Migranti. Tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare.

di Mauro Alboresi

I diversi organi di stampa ed informazione hanno dato conto dell’esito del vertice europeo, tenutosi ieri a Bruxelles, avente all’ordine del giorno la questione  del governo dei flussi migratori in atto.

Il governo italiano, la cui  affermazione deriva in larga parte dall’uso strumentale, dalla drammatizzazione  che di tale questione hanno fatto le sue componenti, prima e durante la campagna elettorale,  si è dichiarato soddisfatto, ritenendo che diverse sue posizioni siano state accolte (80% secondo il Presidente Conte, 70% secondo il Ministro degli Interni Salvini).

I fatti, se si assumono a riferimento le posizioni con le quali il governo è andato al vertice, dimostrano il contrario, in termini assoluti.

Nessuna modifica dell’accordo di Dublino, a suo tempo sottoscritto dal Governo Berlusconi, del quale l’allora Lega Nord era parte, in base al quale l’obbligo di asilo è in capo al paese di approdo dei migranti,  anzi, si esplicita che in primis si tratta dell’Italia. Un risultato ancor più negativo, questo, se si pensa che la Lega ed M5S, nei giorni scorsi,  al Parlamento Europeo, non hanno votato a favore di un provvedimento che metteva in discussione questo principio, nella convinzione di potere ottenere di più al vertice.

Nessun impegno ad articolare in diversi paesi i centri di accoglienza, anzi, si ribadisce che essi vanno fatti nei paesi di primo ingresso, quindi innanzitutto in Italia.

No alla redistribuzione obbligatoria di quote di migranti richiedenti asilo tra i diversi paesi dell’Europa, anzi, si è sottolineato al riguardo il criterio della volontarietà, e molti hanno già detto di no.

L’unico risultato conseguito dal governo italiano è quello relativo al ruolo delle ONG, dallo stesso fortemente osteggiate, che vengono escluse dal novero dei soggetti preposti al soccorso, riferito quindi  alla guardia costiera  libica ed a quella italiana ( sulla carta l’impegno a promuovere una guardia costiera europea). Un risultato, questo, del quale lo stesso non dovrebbe andare fiero, in quanto da una riduzione dei soggetti in campo è lecito aspettarsi un ulteriore drammatico bilancio in termini di perdita di vite umane.

L’Italia, per molti osservatori, è stata quindi messa in un angolo, sostanzialmente isolata, di certo, a fronte delle proprie richieste, ritorna dal vertice europeo con un pugno di mosche in mano.

Grande è l’incapacità dimostrata dal  governo italiano, dalle forze che lo compongono,  a gestire la questione dell’immigrazione, che non ha il carattere emergenziale che tali soggetti,  per un meschino calcolo politico, hanno teso, tendono a rappresentare, e che non può essere risolta con quanto proposto.

Il cinismo con il quale nei giorni scorsi è stata gestita dal governo, da Salvini in primo luogo, la vicenda della nave Aquarius, al grido “l’Italia rialza la testa”dice tanto al riguardo.

L’idea di Salvini di potere fare leva sui paesi dell’est, sul cosiddetto “blocco di Visegrad”, per affermare la posizione dell’Italia, si è dimostrata sbagliata.

Essi, infatti, si sono chiamati fuori, ribadendo la chiusura delle proprie frontiere, rimarcando quell’impostazione nazional-populista che anche la Lega esprime.

L’esito del vertice, oltre al fallimento dell’Italia, evidenzia tutti i limiti di un’Unione Europea che, chiusa nei suoi egoismi, sempre più lontana dai valori dichiarati come fondanti, è sempre più a rischio.

Tanto dicono le migliaia di migranti morti, cento soltanto ieri, registrati ad oggi. Per molti essi non fanno più notizia, per altri sono un prezzo inevitabile, un danno collaterale, a fronte del processo di competizione globale in essere. Per noi sono un dramma. I processi migratori in atto sono  largamente riconducibili alle politiche  portate avanti nel tempo da parte di tanti tra i paesi che oggi ne sono coinvolti, Italia compresa. Si può insistere nel strumentalizzarli politicamente, promuovendo xenofobia e razzismo, continuare a fare finta di niente, chiudersi entro i propri confini. La realtà ci dice che si è di fronte ad un processo irreversibile, di fronte al quale occorre tenere assieme politiche atte a rimuoverne concretamente le cause ed a governarne gli effetti. Ciò che ad oggi è in campo, in Europa ed in Italia, non va nella giusta direzione, tutt’altro, porta con sé un aggravamento del problema, le cui conseguenze è difficile prevedere.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *