Nota su didattica a distanza e ruolo dello Stato

di Giorgio Raccichini, Dipartimento Scuola PCI

La didattica a distanza non va vista in maniera manichea. Rappresenta
uno dei metodi, ma non il principale né il più efficace, con cui si può
condurre un’azione di insegnamento-apprendimento.

Sarebbe assurdo, certamente, pensare di sostituirla a quella in presenza, ma in casi straordinari come questo che stiamo vivendo può comunque
rappresentare un modo per garantire ai ragazzi l’istruzione, per continuare
a stimolare la loro fantasia e il loro ragionamento.

Che cosa occorre fare perché la tecnologia usata per i registri elettronici e
per la didattica a distanza sia sicura per chi la utilizza, democratica e non
diventi uno spreco di risorse pubbliche e un guadagno per i privati?
A mio avviso, c’è solo una risposta: lo Stato deve avere un ruolo centrale
che attualmente non ha.

In primo luogo, il territorio nazionale deve essere coperto da una rete
internet adeguata: è inutile parlare di didattica a distanza quando ci sono
docenti e alunni impossibilitati a praticarla in maniera adeguata a causa
della cattiva qualità della rete. Inoltre, chi per ragioni economiche non può
permettersi i mezzi per accedere alla didattica a distanza deve essere
aiutato dallo Stato.

In secondo luogo, lo Stato dovrebbe sviluppare un registro elettronico
pubblico da mettere a disposizione di tutte le Scuole: quanto sperpero di
soldi nostri c’è nell’attuale sistema per cui ogni istituto compra un registro
da una ditta privata? Allo stesso modo le piattaforme di videoconferenza
dovrebbero essere sviluppate dallo Stato, integrate al registro, messe
gratuitamente a disposizione delle Scuole.

Il Ministro, che farebbe meglio a tacere il più delle volte, sostenendo di non
essere sicura che si ritornerà a scuola a settembre, ha fatto un regalo alle
ditte private che ora cominciano a proporre sconti nel caso in cui le Scuole
acquistino anche per l’anno prossimo alcuni strumenti della didattica a
distanza.

Qualora a settembre si dovesse ritornare nelle aule reali e le Scuole avessero già acquistato la proroga di tali servizi, ci sarebbe un enorme spreco di soldi pubblici e gli stessi Dirigenti potrebbero essere
accusati di danno erariale. 

Non si può allora che sostenere la necessità che lo Stato sviluppi i programmi e gli strumenti e li metta a disposizione delle Scuole.

One Comment

  1. Luciano Affò

    Non è solo l’assenza dello stato ad essere il dramma che colpisce la scuola e la sanità. Il problema è sistemico; il problema è il captalismo. Solo uno stato a matrice socialista, meglio ancora comunista, può permettersi di mettere in primo piano gli interessi dei cittadini, non gli interessi economici dei privati. Detto questo, esistono già comunità, forti, vive e estremamente produttive, che hanno prodotto soluzioni informatiche con le caratteristiche indicate da questo articolo, sono la comunità open-source e free-software. Basterebbe avere il coraggio di mettere al primo posto gli interessi dell’utenza: Debian e Skolelinux (debian.org) potrebbero già risolvere il problema in modo egregio e sicuro.

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