Liberare le Marche dalle devastanti politiche liberiste

di PCI Fermo

«Liberare definitivamente il territorio marchigiano da un decennio di abbandono e di obbedienza ai diktat del mercato con effetti devastanti» chiamando a raccolta organizzazioni politiche, sociali ecologiste e democratiche. È questo l’appello rivolto dal Partito Comunista Italiano alla «sinistra non egemonizzata dalle politiche della destra».

Insomma una chiamata a raccolta al mondo civico per costruire una proposta politico-programmatica unitaria e «alternativa per le Marche» in vista delle regionali. I comunisti chiedono «un atto di responsabilità» a chi intenda «mettere al centro dell’agenda politica la tutela e la promozione dei diritti sociali, del lavoro e dei beni comuni – scrivono in una nota – . Una scelta di chiarezza che si oppone alle pulsioni ondivaghe delle forze politiche rilevanti, alcune delle quali al governo oscillanti tra indefiniti patti civici, o meglio accordi controversi sostanzialmente finalizzati al mantenimento di posizioni di potere».

Insomma i comunisti dicono no a «replicare la fragile alleanza che sostiene, non senza fibrillazioni e contraddizioni, l’esecutivo nazionale».

Secondo il Segretario Regionale del Partito Comunista Italiano, Fabio Pasquinelli la scelta di Mangialardi «è un atto di pericolosa sintonia con il controverso programma e i pessimi risultati del governo Ceriscioli» spiega in una nota. Un governo che Pasquinelli definisce come caratterizzato da una «svolta a destra» avviata «con il secondo mandato
Spacca e proseguita, in sostanziale continuità ma con maggiore aggressività, con la giunta» attuale che ha escluso la «sinistra non solo dalle coalizioni elettorali ma, soprattutto, dall’agenda politica di governo».

Il Partito Comunista Italiano punta il dito contro «la privatizzazione della sanità pubblica, con l’aumento di fondi di bilancio destinati alla sanità privata convenzionata e la dismissioni di importanti strutture ospedaliere e punti nascite sul territorio». Poi anche contro i «ritardi e le inefficienze nel sostegno alle attività produttive e nella ricostruzione dei siti colpiti dal sisma del 2016» e sul fatto che «ad oggi, non c’è un piano operativo e partecipativo di ricostruzione e rilancio dei territori terremotati».

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