperienza profondamente dialettica, che trova nell’opera di Mao Zedong una delle sue più alte espressioni, tanti gli esempi possibili al riguardo, ad un’esperienza che sviluppandosi negli anni successivi ad opera dei dirigenti succedutigli, ha posto con sempre maggiore forza all’attenzione generale la Cina, la questione della costruzione del “socialismo con caratteristiche cinesi”, volta al massimo sviluppo delle forze produttive, anche attraverso l’utilizzo di forme e meccanismi di mercato, funzionali anche e soprattutto sul piano della allocazione di risorse.

Una scelta, questa, pienamente dentro il pensiero marxista, che ha fatto tesoro della stessa storia dell’URSS, delle ragioni che hanno concorso a determinarne la crisi, ossia l’assenza, per motivi storici ed ideologici diversi, di elementi, anche spuri, volti alla dinamizzazione dell’economia ( la rimozione quasi immediata della NEP voluta da Lenin è emblematica al riguardo, così come lo è nella cosiddetta fase alta della stagnazione brezneviana, la rinuncia ad ogni linea volta a rivitalizzare l’economia socialista attraverso un nuovo rapporto tra piano e mercato, tra socialismo
e mercato).

Una scelta, quella del PCC, che nel contempo esprime la piena consapevolezza circa la centralità della proprietà pubblica nei settori strategici dell’economia, della pianificazione, della programmazione dello sviluppo, della sua finalizzazione, e della necessità a tal fine di non mettere
in discussione il ruolo di direzione, di governo del partito.
Ciò esprime la convinzione che socialismo e mercato, purché questi sia effettivamente regolato e controllato, non sono termini conflittuali, come, al contrario, lo sono in maniera irriducibile socialismo e capitalismo.
Il benessere del popolo quale obbiettivo primario di una società socialista, è l’orizzonte entro il quale dichiaratamente, concretamente, muove l’azione del PCC, ed i dati disponibili testimoniano dei grandi risultati raggiunti, riconosciuti anche dai diversi organismi internazionali.

Siamo di fronte ad un’esperienza originale ed allo stesso tempo efficace di costruzione di una società socialista, è questo il grande apporto, il grande contributo fornito dalla Cina alla causa del socialismo, nello scorso e nell’attuale secolo.
Come più d’uno ha sottolineato, tale esperienza, il suo futuro, è legato alle prospettive offerte dalla situazione internazionale.
Gli sforzi del PCC, della Cina, sono orientati alla pace, alla risoluzione pacifica delle controversie internazionali, all’affermazione di uno stabile ordine internazionale.

L’obbiettivo della costruzione di un’umanità con un futuro condiviso è la giusta risposta data alla situazione attuale, ad una fase storica caratterizzata dalla globalizzazione, da un processo di interconnessione tra i diversi paesi e le diverse aree del mondo di assoluta ed inedita portata.
L’esperienza cinese sta lasciando un segno importante in tale direzione, come dimostra, ad esempio, la stessa scelta di dare vita al progetto infrastrutturale, con evidenti ricadute sul piano geopolitico, rappresentato dalla “Nuova via della seta”.
Che l’umanità si misuri sempre più con un destino comune è un dato di fatto, come dimostrato dalla stessa pandemia da coronavirus con la quale essa sta facendo i conti, ed anche in relazione a ciò l’approccio della Cina si è dimostrato aperto, solidale, accrescendone il prestigio.

Siamo di fronte ad un insieme di questioni che connotano la sfida globale (pace, sviluppo, ambiente, etc.) e che impongono innanzitutto un cambio di prospettiva, un diverso approccio culturale e politico.

Il capitalismo evidenzia sempre più la propria crisi strutturale, il suo essere un sistema che per crescere abbisogna di distruggere ciò che costruisce si dimostra insostenibile, oltre che profondamente ingiusto, insensato, e pone l’intera umanità sull’orlo del baratro.
Esso, tuttavia, si propone con sempre maggiore aggressività, nega la sussistenza dei problemi, propone con sempre maggiore forza la propria visione unilaterale, un approccio protezionista.
Come da più parti sottolineato i prossimi anni saranno segnati da un confronto sempre più marcato tra questi due scenari, tra queste due prospettive.

Anche a fronte di ciò, ne siamo convinti, è opportuno rilanciare, in forme e modalità nuove, al passo coi tempi, un nuovo internazionalismo, ricercare il massimo delle alleanze possibili con tutte le realtà che non si rassegnano all’attuale scenario, nella convinzione che un’alternativa è possibile, oltre che necessaria.
Quanto messo in campo dal PCC, dalla Cina, l’obbiettivo perseguito di una società socialista per il ventunesimo secolo, costituisce un’esperienza di assoluto rilievo, essa ha contribuito e contribuisce al rilancio degli ideali e della prospettiva del socialismo su scala planetaria.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *