In memoria degli operai della ThyssenKrupp (e non solo)

Di Giorgio Langella – Dipartimento Lavoro del PCI

In memoria degli operai della ThyssenKrupp (e non solo)

Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 otto operai dello stabilimento ThyssenKrupp di Torino furono investiti dalla fuoriuscita di olio bollente.

Un solo operaio riuscì a salvarsi miracolosamente; gli altri sette, invece, morirono, bruciati vivi, dopo sofferenze indicibili. Questa tragedia non fu una tragica fatalità. Avvenne a causa delle condizioni di estrema precarietà e insicurezza nelle quali gli operai erano costretti a lavorare. Possono essere considerati veri e propri omicidi. Nei processi che seguirono alcuni responsabili furono condannati ma i principali colpevoli vivono in Germania ancora a piede libero.

Noi vogliamo ricordare i nomi dei sette operai uccisi: Antonio Schiavone, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino.

Dopo questa tragedia ci furono promesse di affrontare la questione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il risultato fu quello di un progressivo ammorbidimento delle sanzioni previste nel “Testo unico sulla sicurezza sul lavoro” e una diminuzione, di fatto, delle risorse economiche e umane destinate alla prevenzione e al controllo della sicurezza nel lavoro. Anche la giustizia è stata carente. Tra prescrizione, cavilli vari e normative ambigue e interpretabili, moltissimi processi sono finiti in un nulla di fatto o in interminabili udienze. Ad esempio è bene ricordare il processo Marlane-Marzotto terminato con “nessun colpevole” a fronte di oltre cento lavoratori deceduti per malattia riconducibile alle condizioni di lavoro. In definitiva le pochissime condanne che ci sono state sono finite in poca cosa e in nessun deterrente.

Le condizioni nelle quali si lavora abitualmente sono rimaste le stesse anzi, spesso, risultano peggiorate. La corsa alla competizione anche tra i lavoratori e l’aumento della precarietà (esasperata da forme bassi salari, ricatto occupazionale abitualmente usato per diminuire i costi, aumento dei ritmi di lavoro e della conseguente alienazione, progressivo invecchiamento di lavoratrici e lavoratori che non possono andare in pensione …) hanno determinato le situazioni di insicurezza e incuria per le quali ogni giorno si muore.

Tutte le promesse di maggiore sicurezza si sono rivelate pura e semplice propaganda. Tutti i governi che sono stati in carica dal 2008 a oggi si sono occupati d’altro. Chi vive del proprio lavoro ha continuato a infortunarsi e ammalarsi per mancanza di sicurezza, a morire a causa di condizioni di insicurezza volute o tollerate. Non c’è stata nessuna tregua o armistizio nel conflitto che esiste tra capitale e lavoro.

È bene che si sappia che, dall’inizio dell’anno a oggi, sono morti per infortunio nei luoghi di lavoro 652 persone, che considerando anche i decessi in itinere le lavoratrici e i lavoratori morti sono 1323, che bisogna aggiungere a questi anche i morti per covid contratto nei luoghi di lavoro e che ogni anno migliaia di persone muoiono per malattie professionali o per l’inquinamento prodotto da attività produttive poco o per niente sicure. L’ex ILVA è un esempio eclatante, così come lo sono le varie discariche di rifiuti tossici che vengono “scoperte” nei vari territori del nostro paese.

Tutte queste morti non sono qualcosa di inevitabile e neppure tragiche fatalità. Non possono essere nemmeno un “tributo dovuto al progresso”. Sono l’effetto tragico e intollerabile del sistema nel quale viviamo, di quel modello di sviluppo  spaventoso e irriformabile che privilegia il profitto individuale e che considera la sicurezza nel lavoro un costo che può e deve essere abbattuto. I morti della Thyssen e tutte le migliaia di “omicidi bianchi” sono il risultato tragico del considerare il mercato motore di qualsiasi cosa, una specie di religione nella quale chi vive del proprio lavoro viene considerato null’altro che “capitale umano”, un ricambio che può essere scartato quando non serve più. Lavoratrici e lavoratori sono ridotti a diventare meccanismi di una macchina infernale. A loro, al massimo, viene riservata qualche parola di cordoglio quando “si rompono”. Niente di più.

NB: la fonte delle informazioni numeriche è l’Ossrvatorio Nazionale morti sul lavoro curato da Carlo Soricelli che ha creato dal 1° gennaio 2008 il sito https://cadutisullavoro.blogspot.com/ in memoria dei lavoratori uccisi alla Thyssen e che conduce da ormai 14 anni un instancabile e prezioso lavoro di informazione e denuncia della situazione sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Grazie, Carlo.

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