Insistiamo: l’immigrazione non è un’emergenza, è un processo che va governato!

di Mauro Alboresi, Segretario Nazionale PCI

Il voto del Senato, che ha concesso l’autorizzazione al processo nei confronti dell’ex Ministro Salvini, per plurimo sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, è in questi giorni al centro dell’attenzione generale.

Centrodestra e centrosinistra si rimpallano l’accusa di un uso politico della Magistratura. Noi ci limitiamo a prendere atto di tale pronunciamento, sottolineando che sarà quest’ultima a decidere circa eventuali responsabilità penali dell’interessato. Al PCI preme innanzitutto porre l’accento sulla questione della gestione dell’immigrazione che ha caratterizzato il primo governo Conte, nel quale Salvini era Vicepresidente e Ministro degli Interni, e che caratterizza l’attuale.

Per noi, tra le tante politiche che hanno caratterizzato negativamente tale compagine, vi è anche e soprattutto quella di una gestione dei processi migratori come questione emergenziale, di sicurezza nazionale. Emblematici al riguardo i cosiddetti decreti sicurezza, i decreti Salvini, che hanno privato i migranti dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e dai trattati internazionali, criminalizzato il ruolo delle ONG e delle tante realtà impegnate nell’accoglienza, messo in discussione importanti processi di integrazione realizzati.

Il risultato di tali norme, di tali politiche, si è imposto all’attenzione generale: più illegalità, più sfruttamento, più povertà. Che lo stesso dichiari “tornerò al governo e rifarò le stesse cose”, al di là dell’evidente presunzione ed arroganza, dice tanto di ciò che, nel caso, si prospetta in merito. Della tanto sbandierata discontinuità del governo Conte bis in tema di governo dell’immigrazione, tuttavia, poco o nulla è in campo, ad esempio i su richiamati decreti non sono stati né abrogati né modificati, dello ius soli e/o dello ius culturae non si parla neppure più.

La reiterazione del patto con la Libia, vigente dal 2017 e dichiaratamente volto a fermare i flussi migratori, non va certo in tale direzione. I fatti, come denunciato anche in questi giorni dall’UNHCR, dimostrano che “gli immigrati sono esposti a torture, detenzione arbitraria, schiavitù,
rischi per la vita, in spregio delle leggi sui diritti umani e marittimi”, e che la guardia costiera libica, la scorsa settimana, abbia sparato, uccidendoli, a migranti in mare ne è la drammatica conferma.
La stessa ripartizione dei migranti tra i diversi paesi dell’Unione Europea, enfatizzata dall’attuale governo come un successo, si sta rivelando più formale che sostanziale. Serve quindi ben altro.

I processi migratori in atto, che in questi giorni registrano un incremento quantitativo, riconducibile a molteplici fattori, e che evidenziano l’affermarsi di nuove direttrici (ad esempio Algeria,Tunisia, Balcani), hanno cause precise, che rinviano, tanto, alla responsabilità dei paesi che con essi sono oggi chiamati a misurarsi.
Servono scelte in grado di rispondere adeguatamente ad essi, agli effetti che ne derivano. La soluzione non è quindi quella delle politiche securitarie ad oggi largamente affermatesi.

Servono politiche tese a governare tale questione con un approccio organico, condiviso, ed in tale ottica si impone la questione dei corridori umanitari, degli accordi con i paesi di origine, del ripristino di flussi migratori regolati, di politiche inclusive, solidali, etc.
L’immigrazione è un dato di fatto strutturale, non emergenziale, con il quale si è e si sarà sempre più chiamati a fare i conti.

I cosiddetti decreti Salvini, alla prova dei fatti, si sono rivelati disumani, dannosi, la loro cancellazione, unitamente a quella della cosiddetta legge Bossi/Fini, è il punto di partenza per chi si dichiara in discontinuità con la cultura politica che li ha ispirati.

Serve cambiare, servono fatti, non parole!

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