La dismissione

PCI – Dipartimento Lavoro

Era il 2002 quando venne pubblicato un libro di Ermanno Rea dal titolo “La dismissione”. Era la storia della vendita di una grande fabbrica, della sua chiusura e dello smantellamento degli impianti che dovevano essere trasferiti in Cina. Un tassello della desertificazione industriale di un territorio, il sud del nostro paese, e di una città, Napoli, con la conseguente cancellazione di un futuro produttivo. Una storia sempre più attuale che si è ripetuta nella realtà un po’ in tutta Italia. Pensiamo, per esempio, all’ex Ilva …

… il romanzo di Rea torna, oggi, in mente mentre si legge questa notizia: Le apparecchiature dello stabilimento napoletano della Whirlpool sono offerte all’asta su un sito web specializzato nella compravendita di macchinari industriali usati.”  (tratto da napoli.repubblica.it)  …

… e, allora, si deve cominciare a pensare …

I padroni della Whirlpool vogliono disfarsi della fabbrica, vogliono cancellare qualsiasi possibilità che possa riprendere a produrre. E vogliono impedire l’esistenza di qualsiasi possibile concorrente.

Lo fanno senza tenere conto di accordi e trattative che sono servite, evidentemente, solo a prendere tempo.

Lo fanno via internet, facendo saltare qualsiasi rapporto umano, ogni etica, anche la più elementare, perché disprezzano le lavoratrici e i lavoratori che si troveranno senza occupazione e senza futuro.

Lo fanno senza considerare che chi ha fatto funzionare quelle apparecchiature sono quelle persone che chiamano esuberi e che dovrebbero esserne i veri proprietari.

Lo fanno incuranti dei finanziamenti pubblici che hanno ricevuto. Hanno preso i soldi e, oggi, svendono.

Lo fanno perché possono farlo, perché viviamo in un sistema dove loro sono loro e gli altri non contano niente. Lo fanno perché un governo indifferente e  ostile a chi lavora glielo permette.

È necessaria una mobilitazione generale per impedire il continuo saccheggio delle nostre industrie. Si è visto che con la concertazione e l’attesa non si raggiunge niente se non il peggio. Bisogna cominciare ad esigere che sia lo Stato a tornare ad essere protagonista dello sviluppo economico e industriale del paese. Impedire le delocalizzazioni, espropriare le attività strategiche, colpire le speculazioni, cancellare la precarietà, attuare la Costituzione … questo è il compito delle Istituzioni.

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