Marlane-Marzotto, la storia si ripete.

di PCI federazione provinciale di Vicenza

La storia si ripete. Nell’ottobre 2010 dopo qualche udienza preliminare del primo processo Marlane-Marzotto, gli avvocati difensori degli indagati eccellenti chiedevano il trasferimento del dibattimento a Vicenza, per loro “sede naturale” dal momento che le decisioni venivano prese a Valdagno. Una richiesta che venne rigettata in una successiva udienza verso fine ottobre 2010. Qualcuno ricorda cosa successe ormai 7 anni fa. Ci furono continui rinvii, eccezioni, richieste varie che fecero rallentare l’inizio del processo.

La storia si ripete. Oggi le notizie relative al nuovo procedimento “Marlane-Marzotto bis” che vengono pubblicate, di fatto, solo da VicenzaPiù a firma di Andrea Polizzo (che ringraziamo per la professionalità e l’onestà intellettuale che dimostrano) ci raccontano la trama di un film già visto. La linea difensiva è, infatti, sempre la stessa. La differenza è che, questa volta, viene chiesto il trasferimento del procedimento da Paola a Napoli (e non a Vicenza come nel 2010) basandosi sulla circostanza che il primo decesso tra i 29 casi che fanno parte della nuova inchiesta avvenne proprio a Napoli nel 1980.

La storia si ripete. La richiesta di trasferimento non è altro che un chiaro tentativo di rimandare l’inizio del nuovo processo. La solita, esasperante, tattica dilatoria costituita da continui rinvii a causa di eccezioni, errori procedurali, cavilli di vario genere.

La storia si ripete. Da una parte le vittime che non riescono a ottenere giustizia. Dall’altra parte gli avvocati degli indagati (e, nel primo processo, degli imputati) che fanno di tutto per rinviare all’infinito il dibattimento. In mezzo il muro di gomma costituito (e costruito) da chi è indifferente, da chi non vuole vedere, da chi tace, da chi si gira dall’altra parte, da chi è sicuro che queste “faccende” non lo tocchino.

La storia si ripete. Noi comunisti (e, siamo sicuri, anche VicenzaPiù) non possiamo e non vogliamo tacere. Stiamo dalla parte delle vittime, dalla parte di chi ha dovuto subire condizioni di lavoro indecenti, dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori a cui è stato negato il futuro, dalla parte dei loro familiari. È una questione di classe e di giustizia. Quella giustizia che è stata, ad oggi, negata.

La storia si ripete. Chi tace, oggi come ieri, non è equidistante ma si schiera di fatto con chi non vuole che venga fatto alcun processo e tenta con ogni mezzo di evitarlo. Chi resta in silenzio si pone dalla parte di quei “lorsignori” che non vogliono essere giudicati

Si prenda coscienza che, anche chi non si è accorto di cosa è successo a Praia a Mare, anche chi non ha voluto sapere, anche chi si girato dall’altra parte e ha fatto dell’indifferenza il suo ideale, è sempre e comunque coinvolto.

 

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