No alla guerra, per la pace, fuori l’Italia dalla NATO!

Di Mauro Alboresi – Segretario Nazionale PCI

Cresce la tensione tra Ucraina e Russia. Il rischio di una guerra nel cuore dell’Europa è sempre più reale. Per molti organi di stampa e di informazione del nostro Paese, che ancora una volta hanno fatto proprie le posizioni del governo degli Stati Uniti, è assai probabile l’invasione della prima da parte della seconda attorno alla metà del prossimo mese di Febbraio. Ovviamente per gli USA ed i loro alleati la responsabilità di quanto sta accadendo è da addebitarsi alla Russia, rea di opporsi ad un ulteriore allargamento ad est della NATO, attraverso la cooptazione in essa dell’Ucraina, e successivamente della Georgia e della Moldova.  

Le dichiarazioni del segretario di stato americano Antony Blinken, così come quelle del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, volte a rivendicare “il diritto di ogni nazione di scegliere le proprie disposizioni di sicurezza” sono emblematiche, e rappresentano la risposta formale alla richiesta di rassicurazioni circa il congelamento degli assetti dati avanzata dalla Russia.

Altrettanto emblematiche sono le azioni messe in campo dall’alleanza atlantica, che continua a dispiegare contingenti militari di diversi stati membri nei paesi limitrofi, Romania in primis.

Le cancellerie europee sono in fermento. Non tutti i paesi dell’alleanza, allo stato, sono infatti disponibili ad assecondare gli Usa in questa nuova avventura. Pesano al riguardo molteplici interessi geopolitici, ma anche e soprattutto di natura economica, in particolare la questione dell’approvvigionamento di gas russo da parte della Germania attraverso il gasdotto North Stream 2 alla cui costruzione gli USA si sono sempre opposti. Tale questione ha chiamato e chiama la politica ad una assunzione piena di responsabilità, ed in Europa si assiste ad una rilevante articolazione di posizioni, che attengono anche alla prospettiva dei rapporti tra la stessa e gli USA.

Nel nostro Paese, purtroppo, con poche e di fatto marginali eccezioni, la corsa dei diversi partiti è volta a mostrarsi più realisti del re. Emblematica al riguardo la posizione del PD, che attraverso diversi suoi esponenti, in primis Lia Quartapelle, responsabile esteri del partito, si è spinto ad affermare che “la situazione in Ucraina ci ricorda che all’Italia serve una o un Presidente della Repubblica europeista, atlantista, e senza ambiguità sulla Russia”. Una posizione che dice tanto, se non tutto, circa il cosa è diventato tale partito, non a caso tra i più ferventi sostenitori del governo Draghi. Un governo che in quanto espressione dei poteri forti, ossia delle élite finanziarie ed economiche, italiane ed europee, che dettano legge, sin dal discorso di insediamento si è proposto come garante dell’alleanza atlantica ed ha indicato nella Russia e nella Cina i paesi verso i quali orientare una crescente azione di contrasto, che oggi rischia di approdare ad uno scontro armato su larga scala e dagli esiti drammatici. Un governo che non risponde adeguatamente alla crisi sociale imperante, ma che è impegnato, in ossequio alle richieste della NATO, ad accrescere significativamente le spese militari.

E’ un dato di fatto che dalla caduta dell’URSS gli USA ed i loro alleati hanno promosso una politica aggressiva nei confronti della Russia, volta ad allargare ad est la NATO sino ad accerchiarla, puntando nei fatti alla guerra.  E’ parte di tale politica quanto accaduto nel 2014 in Ucraina, ossia la destabilizzazione di un governo democraticamente eletto da parte di forze dichiaratamente, manifestamente di destra, addirittura nazifasciste, appoggiate più o meno direttamente dagli USA e dall’Unione Europea. Da ciò è derivata l’auto proclamazione delle repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk, russofone, l’esplosione di un conflitto che ha già provocato migliaia di morti, per tanta parte civili. La situazione che si è determinata è oltremodo preoccupante, siamo ad un bivio: pace o guerra. Che ad oggi non sia sceso spontaneamente in campo il movimento per la pace, quello stesso movimento che in passato si è manifestato a più riprese, non è casuale, ma il prodotto  delle campagne di disinformazione orchestrate ad arte da un sistema mass mediatico sempre più espressione dei poteri forti, delle politiche attuate in  questi anni, anche e soprattutto da parte di una sedicente sinistra largamente approdata al  PD, che ne è la massima espressione.

Noi, i comunisti, insistiamo per la de-escalation, perché prevalga la ricerca del dialogo, del negoziato tra le parti in causa, per una soluzione pacifica. La guerra, come sempre, non è nell’interesse dei diversi popoli, ma solo delle classi dominanti. Dire no alla guerra, si alla pace, significa rilanciare anche la battaglia per l’uscita dell’Italia dalla NATO, che non ha mai avuto, ed a maggior ragione non ha oggi, un carattere difensivo, bensì si evidenzia sempre più come il braccio armato di una dimensione euro atlantica a guida statunitense, che è stata e continua ad essere foriera di distruzione e di morte, come testimoniato dalle tante tragedie delle quali è stata e continua ad essere artefice.

Fare ciò è necessario, anche per dare corpo, rifuggendo dalla retorica imperante, allo stesso dettato costituzionale, a quell’articolo 11 del quale si continua a fare strame. Anche per ciò lanciamo un appello all’insieme delle forze comuniste, della sinistra di alternativa, a tutte le realtà che in questi anni sono state in campo per la pace, contro le guerre, affinché si dia vita a manifestazioni territoriali unitarie, si approdi in tempo utile ad una manifestazione nazionale.

Noi, il PCI ci siamo!

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