Nell’ottantesimo anniversario dalla scomparsa di Antonio Gramsci.

di Giovanni Turris (Resp. PCI Roma, Cultura e Formazione).

Nel mese di marzo, in occasione dell’approssimarsi dell’ottantesimo anniversario della scomparsa di Antonio Gramsci, (Roma 27 aprile 1937) uscirà a Cagliari la prima nazionale del film – Nel mondo grande e terribile – che racconta la sua vita attraverso i suoi  scritti e le testimonianze durante gli ultimi dieci anni della sua esistenza trascorsi in carcere, in un’epoca buia come quella fascista. Ricordare oggi il pensiero di Gramsci equivale a riprendere quel lavoro culturale basato sulla formazione attraverso uno studio continuo,  finalizzato ad analizzare la società in tutti i suoi aspetti.  Sarà un anno in cui partiti politici, associazioni culturali e centri studi ricorderanno la grandezza del dirigente politico con convegni, seminari ed eventi vari, così come avviene da anni a questa parte in tutto il mondo, in particolare in America Latina.

Vita di Antonio Gramsci.

«Che cosa mi ha salvato dal diventare completamente un cencio inamidato? L’istinto della ribellione che da bambino era contro i ricchi, perché non potevo andare a studiare, io che avevo preso dieci in tutte le materie nelle scuole elementari, mentre andavano il figlio del macellaio, del farmacista, del negoziante in tessuti. Esso si allargò per tutti i ricchi che opprimevano i contadini della Sardegna ed io pensavo allora che bisognava lottare per l’indipendenza nazionale della regione: al mare i continentali. Quante volte ho ripetuto queste parole. Poi ho conosciuto la classe operaia di una città industriale e ho capito ciò che realmente significavano le cose di Marx che avevo letto prima per curiosità intellettuale. Mi sono appassionato cosi alla vita, per la lotta, per la classe operaia. Ma quante volte mi sono domandato se legarsi a una massa era possibile quando mai non si era voluto bene a nessuno, neppure ai propri parenti, se era possibile amare una collettività se non si era amato profondamente delle singole creature umane … Ho pensato molto a tutto e ci ho ripensato in questi giorni, perché ho molto pensato a te, che sei entrata nella mia vita e mi hai dato l’amore e mi hai dato ciò che mi era sempre mancato e mi faceva spesso cattivo e torbido. Ti voglio tanto bene, Julca, che non m’accorgo di farti male, qualche volta, perché io stesso sono insensibile … Ti bacio gli occhi, cara, a lungo, a lungo, per darti forza, per scacciare tutti i nuvoloni, perché tu sia forte forte, come puoi essere, come devi essere, mia compagna». (dalla lettera di Gramsci alla moglie Giulia – Vienna 6 Marzo 1924).

Antonio Gramsci nacque ad Ales (cagliaritano) il 22 gennaio 1891, quarto di sette figli da Francesco Gramsci, impiegato nell’ufficio del registro e Giuseppina Marcias, originari di Ghilarza. Nel 1894 la sua famiglia si trasferì a Sorgono (Nuoro). In quegli anni va fatto risalire l’inizio dei suoi malanni fisici, a causa di una caduta dalle braccia di una balia che lo tormenterà per tutta la sua vita. Per le sue delicate condizioni di salute cominciò a frequentare la scuola elementare a soli sette anni conseguendo la licenza elementare nell’estate del 1902 con il massimo dei voti, ma la situazione familiare non gli permise di iscriversi al ginnasio. Un anno prima aveva iniziato a dare il suo contributo all’economia domestica lavorando dieci ore al giorno nell’Ufficio del catasto di Ghilarza per 9 lire al mese, l’equivalente di un chilo di pane al giorno smuovendo registri che avevano un peso superiore al suo esile fisico, con notti passate a piangere di nascosto per il dolore in tutto il corpo. Nel 1908 si trasferì a Cagliari iscrivendosi al Liceo Classico Dettori, stando a pensione prima in un appartamento in via Principe Amedeo 24 (quartiere Marina) e successivamente nel Corso Vittorio Emanuele 149 (quartiere Stampace) insieme con il fratello Gennaro, il quale, terminato il servizio di leva a Torino, lavorava per cento lire al mese in una fabbrica di ghiaccio del capoluogo sardo. Conseguì la licenza liceale nel 1911 con una buona votazione nonostante i disagi e le ristrettezze economiche, tutti otto e un nove in Italiano, distinguendosi per intelligenza e preparazione culturale. Durante gli studi liceali comincerà a leggere gli scritti “dell’Avanti” e quelli di Marx inviatigli dal fratello. Il peso della Sardegna nelle sue scelte fu decisivo, avendo conosciuto a fondo l’arretratezza della sua isola e le condizioni di vita dei lavoratori, maturando un’esperienza umana in cui manifestò un istinto di ribellione per queste condizioni cui era sottoposto e scrisse che diventò un ribelle durante gli anni vissuti nella sua terra, prendendo coscienza della società del suo tempo. In Sardegna sorse per la prima volta nella sua mente il quesito sul quale doveva poi lavorare negli anni successivi ovvero quali furono le ragioni di quest’arretramento, ma più in generale quello dell’Italia Meridionale. Egli lavorò a questo tema per tutta la vita, ricercando queste ragioni in un’analisi di tutta la storia e la struttura della società italiana. Si iscrisse alla facoltà di Lettere dell’Università di Torino grazie a una borsa di studio, sostenendo i primi esami nel 1912. Nel 1913 si iscrisse alla sezione socialista e nonostante i problemi di salute che rallentarono i suoi studi, non gli impedirono di collaborare con “Il Grido del Popolo”; nel 1915 entrò nella redazione “dell’Avanti” e nel 1917 assunse la direzione del “Grido del Popolo”. Durante la prima guerra mondiale, la sua posizione sarà per una neutralità attiva e operante. Vicino fin da subito alle posizioni della Rivoluzione d’Ottobre del 1917 in Russia ad opera dei bolscevichi, farà conoscere l’esperienza della Rivoluzione ai compagni italiani affermando di come il nome di Lenin uscì dalla leggenda diventando un richiamo politico costante e di come il bolscevismo divenne un fenomeno storico d’immensa portata, non opera di utopisti, ma di avanguardie consapevoli e di masse organizzate che si muovevano verso l’unica via giusta. Insieme a Tasca, Terracini e Togliatti darà vita nel 1919 “all’Ordine Nuovo”, rassegna settimanale di cultura socialista che si proponeva di promuovere attraverso studi, ricerche e discussioni, l’analisi dei problemi della vita nazionale e internazionale, con la formazione delle classi lavoratrici di una coscienza politica e sociale per l’instaurazione rivoluzionaria di un “ordine nuovo” nella società italiana, partecipando attivamente al movimento dei consigli e alle occupazioni delle fabbriche al fianco degli operai durante il biennio rosso 1919-20. Il 21 gennaio 1921 (il giorno prima del suo trentesimo compleanno) abbandonò insieme agli altri delegati comunisti il XVII Congresso del Partito Socialista fondando al “Teatro San Marco” di Livorno il Partito Comunista d’Italia, Sezione italiana della III Internazionale Comunista. Gramsci è eletto nel Comitato Centrale. Nel giugno 1922 parteciperà a Mosca all’esecutivo dell’Internazionale Comunista. Fu ricoverato in una casa di cura e nel mese di settembre conoscerà Giulia Schucht, sua futura moglie. Da quest’unione nasceranno Delio e Giuliano (il secondo figlio non lo conoscerà mai). Nel 1924 fondò “l’Unità”, organo ufficiale del Partito e nello stesso anno diventò Deputato opponendosi con fermezza al fascismo. Uno dei passaggi più importanti del suo pensiero fu l’elaborazione delle Tesi di Lione nel 1926, durante il terzo Congresso del Partito Comunista, cinque anni esatti dopo la fondazione che portarono molti storici a considerarle l’asse portante di svolta in cui si affermò l’egemonia del gruppo dirigente dell’Ordine Nuovo alla guida del Partito. Fu arrestato l’8 novembre 1926 da Deputato in carica, nonostante l’immunità parlamentare con l’accusa di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all’odio di classe. Il 4 giugno 1928 verrà condannato dal tribunale speciale a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni di carcere in un processo nel quale la requisitoria del pubblico ministero Michele Isgrò si concluderà con una frase divenuta celebre: “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Il 22 giugno è assegnato alla Casa penale speciale di Turi (Bari). L’8 febbraio 1929 cominciò la stesura del Quaderni del Carcere, la sua opera più importante che lo renderà dalla seconda metà del XX secolo uno dei maggiori intellettuali marxisti al mondo, il più illustre nella storia del Movimento operaio italiano. Nei suoi elaborati, scritti per renderli indelebili nel tempo (fur ewig), articolò un’analisi a tutto campo sia in campo nazionale sia in quello internazionale, dal processo risorgimentale in poi, con la teoria “dalla guerra in movimento a quella di posizione” enunciando il significato di “rivoluzione passiva” e di “egemonia”. Purtroppo la salute andò progressivamente a peggiorare e nel 1935 interruppe la stesura dei Quaderni considerati da Gramsci degli esercizi contro l’inaridimento causato dalla vita carceraria. Ormai gravemente malato fu trasferito prima a Civitavecchia, poi in una clinica di Formia e infine al Quisisana di Roma. Morì all’età di 46 anni il 27 aprile 1937, pochi giorni dopo aver ottenuto la piena libertà. Tra le sue opere più famose oltre i noti Quaderni troviamo l’intera raccolta delle sue lettere, gli scritti giovanili, Il Grido del Popolo, L’Avanti, Sotto la Mole e quelli pubblicati sull’Ordine Nuovo e l’Unità, studiate dagli storici e militanti politici di tutto il mondo. E’ stato un pensatore, filosofo e intellettuale politico di una profonda e vasta cultura, un classico del XX secolo che ancora oggi ricopre un ruolo di grande attualità. Un vero combattente della libertà, sottoposto a una crudele detenzione carceraria, ma divenne presto simbolo di una grande capacità di resistenza morale in condizioni fisiche disperate, sacrificando la vita pur di non mutare mai le sue convinzioni.

http://www.cineclubromafedic.it/images/ccroma/diaricineclub/diaricineclub_048.pdf

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